Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 13591 del 19/05/2021

Cassazione civile sez. trib., 19/05/2021, (ud. 12/02/2021, dep. 19/05/2021), n.13591

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. SORRENTINO Federico – Presidente –

Dott. DE MASI Oronzo – Consigliere –

Dott. NAPOLITANO Lucio – rel. Consigliere –

Dott. ROSSI Raffaele – Consigliere –

Dott. MAISANO Giulio – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 21973-2014 proposto da:

AGENZIA DELLE ENTRATE, in persona del Direttore pro tempore,

elettivamente domiciliata in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12, presso

l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che la rappresenta e difende;

– ricorrente –

contro

AUTOTRASPORTI DI T.L. & C SNC IN LIQUIDAZIONE;

– intimata –

avverso la sentenza n. 1233/2014 della COMM. TRIB. REG. CAMPANIA,

SEZ. DIST. di SALERNO, depositata il 06/02/2014;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

12/02/2021 dal Consigliere Dott. LUCIO NAPOLITANO;

lette le conclusioni scritte del pubblico ministero in persona del

sostituto procuratore generale Dott. GIOVANNI GIACALONE che ha

chiesto che codesta S.C., in camera di consiglio, accolga il ricorso

ed emetta le pronunzie conseguenti per legge.

 

Fatto

RILEVATO

che:

L’Agenzia delle Entrate notificò avviso di accertamento per l’anno d’imposta 2005 alla Autotrasporti di T.L. & C. S.n.c., poi in liquidazione (di seguito società), accertando con metodo analitico – induttivo un maggior reddito d’impresa, in Euro 101.820,00, reddito dal quale determinare, secondo il principio di trasparenza, del D.P.R. n. 917 del 1986 (TUIR), ex art. 5, ai fini IRPEF, il reddito personale dei soci, in ragione delle rispettive quote di partecipazione, nonchè una maggiore base imponibile ai fini IRAP in Euro 153.824,00 ed un maggior volume di affari ai fini IVA, rideterminando di conseguenza le maggiori imposte dovute, oltre sanzioni ed interessi.

La Commissione tributaria provinciale di Salerno, riuniti i ricorsi della società e dei soci, accolse i ricorsi.

In pendenza del giudizio d’appello, proposto dall’Agenzia delle Entrate dinanzi alla Commissione tributaria regionale (CTR) della Campania – sezione staccata di Salerno, i tre soci della compagine societaria M.F., T.A. e T.S. aderirono alla definizione agevolata della lite, ai sensi del D.L. n. 98 del 2011, art. 39, comma 12, convertito, con modificazioni, nella L. n. 126 del 2011.

Con sentenza n. 54/04/13 la CTR dichiarò estinto l’intero giudizio per cessata materia del contendere.

Detta pronuncia fu impugnata per revocazione dall’Amministrazione finanziaria, essendo stata deliberata sul presupposto fallace che la società avesse definito la lite fiscale del D.L. n. 98 del 2011, ex art. 39, comma 12, laddove la definizione agevolata della lite ai sensi della citata disposizione aveva riguardato i soli soci, che avevano definito la propria posizione, in relazione al maggior reddito d’impresa che aveva portato alla determinazione della maggiore IRPEF globalmente dovuta.

La CTR della Campania – sezione staccata di Salerno – con sentenza n. 1233/4/14, depositata il 6 febbraio 2014, non notificata, dispose la revocazione della sentenza impugnata, ma, nel merito, ritenne l’appello proposto dall’Agenzia delle Entrate avverso la sentenza di primo grado infondato, affermando che, avendo i soci “definito il proprio reddito con riferimento a quello prodotto e dichiarato dalla società e confermato dalla sentenza di 1 grado, mediante definizione della lite pendente, alcun maggior reddito può essere ai medesimi attribuito. E, quindi, alcun maggior reddito può essere attribuito alla società”, da ciò, secondo la CTR, dovendo ulteriormente dedursi, “in mancanza di maggior reddito, la definizione di fatto della controversia per cessata materia del contendere”.

Avverso detta pronuncia l’Agenzia delle Entrate ha proposto ricorso per cassazione, affidato a tre motivi.

La società è rimasta intimata.

Il Procuratore Generale ha reso conclusioni scritte ai sensi dell’art. 380 bis 1 c.p.c., chiedendo l’accoglimento del ricorso.

Diritto

CONSIDERATO

che:

1. Con il primo motivo la ricorrente Amministrazione finanziaria denuncia violazione e falsa applicazione del D.P.R. n. 917 del 1986, art. 5 e del D.L. n. 98 del 2011, art. 39, comma 12, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3.

La ricorrente lamenta l’erronea applicazione del principio di trasparenza di cui all’art. 5 TUIR, pur richiamato dalla sentenza impugnata, laddove, in combinato disposto con il D.L. n. 98 del 2011, art. 39, comma 12, la CTR ne ha fatto discendere l’integrale estinzione del giudizio in ragione della definizione agevolata della lite effettuata dai soli soci, senza avvedersi che ciò poteva avere effetto unicamente sull’IRPEF, in ragione appunto di quanto stabilito dal succitato art. 5 TUIR, comma 1, secondo cui “(i) redditi delle società semplici, in nome collettivo e in accomandita semplice residenti nel territorio dello Stato sono imputati a ciascun socio, indipendentemente dalla percezione, proporzionalmente alla sua quota di partecipazione agli utili”, mentre l’accertamento nei confronti della società, che non aveva aderito alla definizione agevolata, riguardava anche la maggiore IRAP e la maggiore IVA ritenute dovute, a seguito della rettifica anche del maggior valore della produzione netta ai fini IRAP e del maggior volume di affari ai fini IVA, per le quali quindi la causa doveva necessariamente proseguire ed essere decisa nel merito.

2. Analoga censura, con il secondo motivo di ricorso, è stata proposta dall’Amministrazione finanziaria, per l’ipotesi che la stessa integri doglianza relativa alla motivazione in punto di fatto, in relazione al parametro di cui all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, sotto il profilo dell’omessa motivazione su fatto controverso, oggetto di discussione tra le parti, di modo che la CTR avrebbe dovuto valutare – essendo pacifico che solo i tre soci avessero definito la propria posizione relativamente all’imposta sui redditi, loro imputata per trasparenza – le circostanze di fatto addotte dall’Ufficio che legittimavano altresì la rettifica operata ai fini IRAP ed IVA nei confronti della società e precisamente la non congruità dei ricavi anche in relazione allo studio di settore di riferimento, la bassa redditività e l’incidenza delle spese di carburante sui ricavi.

3. Infine, con il terzo motivo, la ricorrente denuncia “(v)iolazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 546 del 1992, artt. 2 e 112, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4”, lamentando avere la sentenza pronunciata dalla CTR altresì violato l’esatto ambito di cognizione attribuito alla giurisdizione tributaria, il quale è esteso al merito della pretesa tributaria e non può limitarsi alla caducazione dell’atto impositivo, senza procedere, al contempo, alla determinazione dell’imposta dovuta.

4. Possono essere trattati congiuntamente il primo ed il terzo motivo, in quanto tra loro connessi.

4.1. La CTR, nel dichiarare l’integrale estinzione del giudizio per cessata materia del contendere – pur avendo preso atto, nella fase rescindente del giudizio di revocazione, che la definizione agevolata della lite ai sensi del D.L. n. 98 del 2011, art. 39, comma 12, era stata percorsa dai soli soci, non avendo la società ritenuto di aderire al condono, ha fatto non corretta applicazione del principio di trasparenza di cui all’art. 5 TUIR, pur richiamato nella sentenza impugnata, riferibile alla sola IRPEF, ritenendo invece che lo stesso avrebbe potuto automaticamente determinare la definizione anche delle imposte di natura diversa, quali l’IRAP e l’IVA, dovute dalla società, in quanto pur esse oggetto di rettifica da parte dell’atto impositivo ed in relazione alle quali pertanto la controversia avrebbe dovuto dunque proseguire ed essere decisa nel merito della pretesa impositiva concernente detti tributi, oltre sanzioni ed interessi ad essi relativi.

4.2. Viceversa, nel limitarsi all’anzidetta pronuncia in rito, la CTR risulta essere anche incorsa nella denunciata violazione delle norme di diritto di cui al terzo motivo (è evidente, il refuso, in rubrica, in cui è incorso il redattore del ricorso, che non impedisce di facilmente accertare la riferibilità della dedotta violazione dell’art. 112 c.p.c. e non al decreto sul contenzioso tributario, che non reca un art. 112).

4.3. In proposito va richiamato il costante indirizzo espresso in materia da questa Corte, secondo cui l’ambito di cognizione attribuito alla giurisdizione tributario non è limitato al solo annullamento conseguente all’esito favorevole dell’impugnazione dell’atto ritenuto illegittimo, atteggiandosi il giudizio tributario come giudizio di impugnazione – merito (cfr., tra le molte, più di recente, Cass. sez. 5, 30 ottobre 2018, n. 27574; Cass. sez. 5, 19 novembre 2014, n. 24611), dovendo pertanto il giudice tributario procedere nel contempo alla determinazione e quantificazione della pretesa erariale e del relativo debito.

5. Resta assorbito, per effetto dell’accoglimento del primo, il secondo motivo di ricorso.

6. Il ricorso va pertanto accolto in relazione al primo ed al terzo motivo di ricorso, con conseguente cassazione dell’impugnata sentenza e rinvio per nuovo esame della causa alla Commissione tributaria regionale della Campania – sezione staccata di Salerno – in diversa composizione, che provvederà anche in ordine anche alle spese del giudizio di legittimità.

PQM

Accoglie il ricorso in relazione al primo ed al terzo motivo, assorbito il secondo.

Cassa la sentenza impugnata in relazione ai motivi accolti e rinvia alla Commissione regionale della Campania – sezione staccata di Salerno – in diversa composizione, cui demanda anche di provvedere sulle spese del giudizio di legittimità.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 12 febbraio 2021.

Depositato in Cancelleria il 19 maggio 2021

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