Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 20137 del 15/07/2021

Cassazione civile sez. trib., 15/07/2021, (ud. 15/10/2020, dep. 15/07/2021), n.20137

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. FUOCHI TINARELLI Giuseppe – Presidente –

Dott. CATALLOZZI Paolo – Consigliere –

Dott. SUCCIO Roberto – Consigliere –

Dott. GORI Pierpaolo – Consigliere –

Dott. D’AURIA Giuseppe – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 28443-2014 proposto da:

AGENZIA DELLE ENTRATE, in persona del Direttore pro tempore,

elettivamente domiciliata in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12, presso

l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che la rappresenta e difende;

– ricorrente –

contro

ROBBINS EUROPA SRL, IN LIQUIDAZIONE, elettivamente domiciliata in

ROMA, VIALE XXI APRILE 11, presso lo studio dell’avvocato CORRADO

MORRONE, che la rappresenta e difende unitamente all’avvocato VITO

D’AMBRA;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 2140/2014 della COMM.TRIB.REG. della

Lombardia, depositata il 18/04/2014;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

15/10/2020 dal Consigliere Dott. GIUSEPPE D’AURIA.

 

Fatto

FATTI DI CAUSA

L’Agenzia delle entrate in data 8.11.2010 ha notificato alla Robbins Europa srl l’avviso di accertamento n. (OMISSIS) relativo all’anno 2003, con cui aveva proceduto ad irrogare la sanzione tributaria per violazioni accertate in materia di Iva.

Tale pretesa fiscale derivava dagli esiti di un controllo circa gli

adempimenti degli obblighi previsti dalla normativa sull’Iva intracomunitaria di cui alla L. n. 472 del 1993.

La società Robbins Europa ha impugnato detto avviso davanti alla Commissione tributaria provinciale di Milano, che accoglieva il ricorso essendo intervenuta la decadenza dell’ufficio dal potere di accertamento, stante l’illegittima applicazione del raddoppio dei termini previsto dal D.L. n. 223 del 2006, art. 37.

Con sentenza n. 2140/14 la CTr di Milano, a seguito dell’appello dell’Agenzia delle Entrate, confermava la decisione di primo grado. L’agenzia, tramite l’avvocatura dello Stato propone ricorso per cassazione avverso la sentenza della Commissione tributaria regionale, affidandosi ad un unico motivo.

La società contribuente resiste con controricorso, anche depositando memorie ex art. 378 c.p.c..

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

Con l’unico motivo parte ricorrente denuncia, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, la violazione e o la falsa applicazione del D.P.R. 26 ottobre 1972, n. 633, art. 57, comma 3, e del D.L. 4 luglio 2006, n. 223, art. 37.

In particolare, secondo tale prospettazione, il giudice di appello avrebbe erroneamente affermato che il raddoppio dei termini trovasse applicazione solo se il termine di decadenza ordinario non fosse decorso.

Il motivo è fondato.

Il D.P.R. 26 ottobre 1972, n. 633, art. 57, comma 3 consente alla amministrazione finanziaria di procedere all’accertamento, sussistendone i presupposti, con il raddoppio dei termini ordinari. Tale disposizione trova applicazione, anche per i periodi di imposta antecedenti l’entrata in vigore della predetta disposizione, in quanto ai sensi del D.L. 4 luglio 2006, n. 223, art. 37, comma 26 raddoppio dei termini si applica dal periodo di imposta per il quale alla data di entrata in vigore del decreto legge siano ancora pendenti i termini ordinari per l’accertamento e pertanto la disposizione trova applicazione al caso in esame relativo a sanzione in materia iva per l’anno 2003 2004.

Poiché il raddoppio dei termini attiene solo alla commisurazione del termine di accertamento, deve ritenersi che il termine raddoppiato è anch’esso fissato direttamente dalla legge, operando automaticamente in presenza di una speciale condizione obiettiva senza che all’AF sia riservata alcune margine di discrezionalità per la loro applicazione, essendo solo necessario esternare le ragioni in base alle quali l’Ufficio ritiene operante il termine raddoppiato.

In tema di accertamento tributario, il raddoppio dei termini previsto dal D.P.R. n. 600 del 1973, art. 43, comma 3, per l’IRPEF e del D.P.R. n. 633 del 1972, art. 57, comma 3, per l’IVA consegue, nell’assetto anteriore alle modifiche di cui al D.Lgs. 5 agosto 2015, n. 128 e alla L. 31 dicembre 2015, n. 208, alla ricorrenza di seri indizi di reato che facciano insorgere l’obbligo di denuncia penale ai sensi dell’art. 331 c.p.p.. Come si vede, in base alla normativa applicabile ratione temporis, e cioè prima della modifica di cui al D.Lgs. 5 agosto 2015, n. 128, per il raddoppio dei termini è sufficiente il semplice riscontro di fatti comportanti l’obbligo di denuncia penale (che nel caso è avvenuta come si rileva dalla sentenza impugnata) anche a prescindere dalla effettivo esercizio della azione penale e dell’accertamento del reato (vedi cass. n. 11171/2010).

La dizione legislativa rende chiaro che il raddoppio è legato all’astratta sussistenza di un reato perseguibile d’ufficio, che fa sorgere l’obbligo di denuncia in capo al pubblico ufficiale ai sensi dell’art. 331 citato, e non dipende dal suo accertamento in concreto. In tal modo il collegio intende uniformarsi al più volte affermato principio, anche sulla scorta di quelli enunciati da Corte Cost. n. 247 del 2011, secondo cui il raddoppio opera in presenza di tale presupposto astratto, indipendentemente dall’effettiva presentazione della denunzia, dall’inizio dell’azione penale e dall’accertamento del reato nel processo (Cass., Sez. VI, 28/06/2019, n. 17586, Cass., Sez. V, 13/09/2018, n. 22337; Cass., Sez. VI, 30/05/2016, n. 11171).

Ciò naturalmente non rende di per sé legittimo qualunque accertamento compiuto dall’Amministrazione finanziaria oltre il termine-base fissato dalla legge, dovendo al contrario essere evitato, come chiarito dalla Corte costituzionale nella citata sentenza n. 247 del 2011, un uso pretestuoso e strumentale delle disposizioni in esame al fine di fruire ingiustificatamente di un più ampio termine di accertamento.

Tali precisazioni non sono tuttavia idonee a giustificare l’accoglimento della tesi del controricorrente nel caso di specie.

La stessa sentenza della Corte costituzionale n. 247 del 2011 ha infatti chiarito che, in caso di denuncia presentata oltre gli ordinari termini di decadenza o addirittura di accertamento compiuto senza denuncia, e sempre al fine di verificare l’uso pretestuoso del raddoppio dei termini, “il giudice tributario dovrà controllare, se richiesto con i motivi di impugnazione, la sussistenza dei presupposti dell’obbligo di denuncia, compiendo, al riguardo, una valutazione ora per allora (cosiddetta “prognosi postuma”) circa la loro ricorrenza ed accertando, quindi, se l’amministrazione finanziaria abbia agito con imparzialità”, con la precisazione però che “il correlativo tema di prova – e, quindi, l’oggetto della valutazione da effettuarsi da parte del giudice tributario – è circoscritto al riscontro dei presupposti dell’obbligo di denuncia penale e non riguarda l’accertamento del reato”.

Nel caso il giudice ha dato atto che la denuncia è stata presentata il 4.11.2010 dopo che era spirato il termine ordinario per l’accertamento, senza mai considerarla pretestuosa, e quindi ha male interpretato la normativa.

In ordine alla pretestuosità della denuncia, occorre evidenziare che il controricorrente mai ha dedotto la pretestuosità della denuncia nel controricorso, e quindi non poteva introdurre tale questione di fatto nella memoria ex art. 378 c.p.c.. Inoltre il che pare dirimente, non ha mai indicato, per evitare una pronuncia di inammissibilità della questione, per novità, anche ai fini della autosufficienza, in quale parte del ricorso o della costituzione in appello abbia sostenuto la pretestuosità della denuncia, per consentire il dovuto controllo in questa sede circa l’individuazione del thema decidendum nei precedenti gradi di merito.

Pertanto il motivo va accolto e va disposto il rinvio alla ctr della Lombardia per completare l’esame dell’appello e delle eventuali ragioni dedotte dall’allora appellato Robins Europa srl, ex art. 346 c.p.c..

P.Q.M.

La Corte accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e per l’effetto rinvia alla CTR della Lombardia in diversa composizione che provvederà anche alle spese del presente giudizio.

Così deciso in Roma, il 15 ottobre 2020.

Depositato in Cancelleria il 15 luglio 2021

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