Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 14101 del 24/05/2021

Cassazione civile sez. trib., 24/05/2021, (ud. 08/02/2021, dep. 24/05/2021), n.14101

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CIRILLO Ettore – Presidente –

Dott. D’ANGIOLELLA Rosita – Consigliere –

Dott. CONDELLO Pasqualina A.P. – rel. Consigliere –

Dott. D’AQUINO Filippo – Consigliere –

Dott. MANCINI Laura – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso iscritto al n. 21926/14 R.G. proposto da:

AGENZIA DELLE ENTRATE, in persona del Direttore pro tempore,

rappresentata e difesa dall’Avvocatura Generale dello Stato, presso

i cui uffici in Roma, alla via dei Portoghesi, 12 è elettivamente

domiciliata;

– ricorrente –

contro

T.G., rappresentato e difeso, giusta procura a margine

del controricorso, dall’avv. Sabina Ciccotti e dall’avv. Simone

Baggio, con domicilio eletto presso lo studio legale della prima, in

Roma, via Lucrezio Caro, n. 62;

– controricorrente –

avverso la sentenza della Commissione Tributaria regionale del Veneto

n. 189/29/14 depositata in data 4 febbraio 2014;

udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 8 febbraio

2021 dal Consigliere Dott.ssa Pasqualina Anna Piera Condello;

lette le conclusioni del Sostituto Procuratore generale, Dott.

Alberto Celeste, che ha chiesto l’accoglimento del ricorso.

 

Fatto

RILEVATO

che:

1. T.G. impugnò l’avviso di accertamento con cui l’Agenzia delle entrate aveva ripreso a tassazione, previo invio di un questionario, il reddito per l’anno 2007, che era stato determinato con metodo sintetico ai sensi del D.P.R. n. 600 del 1973, ex art. 38, in Euro 327.138,00 (a fronte di quello dichiarato di Euro 16.577,00) sulla base dei coefficienti ministeriali concernenti il redditometro e sulla base di beni-indici posseduti (n. 3 autoveicoli, una imbarcazione, un’abitazione sita in (OMISSIS), un collaboratore familiare e un giardiniere, canoni di leasing pagati per Euro 92.825,00, assegno di mantenimento corrisposto all’ex coniuge per Euro 51.840,00).

2. La Commissione tributaria provinciale adita accolse il ricorso.

Rilevò che lo stesso Ufficio nell’atto impositivo aveva indicato che il contribuente aveva effettuato investimenti per Euro 3.296.721,82 e disinvestimenti per Euro 6.758.776,38, per cui la differenza che si otteneva dai due importi, pari ad Euro 3.462.054,56, era più che sufficiente a coprire le spese sostenute, e che nell’anno 2007 il contribuente aveva conseguito un reddito da cessione di azioni non qualificate di Euro 4.835.090,00 assoggettato a ritenuta alla fonte a titolo di imposta del 12,5 per cento, reddito notevolmente superiore a quello sinteticamente accertato (Euro 436.184,00). Poichè questi elementi non erano stati presi nella dovuta considerazione dall’Amministrazione finanziaria nell’atto impositivo, ritenne infondata la pretesa impositiva.

3. La Commissione tributaria regionale, dinanzi alla quale l’Agenzia delle entrate interpose appello, accogliendo l’eccezione sollevata dal contribuente, dichiarò inammissibile l’impugnazione.

Rilevò, in particolare, che l’appello era fondato su un unico motivo di gravame, concernente il reddito conseguito per la vendita, nel novembre 2007, da parte del contribuente, delle azioni (OMISSIS) per Euro 4.835.090, mentre la decisione era fondata pure sulla disponibilità del differenziale investimenti/disinvestimenti per Euro 3.462.054,56 effettuati nel 2007. Essendo la sentenza sorretta da due ragioni, distinte ed autonome, ciascuna delle quali logicamente sufficiente a giustificare la pronuncia, l’omessa impugnazione di una di esse rendeva inammissibile, per difetto di interesse, la censura relativa all’altra, sicchè, divenuta definitiva l’autonoma motivazione non impugnata, l’appello non poteva comunque determinare l’annullamento della sentenza.

4. L’Agenzia delle entrate ha proposto ricorso per la cassazione della suddetta decisione, affidandosi ad un unico motivo, cui resiste il contribuente mediante controricorso.

In prossimità dell’adunanza camerale T.G. ha depositato memoria ex art. 380 bis 1 c.p.c..

Diritto

CONSIDERATO

che:

1. Con l’unico motivo la difesa erariale denuncia la violazione e falsa applicazione dell’art. 329 c.p.c., in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4.

Trascrivendo quanto dedotto nell’atto di appello, la ricorrente censura la decisione impugnata per avere i giudici di secondo grado dichiarato l’inammissibilità dell’appello sul presupposto che l’Ufficio avesse prestato acquiescenza ad una delle ragioni su cui poggiava la sentenza.

Sostiene, al contrario, che la sentenza di primo grado non risultava sorretta da due distinte rationes decidendi, bensì dall’unica argomentazione che i disinvestimenti patrimoniali compiuti nel 2007, fra cui la vendita delle azioni (OMISSIS), avrebbero consentito al contribuente di condurre quel tenore di vita e di mantenere i beni-indice rilevati in sede di verifica.

Ad avviso della Agenzia delle entrate, le critiche rivolte alla sentenza impugnata erano dunque idonee a condurre all’integrale annullamento della stessa, dal momento che aveva contestato l’interpretazione fornita dai giudici di primo grado al D.P.R. n. 600 del 1973, art. 38, commi 4 e 6, in particolare laddove avevano ritenuto che la disponibilità di redditi esenti da parte del contribuente – redditi rappresentati dal saldo positivo degli investimenti e disinvestimenti, di cui l’introito per la vendita delle azioni (OMISSIS) era solo uno dei componenti – fosse sufficiente ad assolvere l’onere probatorio gravante sul contribuente, avendo, al contrario, evidenziato la necessità che lo stesso provasse che proprio quei redditi fossero stati utilizzati per coprire le spese contestate, prova che era mancata.

2. La censura è fondata.

La decisione della C.T.P. – allegata in omaggio al principio di autosufficienza dal contribuente – come si evince dalla lettura della motivazione, poggiava sul presupposto che i disinvestimenti patrimoniali compiuti nell’anno oggetto di verifica dal contribuente avessero consentito il mantenimento dei beni-indice, circostanza questa contestata dall’Amministrazione finanziaria.

L’Agenzia delle entrate, con le censure rivolte alla sentenza di primo grado, come emerge dal contenuto dell’atto di appello, ritrascritto nel ricorso per cassazione nel rispetto del principio di autosufficienza, ha contestato l’interpretazione del D.P.R. n. 600 del 1973, art. 38, resa dal giudice di primo grado, perchè non conforme alla ratto della norma, ponendo in evidenza che, per superare la presunzione derivante dalla disposizione normativa, non era sufficiente la prova della disponibilità di ingenti risorse economiche, ma era necessaria anche la prova, nel caso di specie non offerta, che la spesa per il mantenimento dei beni-indice fosse stata sostenuta proprio con quei redditi esenti o soggetti a ritenuta alla fonte di cui il contribuente assumeva di avere la disponibilità.

Le doglianze mosse dall’Ufficio, pertanto, diversamente da quanto ritenuto dalla C.T.R., erano idonee a provocare l’integrale annullamento della sentenza. Infatti, la cessione delle azioni della (OMISSIS) s.p.a. costituiva solo uno dei componenti che avevano concorso a determinare il differenziale investimenti/disinvestimenti e, quindi, il saldo attivo indicato nella sentenza, ritenuto sufficiente a coprire le spese sostenute, e non una autonoma ratio decidendi della sentenza, giuridicamente e logicamente sufficiente a sostenere la decisione, nei confronti della quale potesse configurarsi la supposta acquiescenza ex art. 329 c.p.c..

Poichè, dunque, la decisione di primo grado non era sorretta da due autonome rationes decidendi, l’eccezione di inammissibilità dell’appello, formulata dalla parte contribuente sull’errato rilievo che l’omessa impugnazione, da parte dell’Amministrazione finanziaria, di una di esse rendesse definitiva l’autonoma motivazione non impugnata, non era meritevole di accoglimento.

3. In conclusione, in accoglimento del ricorso, la sentenza va cassata con rinvio alla competente Commissione tributaria regionale, in diversa composizione, per nuovo esame, oltre che per la liquidazione delle spese del giudizio di legittimità.

PQM

accoglie il ricorso; cassa la sentenza impugnata e rinvia la causa alla Commissione tributaria regionale del Veneto, in diversa composizione, cui demanda di provvedere anche sulle spese del giudizio di legittimità

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 8 febbraio 2021.

Depositato in Cancelleria il 24 maggio 2021

 

 

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