Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 13794 del 20/05/2021

Cassazione civile sez. VI, 20/05/2021, (ud. 10/03/2021, dep. 20/05/2021), n.13794

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE L

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. DORONZO Adriana – Presidente –

Dott. LEONE Margherita Maria – Consigliere –

Dott. PONTERIO Carla – Consigliere –

Dott. MARCHESE Gabriella – Consigliere –

Dott. DE FELICE Alfonsina – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 2032-2019 proposto da:

D.G., elettivamente domiciliato in ROMA, VIALE MAZZINI 13,

presso lo studio dell’avvocato VINCENZO SCHETTINO, che lo

rappresenta e difende;

– ricorrente –

contro

INAIL di LATINA;

– intimato –

avverso la sentenza n. 3277/2018 della CORTE D’APPELLO di ROMA,

depositata il 27/09/2018;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non

partecipata del 10/03/2021 dal Consigliere Relatore Dott. ALFONSINA

DE FELICE.

 

Fatto

RILEVATO

che:

il Tribunale di Latina, con sentenza n. 980 del 2002, aveva ripristinato in capo a D.G. la rendita Inail per l’inabilità permanente del 16% derivante dall’infortunio sul lavoro occorso il 4/4/1991, rendita revocatagli illegittimamente dall’istituto a far data dal 1997;

in seguito al ripristino della prestazione, in data 11/7/2011 il lavoratore aveva presentato istanza amministrativa di revisione della rendita motivandola sulla base dell’aggravamento dei sintomi della patologia (maculopatia da sindrome gravitazionale); l’Inail aveva respinto la predetta domanda;

il Tribunale di Latina, adito dal D. per l’accertamento del diritto alla revisione del beneficio, rigettava il ricorso, per superamento del limite temporale decennale fissato dal T.U. n. 1124 del 1965, artt. 83 e 137;

la Corte d’appello di Roma confermando sul punto la sentenza del primo giudice, rigettava l’appello, e, richiamandosi alla giurisprudenza di questa Corte, affermava che, sebbene fosse pacifico in causa che l’aggravamento costituiva diretta conseguenza dell’infortunio, tuttavia la domanda per il riconoscimento dello stesso era tardiva in quanto presentata nel 2011, oltre il termine di “stabilizzazione” dei postumi permanenti, fissato dalla legge in dieci anni dal verificarsi dell’infortunio (4/4/1991);

la cassazione della sentenza è domandata da D.G. sulla base di un unico motivo;

l’INAIL sede di Latina è rimasto intimato;

è stata depositata proposta ai sensi dell’art. 380-bis c.p.c., ritualmente comunicata alle parti unitamente al decreto di fissazione dell’adunanza in camera di consiglio.

Diritto

CONSIDERATO

che:

con l’unico motivo, formulato ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4, il ricorrente deduce “Nullità assoluta della sentenza in relazione al D.P.R. n. 1124 del 1965, art. 83”; sostiene che il termine decennale per chiedere la revisione avrebbe dovuto calcolarsi in riferimento non già alla data di costituzione della rendita (4/4/1991), ma alla data di pubblicazione della sentenza (19/4/2002) con cui il Tribunale di Latina lo aveva riammesso al godimento della rendita a far data dalla revoca del beneficio da parte dell’Inail, avvenuta nel 1997;

assume la difesa di D. che l’istanza di revisione, presentata nel 2011, era tempestiva, poichè prodotta entro il decennio 2002-2012, considerando come dies a quo la data di pubblicazione della sentenza del Tribunale (19/4/2002) che aveva condannato l’Inail a ripristinare il trattamento illegittimamente revocato;

in via subordinata il motivo prospetta la violazione degli artt. art. 3 e art. 38 Cost. per il vuoto di tutela assicurativa che il rigetto del ricorso comporterebbe in danno del ricorrente;

il motivo è inammissibile;

la Corte territoriale ha accertato che il decennio dalla costituzione della rendita (1991) nel 2011 era già trascorso;

le doglianze sono prospettate in modo generico;

per sottrarsi alla pronuncia di inammissibilità parte ricorrente avrebbe dovuto trascrivere o produrre l’istanza di revisione per aggravamento dei sintomi della malattia presentata all’ente previdenziale, nonchè la sentenza che, dichiarando l’illegittimità della scelta amministrativa, aveva condannato l’Ente al ripristino della prestazione;

in conformità a quanto ripetutamente affermato da questa Corte, il ricorso per cassazione, in ragione del principio di specificità, deve contenere in sè tutti gli elementi necessari a costituire le ragioni per cui si chiede la cassazione della sentenza di merito ed, altresì, a permettere la valutazione della fondatezza di tali ragioni, senza la necessità di far rinvio ed accedere a fonti esterne allo stesso ricorso e, quindi, ad elementi od atti attinenti al pregresso giudizio di merito (cfr. Cass. n. 11603 del 2018; Cass. n. 27209 del 2017; Cass. n. 12362 del 2006);

in definitiva, il ricorso va dichiarato inammissibile; non si provvede sulle spese del presente giudizio in favore della parte rimasta intimata;

in considerazione del rigetto del ricorso, sussistono i presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello, ove dovuto, per il ricorso.

PQM

La Corte dichiara inammissibile il ricorso.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, nel testo introdotto dalla L. n. 228 del 2012, art. 1, comma 17, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello, ove dovuto, per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis.

Così deciso in Roma, all’adunanza camerale, il 10 marzo 2021.

Depositato in Cancelleria il 20 maggio 2021

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