Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 13426 del 18/05/2021

Cassazione civile sez. VI, 18/05/2021, (ud. 23/03/2021, dep. 18/05/2021), n.13426

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE T

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. MOCCI Mauro – Presidente –

Dott. ESPOSITO Antonio Francesco – Consigliere –

Dott. CONTI Roberto Giovanni – Consigliere –

Dott. CAPRIOLI Maura – Consigliere –

Dott. RAGONESI Vittorio – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 17496-2019 proposto da:

COMUNE DI LATINA, in persona del Sindaco pro tempore, elettivamente

domiciliato in ROMA, VIA DEI GRACCHI, N. 128, presso lo studio

dell’Avvocato PAOLO PONTECORVI, rappresentato e difeso dall’Avvocato

FRANCESCO DI LEGINIO;

– ricorrente –

contro

SAF IMMOBILIARE SRL, in persona del legale rappresentante pro

tempore, elettivamente domiciliata presso la cancelleria della CORTE

DI CASSAZIONE, PIAZZA CAVOUR, ROMA, rappresentata e difesa

dall’Avvocato FABIO RIDOLFI;

– controricorrente-

avverso la sentenza n. 8333/18/2018 della COMMISSIONE TRIBUTARIA

REGIONALE DEL LAZIO, depositata il 27/11/2018;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non

partecipata del 23/03/2021 dal Consigliere Relatore Dott. ‘VITTORIO

RAGONESI.

 

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

La Commissione tributaria provinciale di Latina, con sentenza n. 1845/16, sez. 3, rigettava il ricorso proposto dalla SAF Immobiliare srl avverso l’avviso di accertamento n. (OMISSIS) per ICI 2009.

Avverso detta decisione la contribuente proponeva appello innanzi alla CTR Lazio, sez. dist. Latina, che, con sentenza 8333/18/2018, accoglieva l’impugnazione.

Avverso la detta sentenza ha proposto ricorso per Cassazione il Comune di Latina sulla base di un motivo.

La contribuente ha resistito con controricorso.

La causa è stata discussa in camera di consiglio ai sensi dell’art. 380 bis c.p.c..

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

Con l’unico motivo di ricorso il Comune di Latina censura la sentenza impugnata sotto il profilo dell’omessa motivazione, oltre che per violazione della L. n. 296 del 2006, art. 1, comma 161, in relazione al Regolamento ICI del Comune di Latina, art. 9 bis, per avere ritenuto tardiva nel 2015 l’emissione dell’avviso di accertamento ICI per omessa dichiarazione per l’anno 2009.

Invero la rubrica del motivo in esame risulta prospettata sia sotto il profilo della violazione di legge che di quello di omessa motivazione ma in realtà il motivo si incentra molto chiaramente esclusivamente sulla questione di diritto relativa alla tempestività della notifica dell’avviso di accertamento al fine di evitare la decadenza quinquennale.

In ragione di ciò il motivo può ritenersi ammissibile alla luce della giurisprudenza delle Sezioni Unite di questa Corte che hanno chiarito che in materia di ricorso per cassazione, il fatto che un singolo motivo sia articolato in più profili di doglianza, ciascuno dei quali avrebbe potuto essere prospettato come un autonomo motivo, non costituisce, di per sè, ragione d’inammissibilità dell’impugnazione, dovendosi ritenere sufficiente, ai fini dell’ammissibilità del ricorso, che la sua formulazione permetta di cogliere con chiarezza le doglianze prospettate onde consentirne, se necessario, l’esame separato esattamente negli stessi termini in cui lo si sarebbe potuto fare se esse fossero state articolate in motivi diversi, singolarmente numerati.(Cass. SU n. 9100 del 2015 vedi anche Cass. n. 8915 del 2018).

Il motivo è comunque inammissibile.

La sentenza impugnata ha accertato in fatto, e tale affermazione non è contestata con il ricorso, che “il contribuente ha dato prova di aver regolarmente presentato nei termini la dichiarazione ICI per l’anno 2009” dopo di che ha affermato che “la notifica dell’avviso (OMISSIS) è intervenuta, come documento in atti il (OMISSIS), la predetta azione accertativa doveva invece intervenire entro il (OMISSIS) quinto anno successivo alla scadenza del pagamento del tributo non eseguito.”

La sentenza ha dunque fatto decorrere il termine per la notifica dell’avviso di accertamento dal 2009 in ragione del mancato pagamento del tributo e non già in considerazione della data di presentazione della dichiarazione

Tale decisione risulta del tutto conforme a quanto affermato da questa Corte che ha statuito che in tema d’ICI, la L. n. 296 del 2006, art. 1, comma 161, che ha abrogato dal 1 luglio 2007 il D.Lgs. n. 507 del 1993, previgente art. 71, comma 1, e si applica, ai sensi del predetto art. 1, comma 171, anche ai rapporti d’imposta precedenti alla data della sua entrata in vigore (1 gennaio 2007), ha aumentatò da tre a cinque anni il termine di decadenza per l’esercizio del potere di accertamento dell’Amministrazione finanziaria, il quale, nel caso in cui l’occupazione o la detenzione dei locali sia in corso fin dall’inizio del periodo d’imposta e, comunque, prima del 20 gennaio, decorre dall’anno corrente, mentre se tale situazione si sia verificata successivamente opera dal 20 gennaio dell’anno successivo. (Cass. 20797/16).

Tale affermazione è del resto con tutta evidenza aderente al disposto dalla L. 296 del 2006, art. 1, comma 161, che si applica a tutti i tributi di competenza degli enti locali che espressamente stabilisce che “gli avvisi di accertamento in rettifica e d’ufficio devono essere notificati, a pena di decadenza, entro il 31 dicembre del quinto anno successivo a quello in cui la dichiarazione o il versamento sono stati o avrebbero dovuto essere effettuati. Entro gli stessi termini devono essere contestate o irrogate le sanzioni amministrative tributarie, a norma del D.Lgs. 18 dicembre 1997, n. 472, artt. 16 e 17, e successive modificazioni”.

Alla luce di tali disposizioni questa Corte ha già avuto occasione di ritenere maturata, rispetto ad un avviso di accertamento, in cui il tributo avrebbe dovuto essere versato nell’anno 2008, la decadenza al momento della notifica dello stesso al destinatario in data 3 settembre 2014 (vedi Cass. 2 novembre 2018, n. 28043 nonchè Cass. 1173/20).

La dianzi evidenziata ratio decidendi non risulta dunque specificamente censurata dal Comune ricorrente le cui argomentazioni si sono unicamente incentrate sulla data della dichiarazione nonchè sulla sua incompletezza risultando, di conseguenza, inconferenti rispetto alla effettiva ragione della decisione basata invece sull’anno di omesso versamento del tributo.

Il ricorso va dichiarato inammissibile. Segue alla soccombenza la condanna al pagamento delle spese di giudizio liquidate come da dispositivo. Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, si dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente principale, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso principale, a norma dello stesso art. 13, comma 1- bis, se dovuto.

P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso. Condanna il comune ricorrente al pagamento delle spese di giudizio liquidate in Euro 2.300,00 oltre spese forfettarie 15% ed accessori Si dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento da parte del ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso principale.

Così deciso in Roma, il 23 marzo 2021.

Depositato in Cancelleria il 18 maggio 2021

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