Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 14556 del 26/05/2021

Cassazione civile sez. trib., 26/05/2021, (ud. 21/01/2021, dep. 26/05/2021), n.14556

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. DI IASI Camilla – Presidente –

Dott. STALLA Giacomo Maria – Consigliere –

Dott. PAOLITTO Liberato – Consigliere –

Dott. FASANO Anna Maria – rel. Consigliere –

Dott. MELE Maria Elena – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 20888-2016 proposto da:

PARK NAPOLEONE SRL, elettivamente domiciliata in ROMA, CORSO VITTORIO

EMANUELE II 18, presso lo studio dell’avvocato ASSOCIATI STUDIO

GREZ, rappresentata e difesa dagli avvocati MARIA MESSA, ALESSANDRA

BENVENUTI;

– ricorrente –

contro

AGENZIA DELLE ENTRATE, in persona del Direttore pro tempore,

elettivamente domiciliata in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12, presso

l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che la rappresenta e difende;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 266/2016 della COMM. TRIB. REG. TOSCANA SEZ.

DIST. di LIVORNO, depositata il 15/02/2016;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

21/01/2021 dal Consigliere Dott. ANNA MARIA FASANO.

 

Fatto

RITENUTO

che:

Park Napoleone S.r.l. impugnava dinanzi alla Commissione Tributaria Provinciale di Livorno l’avviso di notifica di rendita catastale prot. (OMISSIS) emesso il (OMISSIS), relativo ad un immobile ubicato nel Comune di (OMISSIS), contestando la legittimità dell’accertamento per difetto di motivazione e deducendo l’illegittimità della rendita catastale attribuita. L’Ufficio rideterminava la rendita catastale ed il classamento proposto dal contribuente con denuncia di variazione DOCFA presentata in data (OMISSIS), a seguito di frazionamento della particella (OMISSIS) per l’annessione dell’area parcheggio all’unità immobiliare e per l’accatastamento della tettoia in zona piscina. L’Agenzia delle entrate sosteneva l’infondatezza del ricorso, atteso che la rendita come accertata derivava da quella determinata con l’avviso notificato il 6 luglio 2011, in riferimento alla denuncia di variazione Docfa, presentata il 19 maggio 2010 per diversa distribuzione degli spazi interni, non impugnato dal contribuente, aggiungendo che, per la denuncia di variazione Docfa presentata il (OMISSIS), alla quale si riferiva l’avviso di accertamento oggetto del giudizio, l’Ufficio aveva semplicemente confermato i valori divenuti definitivi, modificando la rendita solo nella parte oggetto dell’ampliamento denunciato. Il contribuente, con memorie illustrative, confermava la mancata impugnazione della rendita accertata a seguito di Docfa del (OMISSIS), precisando che tale omissione era stata determinata non da acquiescenza ma dall’erronea convinzione che la richiesta di revisione dell’accertamento in sede di autotutela determinasse la sospensione dei termini per il ricorso. La Commissione Tributaria Provinciale rigettava il ricorso proposto dalla società contribuente, con sentenza n. 655/02/2014, confermando il valore e la rendita catastale di Euro 60.671,16 accertata dall’Agenzia delle Territorio. La società appellava la pronuncia dinanzi alla Commissione Tributaria Regionale della Liguria che, con sentenza n. 266/16, respingeva il gravame. I giudici di appello non accoglievano la richiesta di consulenza tecnica d’ufficio proposta dalla società contribuente, in quanto formulata fuori termine, concludendo per l’insussistenza dell’eccezione di ultrapetizione e la congruità della motivazione dell’atto impositivo posto che l’avviso di accertamento del (OMISSIS), non oggetto di impugnazione, era stato redatto con le stesse modalità e criteri di quello del (OMISSIS) e con le stesse motivazioni, sicchè appariva corretto l’operato dell’Ufficio nella determinazione della rendita catastale di Euro 58.590,00 sulla base della proposta di conciliazione (non accolta dalla contribuente), avanzata dall’Ufficio nel corso del giudizio con memoria del 23.10.2014.

Park Napoleone S.r.l. propone ricorso per la cassazione della pronuncia, svolgendo cinque motivi, illustrati con memorie.

L’Agenzia delle Entrate si è costituita con controricorso.

Diritto

CONSIDERATO

che:

1. Con il primo motivo si denuncia, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, violazione della L. n. 212 del 2000, art. 7, e della L. n. 241 del 1990, art. 3, in relazione al R.D.L. n. 652 del 1939, art. 10, comma 1, convertito in L. n. 1249 del 1939, e del D.P.R. n. 1142 del 1939, artt. 8, 28, 30 e 53, in quanto i giudici di appello sarebbero incorsi in errore ritenendo adeguatamente motivato l’avviso di accertamento impugnato. Diversamente da quanto affermato nella sentenza impugnata, i dati oggettivi acclarati dall’ente impositore non sarebbero affatto sufficientemente individuati e non permetterebbero di conoscere i presupposti e le ragioni che avrebbero indotto l’Ufficio a disattendere gli elementi di fatto e i valori unitari indicati dal contribuente, e quindi la rendita proposta.

Con l’avviso di accertamento, l’Ufficio avrebbe disatteso sia gli elementi di fatto indicati dal contribuente nella dichiarazione DOCFA, che i valori unitari proposti, individuando diverse consistenze (mq.) per le varie destinazioni delle superfici (camere, rec/salone, sala pranzo/bar, cucina ecc.) ed attribuendo diversi valori unitari. Nella motivazione dell’atto impositivo non sarebbe possibile individuare la ragione che avrebbe indotto l’Ufficio a disconoscere il contenuto della DOCFA sotto il profilo della individuazione della tipologia e della consistenza delle aree stimate, nè sarebbe comprensibile il criterio di valutazione effettivamente applicato dall’Ufficio per la determinazione dei valori unitari utilizzati e della rendita catastale attribuita all’unità immobiliare della ricorrente (valore di mercato?, criterio del costo di ricostruzione?, criterio del reddito?), nè alcuna indicazione o alcun riferimento idonei ad individuare in concreto gli immobili indicati nella stessa zona aventi analoghe caratteristiche, dalle cui compravendite o altre transazioni del biennio censurano fosse possibile desumere i “valori unitari… applicati alla consistenza dell’immobile”. Nell’avviso, inoltre, l’Ufficio affermerebbe “stima non eseguita ai sensi della circ. n. 6/2012”, sicchè, secondo la ricorrente, rimarrebbe del tutto ignoto il criterio di stima in concreto adottato dalla fattispecie e la stessa natura dei valori unitari applicati alle diverse tipologie di aree, peraltro individuate difformemente rispetto alla dichiarazione DOCFA. Secondo la contribuente, inoltre, non supplirebbe a tale assenza di motivazione l’annotazione riportata nella seconda parte della sezione “note” dell’atto impositivo, ossia ” Si confermano i valori già attribuiti precedentemente DOCFA n. 66175/2010″, in quanto tale annotazione non espliciterebbe e non renderebbe noto il criterio di stima adottato e gli elementi in concreto assunti a riferimento, atteso che anche nell’avviso di accertamento della rendita catastale, emesso il 15 giugno 2011, riferito alla suddetta DOCFA, sarebbero riportate due indicazioni tra loro in netto contrasto ed incompatibili, che pure per quell’atto lasciano del tutto ed ugualmente ignoto il criterio di stima in realtà utilizzato dall’Ufficio. In ogni caso, il semplice richiamo al precedente atto di accertamento non avrebbe comunque potuto costituire una motivazione sufficiente e valida, dal momento che la rendita accertata con l’avviso impugnato, di Euro 60.671,16, non sarebbe quella in precedenza attribuita di Euro 59.520,40. La società ricorrente precisa, inoltre, che nel corso del giudizio di primo grado, ed in sede di memoria con proposta di conciliazione del (OMISSIS), l’Ufficio avrebbe tentato di fornire una giustificazione, chiarendo che era stata eseguita la stima ai sensi della Circ. n. 6/2012, utilizzando però i valori unitari consolidati OMI come specificati in una tabella di calcolo allegata, dalla quale non sarebbe consentito comprendere i presupposti ed il fondamento della rendita di cui all’accertamento impugnato.

2. Con il secondo motivo si denuncia, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, violazione del D.P.R. n. 1142 del 1949, artt. 8,28 e 30, anche in relazione al D.M. (Ministero delle Finanze) 20 gennaio 1990 (Revisione generale degli estimi e del catasto edilizio urbano), art. unico, terzo capoverso, e dell’art. 2697 c.c., in riferimento all’onere che compete all’Ufficio di provare le ragioni che lo hanno indotto ad effettuare la rettifica della proposta. Secondo la ricorrente, i giudici di appello avrebbero ritenuto fondato l’avviso di accertamento senza che l’Agenzia delle Entrate avesse mai documentato e provato che i valori unitari utilizzati nell’accertamento ed estrapolati da non meglio precisati prontuari di settore fossero effettivamente riferiti ad immobili ubicati nella stessa zona ed aventi analoghe caratteristiche (così come affermato a pag. 2 dell’allegato 1 all’avviso di accertamento impugnato doc. c-1), nè, tantomeno, dimostrato che i c.d. valori OMI, utilizzati in sede di memoria con proposta di conciliazione in data 23.10.2014, fossero riferibili a trasferimenti di immobili similari della stessa zona relativi al biennio economico 1988-1989. Ne consegue che i valori unitari attribuiti dall’Agenzia del Territorio nell’avviso di accertamento impugnato non deriverebbero e non sarebbero stati confermati dal confronto con effettive stime o reali valori di mercato per immobili similari riferiti all’epoca censuaria 1988/1989. La società contribuente lamenta che i giudici di appello, in sede di valutazione della fondatezza del provvedimento di accertamento impugnato, avrebbero dovuto verificare che la rendita attribuita fosse adeguatamente sostenuta dai dati indicati nella motivazione dell’atto, della cui sussistenza, pertinenza e fondatezza l’Ufficio era onerato di dare la prova in giudizio, nel contraddittorio con il contribuente.

3. Con il terzo motivo si denuncia, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, violazione del D.M. n. 701 del 1994, art. 1, comma 3, e del D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 19, comma 3, per avere ritenuto irretrattabile la rendita catastale divenuta definitiva a seguito della mancata impugnazione di accertamento riferito a precedente e diversa DOCFA.

La ricorrente lamenta che l’oggetto del nuovo classamento, proposto con DOCFA del 28.8.2012, non sarebbe identico a quello che si pretenderebbe definitivo ed irretrattabile, ossia l’avviso del 2011, come risulterebbe dagli importi delle diverse rendite attribuite. La definitività del precedente e diverso accertamento, frutto della mancata impugnazione, non potrebbe essere ritenuta assimilabile ad una sorta di giudicato esterno, non essendovi alcuna pronuncia giurisdizionale.

4. Con il quarto motivo si denuncia, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, omesso esame dei fatti storici decisivi per il giudizio, addotti dalla ricorrente, riguardanti l’esistenza di stima UTE in base al criterio del costo di costruzione al biennio censuario 1988/1989 con riferimento ad altra unità immobiliare alberghiera nello stesso Comune, e l’esistenza di una stima giurata dell’immobile oggetto di accertamento eseguita il 16 aprile 1987 dall’Ing. D.L. per incarico del Tribunale di Piacenza ex art. 2343 c.c.. Inoltre, la Commissione Tributaria Regionale non avrebbe tenuto conto delle condizioni di vetustà ed obsolescenza dell’unità immobiliare rilevanti ai fini del computo del c.d. deprezzamento. Secondo la ricorrente, se i giudici di appello avessero considerato che il valore di mercato dello stesso immobile oggetto di accertamento era stato stimato nell’anno 1987 da un perito incaricato dal Tribunale di Piacenza ex art. 2343 c.c., in complessivi Euro 640.000,00, non avrebbe potuto ritenere corretto l’operato dell’Ufficio, che aveva accertato in Euro 3.033.558,00 il valore dello stesso immobile al biennio censuario 1988/1989. Inoltre, la società contribuente denuncia che l’adita Commissione avrebbe respinto la richiesta dell’appellante di ammissione di una CTU, al fine di determinare il costo di ricostruzione dell’unità immobiliare con riferimento all’epoca censuaria 1988/1989, ritenendola inammissibile perchè formulata oltre i termini di cui all’art. 27 L.C., laddove nel processo tributario non esisterebbe un termine per la formulazione di tale istanza.

5. Con il quinto motivo si denuncia, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, falsa applicazione dell’art. 112 c.p.c., atteso che il vizio di ultrapetizione della sentenza di primo grado era stato erroneamente ritenuto infondato dalla Commissione Tributaria Regionale, in quanto la sentenza di primo grado, respingendo il ricorso, aveva confermato la rendita di Euro 60.671,16 indicata nell’accertamento impugnato e non il minor importo di Euro 58.590,00 di cui alle conclusioni dell’Ufficio in sede di proposta conciliativa del (OMISSIS). I giudici di primo grado, nel confermare l’intera rendita catastale accertata, oltre ad essere pervenuta ad un deliberato erroneo nel merito, in evidente contrasto con le risultanze processuali, avrebbero pronunciato al di là ed oltre le conclusioni dell’Ufficio, così come indicate nella memoria con proposta di conciliazione in data (OMISSIS).

6. Il primo, il secondo ed il terzo motivo di ricorso vanno trattati congiuntamente per ragioni di connessione logica ed in quanto inerenti alla medesima questione.

Le critiche, relative al vizio di motivazione del provvedimento impugnato, sono fondate per i principi di seguito enunciati.

6.1. Non è contestato che in relazione all’unità immobiliare destinata ad albergo, già censita in categoria D/2, l’Agenzia delle entrate notificava in data 27 maggio 2013, un avviso di accertamento di “nuova determinazione di classamento e rendita catastale”, accertando un rendita di Euro 60.671,16 (per un valore complessivo stimato, con riferimento al biennio censuario 1988/1989 di Euro 3.033.558,00) a fronte di una rendita di Euro 20.070,00 proposta con denuncia di variazione DOCFA n. 275381/2012, presentata dal contribuente il (OMISSIS), per provvedere all’aggiornamento della planimetria a seguito di frazionamento della particella 372 per l’annessione dell’area di parcheggio all’unità immobiliare e per l’accatastamento della tettoia della zona piscina.

Nella sezione “note” della relazione sintetica allegato 1 dell’avviso di accertamento, (il cui contenuto è stato riportato in ricorso in ossequio al principio di autosufficienza) l’Ufficio puntualizzava “Stima non eseguita ai sensi della Circ. n. 6 del 2012. Si confermano i valori già attribuiti precedentemente DOCFA n. 66175/2010”.

Il criterio della stima, dichiarata non eseguita ai sensi della Circ. n. 6 del 2012 nell’avviso di accertamento, sarà invece utilizzato dall’Ufficio nel corso del giudizio (v. controricorso Agenzia delle Entrate pag. 6), in sede di memoria con proposta di conciliazione in data 23.10.2014, a sostegno del proprio operato ed a integrazione della motivazione dell’atto impositivo, in particolare anche “utilizzando i valori unitari consolidati OMI come meglio specificato nella tabella di calcolo allegata” (con riferimento alla indicazione degli “immobili ubicati nella stessa zona, aventi analoghe caratteristiche” ai fini della determinazione dei valori unitari).

Non è contestato, inoltre, che i valori attribuiti con precedente DOCFA n. 66175/2010 erano stati trasfusi nell’avviso di accertamento del (OMISSIS) in riferimento alla denuncia di variazione DOCFA presentata da Park Napoleone S.r.l. il (OMISSIS), per “diversa distribuzione degli spazi interni” non impugnato nei termini dalla contribuente (v. pag. 4 ricorso per cassazione).

La società contribuente ha lamentato il difetto di motivazione dell’avviso di accertamento, proponendo le seguenti critiche:

a) L’Ufficio avrebbe disatteso gli elementi di fatto indicati dal contribuente nella dichiarazione DOCFA, e i valori unitari proposti, individuando diverse consistenze (mq.) per le varie destinazioni delle superfici (camere, rec./salone, sala pranzo/bar, cucina ecc.), ed attribuendo diversi valori unitari, omettendo di fornire indicazioni sulle ragioni del disconoscimento del contenuto della DOCFA sotto il profilo della individuazione della tipologia e della consistenza delle aree stimate.

b) L’Ufficio, pur avendo indicato nell’allegato 1 che: “i valori unitari applicati alla consistenza dell’immobile, tenendo conto della specifica destinazione, sono stati desunti dai valori riferibili ad immobili ubicati nella stessa zona, aventi analoghe caratteristiche anche attraverso la consultazione di consolidati prontuari di settore”, ometterebbe di specificare in concreto “gli immobili ubicati nella stessa zona aventi analoghe caratteristiche”.

c) L’Ufficio non preciserebbe il criterio di stima applicato, in quanto a pag. 2, sezione Note, dell’allegato 1 dell’avviso viene affermato: “Stima non eseguita ai sensi della circolare 6/2012”, sicchè non sarebbe chiaro il criterio di stima concretamente adottato nella fattispecie e la stessa natura dei valori unitari applicati alle diverse tipologie di aree. Si rileverebbe, inoltre, una discrasia tra il criterio di stima indicato nell’avviso di accertamento del 2011, riferito alla DOCFA del 19 maggio 2010, che farebbe riferimento ai valori tabellari dell’Agenzia del Territorio di Livorno, e la “stima del fabbricato in base al costo di produzione” indicato nell’avviso del 2013, benchè l’Ufficio dia atto nella motivazione dell’avviso (nell’annotazione riportata nella seconda parte della sezione “note”) che “si confermano i valori già attribuiti precedentemente DOCFA n. 66175/2010”.

d) A fronte delle contestazioni espresse dalla società contribuente, l’Ufficio, nel corso del giudizio, avrebbe tentato di giustificare il proprio operato, con proposta di conciliazione, eseguendo “la stima ai sensi della circ. n. 6 del 2012, utilizzando però i valori unitari consolidati OMI come meglio specificato nella tabella di calcolo allegata”, ma anche tale stima non consentirebbe di comprendere i presupposti ed il fondamento della rendita, sebbene i corrispondenti valori unitari indicati dal contribuente nella DOCFA siano stati disattesi.

6.2. Ciò premesso in fatto, con riferimento all’attribuzione della rendita catastale mediante la procedura disciplinata dal D.L. 23 gennaio 1993, n. 16, art. 2, convertito, con modificazioni, in L. n. 75 del 1993, e dal D.M. n. 701 del 1994 (cosiddetta procedura DOCFA), questa Corte (Cass. n. 3394 del 2014) ha, in più occasioni, ritenuto che l’atto con il quale l’Amministrazione disattende le indicazioni date dal contribuente deve contenere un’adeguata, ancorchè sommaria, motivazione, sicchè l’Ufficio non può limitarsi a comunicare il classamento che ritiene adeguato, ma deve fornire elementi che spieghino perchè la proposta avanzata dal contribuente con DOCFA deve essere disattesa.

Con attribuzione della rendita catastale mediante procedura c.d. DOCFA, l’obbligo di motivazione del relativo avviso, trattandosi di una procedura collaborativa, è assolto con la mera indicazione dei dati oggettivi e della classe attribuita, quando gli elementi di fatto indicati dal contribuente non siano disattesi dall’Ufficio e l’eventuale differenza con la rendita proposta derivi da una diversa valutazione tecnica sul valore economico dei beni (Cass. n. 30166 del 2019), mentre nel caso in cui vi sia una diversa valutazione degli elementi di fatto, la motivazione deve essere più approfondita e specificare le differenze riscontrate sia per consentire il pieno esercizio del diritto di difesa del contribuente e sia per delimitare l’oggetto dell’eventuale contenzioso (Cass. n. 31809 del 2018, conf. Cass. 12777 del 2018).

6.3. Nella specie, non è contestato che l’avviso di accertamento impugnato sia stato redatto in conformità ai valori già attribuiti precedentemente con DOCFA n. 66175 del 2010, valori che la società ammette di non avere impugnato. Tali valori sono stati aggiornati, con modifiche, con DOCFA del 2012 ed hanno riguardato l’aggiornamento di planimetrie e il frazionamento della particella 372 per l’annessione dell’area parcheggio all’unità immobiliare per l’accatastamento della tettoia della zona piscina (pag. 2-3 del ricorso). Ne consegue che l’avviso di accertamento notificato il 27 maggio del 2013, viene emesso sulla base di un altro avviso notificato nel 2011, riguardante “la diversa distribuzione degli spazi interni” divenuto definitivo per omessa impugnazione, ma contiene elementi ulteriori ed un aggiornamento delle planimetrie in ragione di modifiche apportate all’immobile.

Tale avviso di accertamento, il cui contenuto, con riferimento alle parti determinanti, è stato riportato in ricorso dalla contribuente in ossequio al principio di autosufficienza non risulta adeguatamente motivato.

Dalla piana lettura dell’atto si evince che l’Ufficio ha disatteso gli elementi di fatto indicati in DOCFA dalla contribuente, calcolando una diversa consistenza degli immobili, senza però che siano chiaramente indicate le ragioni di tale scostamento ed i valori unitari applicati alla consistenza del cespite, e senza che siano stati specificamente precisati, ai fini della determinazione di tale valore, gli immobili ubicati nella stessa zona di quello oggetto di accertamento, aventi analoghe caratteristiche.

Nel predetto avviso, all’allegato 1, vengono, infatti, richiamati genericamente: “I valori unitari applicati alla consistenza dell’immobile, tenendo conto della specifica destinazione, sono stati desunti dai valori riferibili ad immobili ubicati nella stessa zona, aventi analoghe caratteristiche, anche attraverso la consultazione di consolidati prontuari di settore”, senza ulteriore specificazione.

6.4.Come si è sopra chiarito, nell’ipotesi in cui la discrasia tra la rendita proposta e la rendita attribuita dall’Ufficio derivi non dalla stima del bene ma dalla divergente valutazione degli elementi di fatto indicati dal contribuente: “la motivazione dovrà essere più approfondita e specificare le differenze riscontrate sia per consentire il pieno esercizio del diritto di difesa del contribuente sia per delimitare l’oggetto dell’eventuale contenzioso” (Cass. n. 12497 del 2016, conf. Cass. n. 23237 del 2014, Cass. n. 3394 del 2014).

Invero, l’Ufficio solo nel corso del giudizio, sebbene ai soli fini di una proposta conciliativa (circostanza non contestata v. pag. 6 del controricorso) ha eseguito la stima ai sensi della Circolare n. 6 del 2012 dell’Agenzia delle entrate, che non era stata utilizzata come criterio di accertamento (si legge a pag. 2, sez. “note”, dell’allegato 1: ” Stima non eseguita ai sensi della Circ. n. 6 del 2012″), utilizzando però i valori unitari consolidati OMI “come da tabella allegata”. La tabella, riportata in ricorso in ossequio al principio di autosufficienza, non consente di chiarire il presupposto posto a base della motivazione dell’avviso che, invece, ha fatto riferimento genericamente a “valori unitari desunti dai valori riferibili ad immobili indicati nella stessa zona, aventi analoghe caratteristiche”.

Come è noto, secondo i principi sostenuti da questa Corte, gli avvisi di accertamento e rettifica che adottano la comparazione con beni simili, devono ritenersi adeguatamente motivati, ove contengano la riproduzione del contenuto dell’atto utilizzato come parametro di riferimento, ossia delle parti utili (classamento, caratteristiche analoghe che rendono similari) a far comprendere il parametro impiegato per la rettifica (Cass. n. 2184 del 2015; 25037 del 2017, in tema di classamento)

Oltre al fatto che i valori 01/41 non costituiscono fonte di prova del valore venale in comune commercio, il quale può variare in funzione di molteplici parametri (quali l’ubicazione, la superficie, la collocazione dello strumento urbanistico), limitandosi a fornire indicazioni di massima (Cass. n. 21813 del 2018).

Va, inoltre, precisato che tale integrazione della motivazione dell’avviso di accertamento effettuata nel corso del giudizio è inibita all’Ufficio: “essendo precluso all’Ufficio di addurre, in giudizio, cause diverse rispetto a quelle enunciate, principio questo che si pone in consonanza con la più recente giurisprudenza di questa Corte (Cass. n. 9626 del 2012; ord. 19814 del 2012; n. 21532 del 2013; n. 17335 del 2014; n. 16887 del 2014), che, in tema di motivazione degli atti di modifica del classamento, ha, appunto, affermato che è necessaria l’enunciazione delle relative ragioni per consentire al contribuente il pieno svolgimento del suo diritto di difesa e per circoscrivere l’ambito dell’eventuale futuro giudizio”.

La Commissione Tributaria Regionale non si è fatta carico di questi profili, assumendo che “l’obbligo di motivazione deve ritenersi osservato anche mediante la mera indicazione dei dati oggettivi acclarati dall’Ente impositore e della classe consequenzialmente attribuita all’immobile, trattandosi di elementi idonei a consentire al contribuente di tutelarsi mediante il ricorso alle Commissioni Tributarie” e ritenendo, altresì, sufficiente, ai fini della motivazione dell’atto impugnato, il generico riferimento “ai valori unitari relativi alle strutture alberghiere dello stesso genere presenti all'(OMISSIS) “pur avendo il contribuente dedotto specifiche contestazioni al riguardo, allegando la stima (OMISSIS) dell’UTE riguardante altra unità immobiliare alberghiera sita in Comune di (OMISSIS).

Dal che si evince che il giudice di appello ha disatteso i principi espressi da questa Corte, valorizzando l’inammissibile integrazione della motivazione proposta dall’Ufficio nel corso del giudizio (con riferimento ai valori OMI), e così dimostrando di sovrapporre il profilo della prova con quello, differente, riguardante la motivazione dell’avviso di accertamento, secondo i criteri chiaramente definiti da questa Corte nelle sentenze citate.

7. In definitiva, vanno accolti i primi tre motivi di ricorso, assorbite le restanti censure, la sentenza impugnata va cassata in ragione del difetto di motivazione dell’avviso di accertamento. Non essendo necessari ulteriori accertamenti in fatto, la causa va decisa nel merito con l’accoglimento dell’originario ricorso proposto dalla società contribuente. Le spese di lite dei gradi di merito vanno interamente compensate tra le parti, tenuto conto del recente consolidarsi della giurisprudenza di legittimità sulle questioni trattate rispetto all’epoca della introduzione della lite, mentre le spese del presente giudizio seguono la soccombenza e vanno liquidate come da dispositivo.

PQM

La Corte accoglie il primo, il secondo ed il terzo motivo di ricorso e dichiara assorbiti i restanti, cassa la sentenza impugnata e, decidendo nel merito, accoglie l’originario ricorso proposto dal contribuente. Compensa le spese di lite dei gradi di merito e condanna la parte soccombente al rimborso delle spese del giudizio di legittimità, liquidate in complessivi Euro 6.000,00 per compensi, oltre spese forfetarie ed accessori di legge.

Così deciso in Roma, nell’adunanza camerale, il 21 gennaio 2021.

Depositato in Cancelleria il 26 maggio 2021

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