Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 13742 del 20/05/2021

Cassazione civile sez. VI, 20/05/2021, (ud. 23/02/2021, dep. 20/05/2021), n.13742

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 1

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. ACIERNO Maria – Presidente –

Dott. PARISE Clotilde – rel. Consigliere –

Dott. IOFRIDA Giulia – Consigliere –

Dott. CAIAZZO Rosario – Consigliere –

Dott. SCALIA Laura – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 18337-2020 proposto da:

B.S., elettivamente domiciliato in ROMA, VIALE ANGELICO 38,

presso lo studio dell’avvocato ROBERTO MAIORANA, che lo rappresenta

e difende;

– ricorrente –

contro

MINISTERO DELL’INTERNO, (OMISSIS), in persona del Ministro pro

tempore, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12,

presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che lo rappresenta e

difende ope legis;

– resistenti –

E contro

COMMISSIONE TERRITORIALE PER IL RICONOSCIMENTO DELLA PROTEZIONE

INTERNAZIONALE di BRESCIA;

-intimata –

avverso la sentenza n. 387/2020 della CORTE D’APPELLO di BRESCIA,

depositata il 24/04/2020;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non

partecipata del 23/02/2021 dal Consigliere Relatore Dott. CLOTILDE

PARISE.

 

Fatto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. Con sentenza n. 387/2020 pubblicata il 24-4-20 la Corte D’Appello di Brescia ha respinto l’appello proposto da B.S., cittadino del Bangladesh, avverso l’ordinanza del Tribunale di Brescia che aveva rigettato il suo ricorso avente ad oggetto in via gradata il riconoscimento dello status di rifugiato, della protezione sussidiaria e di quella umanitaria, all’esito del rigetto della stessa domanda da parte della competente Commissione Territoriale. La Corte d’appello ha ritenuto non circostanziata e vaga la vicenda personale narrata dal richiedente, il quale aveva riferito di essere fuggito dal suo Paese per le minacce e percosse ricevute da suo zio e dai cugini, a causa di liti per un terreno, negli anni dal 2009 al 2012. La Corte territoriale ha escluso la sussistenza dei presupposti per il riconoscimento di ogni forma di protezione, avuto anche riguardo alla situazione generale e geo-politica del Bangladesh, descritta nella sentenza impugnata.

2. Avverso il suddetto provvedimento, il ricorrente propone ricorso per cassazione, affidato a cinque motivi, nei confronti del Ministero dell’Interno, che si è costituito tardivamente, al solo fine dell’eventuale partecipazione all’udienza di discussione.

3. I motivi di ricorso sono così rubricati: “1. art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4. Nullità della sentenza di appello per omessa motivazione (ipotesi di motivazione apparente”; ” 2. art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5. Omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti: la condizione di pericolosità e di violenza generalizzata esistenti in Bangladesh. Omessa consultazione di fonti informative”; “3. art. 360 c.p.c., comma 1, nn. 3 e 5. Mancata concessione della protezione sussidiaria di cui il ricorrente aveva diritto in ragione delle attuali condizioni socio politiche del paese di origine; Violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 14. Omesso esame delle fonti informative. Omessa applicazione dell’art. 10 Cost.”; “4. art. 360 c.p.c., comma 1, nn. 3 e 5. Violazione e falsa applicazione D.Lgs. n. 231 del 2007, artt. 2, 3, 4, 5, 6, 14, del D.Lgs. n. 23 del 2008, art. 8. Difetto di motivazione e travisamento dei fatti”; ” 5. art. 360 c.p.c., comma 1, nn. 3 e 5. La Corte ha omesso di valutare l’applicabilità al ricorrente della protezione, ai sensi del D.Lgs. n. 268 del 1998, art. 5, comma 6, non potendo esser rifiutato il permesso di soggiorno allo straniero qualora ricorrano seri motivi di carattere umanitario, nonchè del D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 19, che vieta l’espulsione dello straniero che possa essere perseguitato nel suo Paese o che ivi possa correre gravi rischi. Omesso esame delle fonti informative sulla situazione socio/politica/economica del Paese. Omessa applicazione dell’art. 10 Cost.. Omesso esame delle condizioni personali per l’applicabilità della protezione umanitaria e della necessaria comparazione tra la condizione raggiunta in Italia e quella del Paese di provenienza”. Con il primo motivo il ricorrente deduce che la sentenza impugnata è nulla per motivazione apparente, in ordine al diniego della domanda di protezione sussidiaria e di quella umanitaria. In particolare, nel riportare parte della motivazione, assume che la Corte di merito non abbia compiutamente esplicitato il proprio convincimento, limitandosi a richiamare le ragioni espresse dal Tribunale, in ordine alla situazione del Bangladesh, anche di violenza generalizzata, senza effettuare la comparazione tra le condizioni del richiedente in Italia e quelle in cui si troverebbe in caso di rimpatrio, anche in ragione della compressione di diritti umani fondamentali. Con i motivi secondo e terzo si duole, in relazione all’art. 360 c.p.c., nn. 3 e 5, del diniego della protezione sussidiaria di cui al D.Lgs. n. 151 del 2007, art. 14, lett. c), per non avere la Corte d’appello consultato, nè indicato le fonti informative in ordine alla situazione di violenza indiscriminata esistente nel Paese di provenienza, richiama la giurisprudenza di questa Corte e la sentenza Elgafaji della Corte di Giustizia, nonchè le informazioni desumibili dal rapporto di Amnesty International del 2019, che trascrive, in stralcio, nel ricorso. Con i motivi quarto e quinto si duole, in relazione all’art. 360 c.p.c., nn. 3 e 5, del diniego della protezione umanitaria, afferma che la Corte d’appello ha omesso di esaminare la condizione socio- politica del suo Paese, di povertà e di compromissione di diritti primari ed inviolabili, e non ha effettuato la necessaria comparazione tra la situazione in cui il ricorrente si trova in Italia e quella in cui verrebbe a trovarsi in caso di rimpatrio. Richiama diffusamente la giurisprudenza di questa Corte e la normativa di riferimento, deduce di essere arrivato in Italia nel 2015 e di aver sempre lavorato, in posizione regolarizzata quando era possibile.

4. Il primo motivo è infondato.

4.1. Secondo l’orientamento di questa Corte al quale il Collegio intende dare continuità la sentenza d’appello può essere motivata per relationem, purchè il giudice del gravame dia conto, sia pur sinteticamente, delle ragioni della conferma in relazione ai motivi di impugnazione (Cass. n. 20883/2019; Cass. n. 14786/2016). Inoltre in seguito alla riformulazione dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, disposta dal D.L. n. 83 del 2012, art. 54, conv., con modif., dalla L. n. 134 del 2012, applicabile nella specie, il sindacato di legittimità sulla motivazione resta circoscritto alla sola verifica della violazione del “minimo costituzionale” richiesto dall’art. 111 Cost., comma 6, individuabile nelle ipotesi – che si convertono in violazione dell’art. 132 c.p.c., comma 2, n. 4 e danno luogo a nullità della sentenza – di “mancanza della motivazione quale requisito essenziale del provvedimento giurisdizionale”, di “motivazione apparente”, di “manifesta ed irriducibile contraddittorietà” e di “motivazione perplessa od incomprensibile” (Cass. S.U. n. 8053/2014 e tra le tante da ultimo Cass. n. 22598/2018).

4.2. Nella specie non ricorre il denunciato vizio di nullità della sentenza, la cui motivazione, seppur sintetica, raggiunge il “minimo costituzionale” nel senso precisato. In particolare la Corte di merito ha richiamato la vicenda personale allegata dal richiedente a motivo della sua fuga dal Paese e l’ha ritenuta non riconducibile a fattispecie integranti rifugio o danno grave ai sensi del D.Lgs. n. 151 del 2007, ex art. 14, lett. a) e b), ha descritto in sintesi le condizioni socio-politiche dello Stato di origine, ritenendole non configurabili come conflitto armato generalizzato ed ha affermato, quanto alla protezione umanitaria, che il ricorrente non aveva allegato una sua attuale condizione di fragilità e vulnerabilità, non aveva fornito informazioni sulle sue condizioni di vita in Italia, nè su attività lavorative eventualmente svolte e neppure sulla sua effettiva permanenza in Italia.

5. i motivi secondo e terzo sono fondati nei limiti che si vanno ad illustrare.

5.1. Secondo l’orientamento di questa Corte a cui il Collegio intende dare continuità, in tema di protezione sussidiaria del D.Lgs. n. 251 del 2017, ex art. 14, lett. c), il potere-dovere di indagine d’ufficio del giudice circa la situazione generale esistente nel paese d’origine del richiedente, che va esercitato dando conto, nel provvedimento emesso, delle fonti informative attinte, in modo da verificarne anche l’aggiornamento, non trova ostacolo nella non credibilità delle dichiarazioni rese dal richiedente stesso riguardo alla propria vicenda personale, sempre che il giudizio di non credibilità non investa il fatto stesso della provenienza dell’istante dall’area geografica interessata alla violenza indiscriminata che fonda tale forma di protezione (Cass. n. 14283/2019). Il riferimento, operato dal D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 8, comma 3, alle fonti informative privilegiate deve essere interpretato nel senso che è onere del giudice specificare la fonte in concreto utilizzata e il contenuto dell’informazione da essa tratta e ritenuta rilevante ai fini della decisione, così da consentire alle parti la verifica della pertinenza e della specificità di tale informazione rispetto alla situazione concreta del Paese di provenienza del richiedente la protezione. A tal fine, il giudice di merito è tenuto a indicare l’autorità o l’ente da cui la fonte consultata proviene e la data o l’anno di pubblicazione, in modo da assicurare la verifica del rispetto dei requisiti di precisione e aggiornamento previsti dal predetto D.Lgs., richiamato art. 8, comma 3, nonchè dell’idoneità delle C.O.I. in concreto consultate a quanto prescritto dalla norma da ultimo richiamata (Cass. n. 4557/2021).

5.2. Ciò posto, meritano accoglimento le censure svolte con i motivi di cui si sta trattando, nella parte in cui sono dirette a denunciare l’omessa indicazione delle fonti informative, in forza di quanto prescritto dal cit. art. 8, nonchè la violazione del D.Lgs. n. 151 del 2007, art. 14, lett. c), atteso che la Corte d’appello, pur descrivendo sinteticamente la situazione del Bangladesh, ha fatto generico riferimento a “fonti internazionali”, senza null’altro precisare (cfr. pag. n. 5 della citata sentenza), così incorrendo nel vizio di violazione di legge denunciato.

6. Alla stregua delle considerazioni che precedono, i motivi secondo e terzo meritano accoglimento nei termini precisati, restando assorbiti i motivi quarto e quinto, concernenti la protezione “minore”, con la cassazione della sentenza impugnata nei limiti dei motivi accolti e rinvio della causa alla Corte d’appello di Brescia, in diversa composizione, anche per la decisione sulle spese del giudizio di legittimità.

P.Q.M.

La Corte rigetta il primo motivo di ricorso, accoglie nei sensi di cui in motivazione i motivi secondo e terzo, dichiarati assorbiti il quarto e il quinto, cassa la sentenza impugnata nei limiti dei motivi accolti e rinvia la causa alla Corte d’appello di Brescia, anche per la decisione sulle spese del giudizio di cassazione.

Depositato in Cancelleria il 20 maggio 2021

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