Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 17389 del 17/06/2021

Cassazione civile sez. II, 17/06/2021, (ud. 11/02/2021, dep. 17/06/2021), n.17389

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. D’ASCOLA Pasquale – Presidente –

Dott. GIUSTI Alberto – Consigliere –

Dott. TEDESCO Giuseppe – rel. Consigliere –

Dott. CRISCUOLO Mauro – Consigliere –

Dott. OLIVA Stefano – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 11608/2016 proposto da:

P.F.M., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA EMILIA

86/90, presso lo studio dell’avvocato MAURIZIO CORAIN, che lo

rappresenta e difende unitamente all’avvocato GIANLUCA MORRETTA;

– ricorrenti –

contro

LM & C SRL, C.M., elettivamente domiciliati in ROMA,

LUNGOTEVERE SANZIO 1, presso lo studio dell’avvocato ALBERTO ROMANO,

che li rappresenta e difende unitamente agli avvocati ROBERTO

CAVALLO PERIN, VINCENZO SCIPIONI;

– controricorrenti – ricorrenti incidentali –

avverso la sentenza n. 2266/2015 della CORTE D’APPELLO di TORINO,

depositata il 23/12/2015;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del

11/02/2021 dal Consigliere Dott. GIUSEPPE TEDESCO.

 

Fatto

RITENUTO

che:

– le parti della presente causa sono proprietari di fondi ubicati nel Comune di Gressoney la Trinitè, ricadenti in un compatto nel quale l’edificazione è assoggettata dal Piano Regolatore all’adozione, in forza di legge regionale, di un piano urbanistico di dettaglio (PUD);

– tale piano, così come presentato dalla P. nel 2005, prevede la realizzazione di una struttura alberghiera e di fabbricati distribuiti nei vari fondi;

– la strada preesistente, che consente l’accesso ai fondi dalla via pubblica, avrebbe dovuto essere ampliata per effetto del maggior carico urbanistico determinato dal PUD;

– tale strada ricade nei fondi di proprietà di C.M.;

– siccome i fabbricati, destinati alla P. in base al PUD, ricadono entro i fondi di proprietà di C.M., interviene fra tali soggetti la scrittura privata del 3 marzo 2006;

– tale scrittura prevede il trasferimento di un appezzamento di terreno che è parte dei mappali (OMISSIS) con relativa servitù di passaggio per l’accesso carrabile a favore delle porzioni da attribuire alla P. “(…) come da planimetria allegata, frazionamento in corso di esecuzione”;

– il frazionamento (n. 53734 approvato il 14 giugno 2006 dal Dipartimento del territorio di Aosta) viene eseguito e da esso derivano le particelle (OMISSIS), che identificano le porzioni destinate alla P. secondo la scrittura del 3 marzo 2006;

– derivano altresì le particelle (OMISSIS) che rimangono di proprietà del venditore;

– interviene poi, il 30 giugno 2006, fra le stesse parti della scrittura privata, l’atto pubblico di vendita nel quali i fondi oggetto del trasferimento in favore della P. sono indicati in base al frazionamento, nell’ambito di confini che includono le particelle (OMISSIS) rimaste di proprietà del venditore;

– con atto del 12 marzo 2007 C.M. concede alla P. servitù di passaggio sui fondi distinti con i mappali (OMISSIS) a favore delle particelle oggetto del precedente trasferimento in favore della P. in base all’atto pubblico: i mappali (OMISSIS);

– la servitù avrebbe dovuto esercitarsi lungo il confine nord-est dei fondi serventi tramite la strada privata esistente;

– la particella (OMISSIS), per effetto di successivo conferimento, diviene di proprietà della LM & C. s.r.l.;

– ciò posto il contrasto, all’origine della presente lite, è il seguente;

– la linea di confine fra il fondo dell’acquirente e la restante proprietà del venditore, secondo la planimetria allegata alla scrittura privata, coincide con il margine della strada privata di accesso;

– diversamente, la linea di confine, sulla base del successivo frazionamento, è posta in posizione più arretrata rispetto alla strada, esistendo quindi una striscia di terreno, larga circa 1,60 e lunga circa 40 metri interposta fra la proprietà P. e la strada privata di proprietà di C.M.;

– tale striscia è appunto oggetto delle contrapposte pretese;

– da un lato C.M. e la società LM che, rivendicandone la proprietà, hanno denunciato che la P. aveva realizzato su di essa alcuni manufatti;

– dall’altro la P. la quale, chiamata in giudizio per l’accertamento del confine e la demolizione, ha sostenuto che la linea di confine, dovendo essere determinata sulla base della planimetria allegata alla scrittura privata, portava a includere la striscia in contestazione nell’ambito del trasferimento in proprio favore, essendo invece infedele il frazionamento;

– la P. ha avuto ragione in primo grado e torto in grado d’appello;

– la Corte d’appello di Torino, adita da C.M. e dalla LM, ha riconosciuto che la scrittura privata del 3 marzo 2006 e la planimetria allegata erano state superate dall’atto pubblico di vendita, nel quale i fondi erano indicati con i mappali risultanti dal frazionamento: il che portava a riconoscere il denunciato sconfinamento da parte della P. nel fondo altrui;

– la stessa Corte d’appello riconosceva, in favore della P., l’accessione invertita, ravvisando la sussistenza dei presupposti per l’applicabilità dell’istituto in favore di lei;

– per la cassazione della sentenza la P. ha proposto ricorso affidato a due motivi;

– la LM e C.M. hanno resistito con controricorso, contenente ricorso incidentale sulla base di un unico motivo;

– la P. ha depositato controricorso al ricorso incidentale e memoria in prossimità dell’udienza.

Diritto

CONSIDERATO

che:

1. Il primo motivo denuncia violazione e falsa applicazione degli artt. 1470 e 1362 c.c.. Il ricorrente di duole perchè la Corte d’appello ha considerato il rapporto fra scrittura privata e successivo atto pubblico alla stregua del rapporto preliminare definitivo. Si sostiene che la scrittura privata aveva già realizzato l’effetto traslativo, come risultava inequivocabilmente dalle espressioni usate nella stessa scrittura. In particolare, secondo il ricorrente, l’effetto traslativo si era perciò realizzato in conformità alla planimetria allegata alla scrittura privata del 3 marzo 2006, essendo irrilevante l’infedele e successivo frazionamento richiamato nell’atto notarile di compravendita. Sulla base di tale planimetria la linea di confine, secondo la stessa ricostruzione del consulente tecnico, è posta più a valle di quella corrispondente al confine indicato nella successiva planimetria catastale risultante dal frazionamento.

Il motivo è infondato.

Il contratto preliminare e il contratto definitivo di compravendita si differenziano per il diverso contenuto della volontà dei contraenti, che è diretta, nel primo caso, a impegnare le parti a prestare, in un momento successivo, il loro consenso al trasferimento della proprietà e, nel secondo, ad attuare il trasferimento stesso, contestualmente o a decorrere da un momento successivo alla conclusione del contratto, senza necessità di ulteriori manifestazioni di volontà. La qualificazione del contratto come preliminare o definitivo costituisce, pertanto, un accertamento di fatto, incensurabile in sede di legittimità, se sorretto da motivazione adeguata e non inficiata da vizi logici o giuridici (Cass. n. 21650/2019; n. 24150/2007).

E’, stato precisato che, al fine della distinzione tra contratto preliminare e definitivo di vendita non può essere attribuita efficacia determinante per ritenere voluto l’effetto traslativo immediato alle espressioni usate dalle parti contraenti, quali ad esempio “vende” e “acquista” e nemmeno ad altre circostanze quali la tradizione del bene ed il pagamento del prezzo, ove dal complesso di altri elementi risulti che effettivamente le parti abbiano inteso obbligarsi a prestare solo in futuro il loro consenso ad un successivo contratto con effetto traslativo (Cass. n. 1637/1971). Piuttosto in tale indagine il giudice deve esaminare le clausole contrattuali nel loro senso comune e logico e nel loro complesso, avendo presente che la previsione della traditio della cosa ed il pagamento del prezzo non sono di per sè incompatibili con la qualificazione del contratto come preliminare, potendo esse, invece, avere significato di mera anticipazione, rispetto al trasferimento della proprietà, della consegna del bene e del pagamento del prezzo (Cass. n. 2916/1990).

La ricorrente, al fine di suffragare la censura, richiama alcune espressioni della scrittura, il particolare le parole “cede, acquista, “venditore, acquirente”, oltre alla clausola che prevedeva la traditi in concomitanza con la firma della scrittura. Il richiamo non considera come sopra già chiarito, che le espressioni formali, di per sè, non sono decisive ai fini della distinzione fra preliminare e definitivo, tanto più nel caso di specie, nel quale a quelle espressioni se ne contrappongo altre che sono più confacenti rispetto al preliminare. In particolare, la previsione sul trasferimento del possesso: “Il possesso di quanto rispettivamente venduto ed acquistato si avrà dalla data della presente scrittura privata in modo da poter iniziare i lavori di progettazione definitiva con la massima celerità. (…). La disponibilità completa del terreno decorrerà invece dalla data della stipula dell’atto notarile che si prevede avvenga entro il 15 maggio 2006”. Infatti, il trasferimento del possesso finalizzato al compimento di una circoscritta attività, con differimento della disponibilità completa al rogito notarile, sembra alludere più a una traditio concepita come anticipazione rispetto al futuro effetto traslativo piuttosto che a una consegna avvenuta in adempimento di un contestuale trasferimento della proprietà.

Nella scrittura si prevedeva inoltre il versamento di una caparra confirmatoria, la quale, seppure astrattamente compatibile anche con un negozio ad effetti immediatamente traslativi della proprietà, si presenta certamente più congeniale, in relazione al meccanismo di recesso ex art. 1385 c.c., ad un negozio integrante il mero impegno ad un successivo trasferimento di proprietà (Cass. n. 2268/1982).

Consegue dalle su esposte considerazioni che la qualificazione della scrittura, operata con la sentenza impugnata, non rileva alcun errore logico o giuridico, nè tanto meno incorre nella violazione del canone della interpretazione letterale infondatamente denunciato con il motivo in esame. Quella stessa qualificazione, perciò, è incensurabile in questa sede di legittimità.

2. Il secondo motivo denuncia nullità della sentenza per motivazione apparente o obiettivamente incomprensibile nella parte in cui la corte d’appello ha individuato la linea di confine fra le proprietà.

Il motivo è infondato.

La motivazione non solo esiste come parte grafica del documento, ma rende perfettamente percepibili le ragioni della decisione, le quali, del resto, sono state ben comprese anche dalla ricorrente: la linea di confine, secondo l’accertamento compiuto in grado d’appello, non coincide con il ciglio monte della strada privata nella sua consistenza attuale, ma con il limite posto più a monte della strada da realizzare secondo il PUD: ciò porta a ravvisare l’esistenza di una striscia interposta fra la strada attuale, posta all’interno della proprietà del venditore, e i fondi trasferiti alla P..

In effetti, la ricorrente, al di là della rubrica del motivo, non censura alcuna anomalia motivazionale rilevante, ma sostiene che il consulente tecnico, in contrasto con quanto affermato dalla sentenza, avrebbe accertato la coincidenza della planimetria allegata alla domanda di PUD non con il frazionamento, ma con la planimetria allegata alla scrittura privata e all’atto costitutivo di servitù.

E’ chiaro, così identificato il contenuto della censura, che la stessa non investe affatto la motivazione, ma la ricostruzione del fatto operata dalla corte di merito sulla base della consulenza tecnica. La doglianza, perciò, andava formulata sotto questo specifico profilo, trascrivendo innanzitutto i rilievi della consulenza tecnica che sarebbero stati erroneamente disattesi (Cass. n. 27702/2020; n. 17369/2004). Al contrario la censura, così come formulata, si traduce nel proporre in termini apodittici una valutazione della relazione tecnica diversa da quella fatta propria dal giudice di merito: ciò in cassazione non è consentito. E’ stato esattamente chiarito che “è inammissibile il ricorso per cassazione che, sotto l’apparente deduzione del vizio di violazione o falsa applicazione di legge, di mancanza assoluta di motivazione e di omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio miri, in realtà, ad una rivalutazione dei fatti storici operata dal giudice di merito” (Cass., S.U., 34476/2019).

Il ricorso principale, pertanto, deve essere rigettato;

3. Il ricorso incidentale denuncia, con unico motivo, la violazione e falsa applicazione dell’art. 938 c.c.. La decisione è oggetto di censura nella parte in cui la corte d’appello ha riconosciuto, in favore della P., l’operatività dell’accessione invertita.

In particolare il motivo propone le seguenti censure: a) la norma dell’art. 938 c.c., è stata applicata in assenza del presupposto della buona fede del costruttore; b) la corte d’appello non ha tenuto conto di una pluralità di fatti, evidenziati con gli argomenti sviluppati negli scritti difensivi, dai quali risultava che la P. conosceva o ben poteva conoscere la linea di demarcazione fra i fondi; c) non era neanche vero che la reazione dei proprietari era intervenuta decorsi i tre mesi previsti dalla norma.

Il ricorso incidentale è infondato;

La buona fede, rilevante ai fini dell’accessione invertita di cui all’art. 938 c.c., consiste nel ragionevole convincimento del costruttore di edificare sul proprio suolo e di non commettere alcuna usurpazione. Essa, diversamente da quanto si verifica in materia di possesso (art. 1147 c.c.), non è presunta, ma deve essere provata dal costruttore e, ai fini probatori, è necessario avere riguardo alla ragionevolezza dell’uomo medio e al convincimento che questi poteva legittimamente formarsi circa l’esecuzione della costruzione sul proprio suolo e non su quello altrui, in base alle cognizioni possedute effettivamente o che tali debbano presuntivamente ritenersi, con la conseguenza che la buona fede deve escludersi qualora, in relazione alle particolari circostanze del caso concreto, il costruttore avrebbe dovuto fin dall’inizio anche solo dubitare della legittimità dell’occupazione del suolo del vicino (Cass. n. 11836/1993; n. 345/2011);

Con riguardo alla buona fede la corte d’appello così si esprime “Nel caso di specie la P., in base al contratto preliminare del 3 marzo 2006, iniziò i lavori nella convinzione di poter disporre di una porzione (…) più ampia di quella effettivamente venduta. Gli ulteriori elementi ostensivi della buona fede della P. si possono evincere dalla difficoltà di apprezzare la sussistenza di uno sconfinamento derivante dalla condizione orografica dei terreni, ubicati in montagna a quote variabili a seconda delle pendenze; dal fatto che l’individuazione della linea di confine tra i fondi abbia richiesto operazioni peritali piuttosto laboriose, in mancanza di elementi materiali di riferimento assolutamente certi. Del tutto conseguente a tali dati è il fatto che soltanto una porzione molto limitata del suolo degli appellanti sia stata occupata dalle costruzioni realizzate dalla P.. Giova rilevare, inoltre, come la prima contestazione sollevata dagli appellanti nei riguardi delle opere in corso di realizzazione da parte della P., sia riferita soltanto alla piletta porta contatori ed al manufatto interrato sul lato sud e risalga al 2 dicembre 2008 e, quindi, ad un epoca ben superiore al termine di tre mesi dall’inizio dei lavori previsto per l’opposizione del proprietario”.

Il complesso di tali valutazioni, in linea di principio, non rilevano alcun contrasto con la norma, per cui è chiaro che, sotto la veste della violazione di legge, i ricorrenti mirano, in realtà, ad una inammissibile rivalutazione dei fatti storici operata dal giudice di merito (Cass., S.U., n. 34476/2019 cit.).

Altrettanto dicasi per la censura sub b), con la quale i ricorrenti non denunciano un omesso esame di uno o più fatti “decisivi” nel senso chiarito dalla Suprema Corte (Cass. S.U., n. 8053/2014), ma propongono piuttosto una serie di riflessioni critiche, fondate su un coacervo di elementi, che avrebbero dovuto indurre la corte d’appello a decidere diversamente.

In quanto alla censura sub c), con la stessa, da un lato, sono richiamati genericamente fatti indicati in capitoli di prova, dei quali non è denunciata con le debite forme neanche la mancata ammissione (Cass. n. 22883/2019), dall’altro, non si denuncia la mancata considerazioni di supposti fatti decisivi e, in ogni caso, non si assolvono gli oneri imposti a chi intenda realmente proporre in cassazione una simile censura

In proposito questa Corte ha chiarito che “l’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, riformulato dal D.L. 22 giugno 2012, n. 83, art. 54, conv. in L. 7 agosto 2012, n. 134, introduce nell’ordinamento un vizio specifico denunciabile per cassazione, relativo all’omesso esame di un fatto storico, principale o secondario, la cui esistenza risulti dal testo della sentenza o dagli atti processuali, che abbia costituito oggetto di discussione tra le parti e abbia carattere decisivo (vale a dire che, se esaminato, avrebbe determinato un esito diverso della controversia). Ne consegue che, nel rigoroso rispetto delle previsioni dell’art. 366 c.p.c., comma 1, n. 6 e art. 369 c.p.c., comma 2, n. 4, il ricorrente deve indicare il “fatto storico”, il cui esame sia stato omesso, il “dato”, testuale o extratestuale, da cui esso risulti esistente, il “come” e il “quando” tale fatto sia stato oggetto di discussione processuale tra le parti e la sua “decisività”, fermo restando che l’omesso esame di elementi istruttori non integra, di per sè, il vizio di omesso esame di un fatto decisivo qualora il fatto storico, rilevante in causa, sia stato comunque preso in considerazione dal giudice, ancorchè la sentenza non abbia dato conto di tutte le risultanze probatorie” (Cass., S.U., n. 8053/2014; conf. n. 27415/2019);

4. In conclusione, devono essere rigettati sia il ricorso principale e si il ricorso incidentale.

Spese compensate;

Ci sono le condizioni per dare atto D.P.R. n. 115 del 2002, ex art. 13, comma 1-quater, della “sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente principale e dei ricorrenti incidentali, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello previsto per il ricorso a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis, se dovuto”.

PQM

rigetta il ricorso principale e il ricorso incidentale; dichiara interamente compensate le spese del giudizio di legittimità; ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente principale e dei ricorrenti incidentali, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello previsto per il ricorso a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis, se dovuto.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Seconda Civile della Corte Suprema di Cassazione, il 11 febbraio 2021.

Depositato in Cancelleria il 17 giugno 2021

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