Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 17317 del 17/06/2021

Cassazione civile sez. trib., 17/06/2021, (ud. 25/03/2021, dep. 17/06/2021), n.17317

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CIRILLO Ettore – Presidente –

Dott. NAPOLITANO Lucio – Consigliere –

Dott. GIUDICEPIETRO Andreina – Consigliere –

Dott. DI MARZIO Paolo – Consigliere –

Dott. SAIEVA Giuseppe – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso n. 90/2015 R.G. proposto da:

AGENZIA DELLE ENTRATE, in persona del legale rappresentante p.t.,

rappresentata e difesa ex lege dall’Avvocatura Generale dello Stato,

domiciliata in Roma, via dei Portoghesi, n. 12

– ricorrente –

contro

F.LLI MOLINO s.r.l., rappresentata e difesa dall’avvocato Carlo

Montanino, (pec: avvcarlomontanino.cnfpec.it – fax: (OMISSIS)), ed

elettivamente domiciliata in Roma, Via Paolo Emilio, n. 34, presso

lo studio dell’avvocato Quirino D’Angelo;

– controricorrente –

avverso la sentenza della Commissione tributaria regionale

dell’Abruzzo, Sezione staccata di Pescara, n. 436/07/2014

pronunciata il 10.3.2014 e depositata il 29.4.2014

Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 25 marzo 2021

dal consigliere Dott. Saieva Giuseppe.

 

Fatto

RILEVATO

che:

1. La F.lli Molino s.r.l., produttrice di calcestruzzo, impugnava dinanzi alla Commissione tributaria provinciale di Chieti l’avviso di accertamento con cui l’Agenzia delle Entrate riprendeva a tassazione per l’anno 2008 canoni di leasing indeducibili rilevando un erroneo calcolo del periodo di ammortamento fiscale per Euro 256.106,03 ed accertava ricavi non fatturati per Euro 142.448,77.

2. Avverso la decisione con cui la C.T.P. accoglieva il ricorso della società, l’ufficio proponeva appello che la Commissione tributaria regionale dell’Abruzzo, Sezione staccata di Pescara, rigettava con sentenza 436/07/2014, depositata il 29.4.2014, ritenendo prive di qualsiasi fondamento le doglianze dell’amministrazione finanziaria.

4. Avverso tale decisione l’Agenzia delle Entrate ha quindi proposto ricorso per cassazione, affidato a due motivi, cui la contribuente resiste con controricorso.

5. Il ricorso è stato fissato nella camera di consiglio del 25 marzo 2021, ai sensi dell’art. 375 c.p.c., u.c., e art. 380 bis 1 c.p.c..

Diritto

CONSIDERATO

Che:

1. Con il primo motivo l’Agenzia ricorrente deduce “violazione dell’art. 36 c.p.c., comma 2, n. 4 e art. 111 Cost., in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 4, ritenendo la motivazione della sentenza impugnata meramente apparente o addirittura “inesistente, riducendosi per intero ad una serie di enunciazioni del tutto astratte e generiche, delle quali non si esprime il collegamento al caso concreto”. Lamenta, in particolare, che con l’atto di appello aveva censurato l’omessa considerazione delle specifiche tecniche dei macchinari al fine di individuarne l’uso; l’ingiusta svalutazione delle dichiarazioni di parte; l’omessa motivazione sulle proprie critiche alle giustificazioni di parte sulle ricevute bancarie e la non condivisibilità dell’idea che queste potessero essere disgiunte dalle fatture; l’irrilevanza di eventuali mancati pagamenti ai fini della contabilizzazione dei relativi ricavi e infine l’erroneo governo dell’onere probatorio.

2. La censura è fondata.

3. Questa Corte ha costantemente affermato che il giudice, al fine di consentire di verificare se abbia effettivamente giudicato iuxta alligata et probata, ha l’obbligo di legge, costituzionalmente imposto (art. 111 Cost., comma 6), di esporre concisamente i motivi in fatto e diritto della decisione, di specificare o illustrare le ragioni e l’iter logico seguito per pervenire alla decisione assunta, di chiarire su quali prove ha fondato il proprio convincimento e sulla base di quali argomentazioni sia pervenuto alla propria determinazione (v. da ultimo Sez. 5, ordinanza 21/05/2020, n. 9340).

4. Il D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 36, simmetricamente stabilisce, con specifico riferimento all’ambito tributario, il principio generale per cui la sentenza, per essere valida, deve soddisfare i requisiti previsti dalla legge, con specifico riguardo alla “succinta esposizione dei motivi in fatto e diritto”, al fine di permettere alle parti in causa di comprendere l’iter argomentativo che ha portato il Giudice a emettere quel determinato provvedimento. Conseguentemente “… le decisioni di carattere giurisdizionale senza motivazione alcuna sono da considerarsi come non esistenti” (ex multis, Cass., Sez. U., 05/08/2016, n. 16599; Sez. U. 03/11/2016, n. 22232; Sez. 5, 03/02/2017, n. 2876; Sez. U., 24/03/2017, n. 7667; Sez. 6, 01/08/2018, n. 20414).

5. Nel caso di specie, la C.T.R., ignorando del tutto le questioni sollevate dall’ufficio con il proprio gravame, ha fornito una motivazione priva di qualsiasi collegamento con il caso concreto, limitandosi a disquisire di questioni giurisprudenziali assolutamente estranee alla fattispecie controversa; tra queste, del tema della deducibilità dei costi documentati da fatture soggettivamente inesistenti e quello della deducibilità dei costi “anche con mezzi diversi dalle scritture contabili” non sembrano avere infatti alcuna rilevanza rispetto alle questioni sottoposte all’esame dei giudici d’appello; nonchè del fatto che “le ricevute bancarie (chiamate spesso Ri.Ba.) sono un documento utilizzato nelle transazioni commerciali che negli ultimi anni hanno ricevuto una notevole diffusione” (argomento che nel caso in esame si appalesa privo di qualsiasi rilevanza).

6. Invero, la C.T.R., allontanandosi vistosamente dal thema decidendum, non ha percepito, nè ha reso percepibile il fondamento della decisione, e con argomentazioni obiettivamente inidonee a far conoscere il proprio ragionamento, ha reso oscuro il percorso seguito per la formazione del proprio convincimento e impossibile la comprensibilità delle ragioni e dell’iter logico attraverso cui sarebbe pervenuta al risultato enunciato.

7. Il ricorso va quindi accolto, restando assorbito il secondo motivo di ricorso con cui l’ufficio deduce violazione dell’art. 112 c.p.c. per extrapetizione ed omessa pronuncia (in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 4).

8. Conseguentemente la sentenza impugnata va cassata con rinvio al giudice a quo, in diversa composizione, per l’esame del merito della controversia e la liquidazione delle spese del presente giudizio.

PQM

La Corte accoglie il ricorso; cassa la sentenza impugnata e rinvia alla Commissione tributaria regionale dell’Abruzzo, Sezione staccata di Pescara, in diversa composizione, cui demanda di provvedere anche sulla liquidazione delle spese del presente giudizio.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio, il 25 marzo 2021.

Depositato in Cancelleria il 17 giugno 2021

 

 

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