Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 11962 del 06/05/2021

Cassazione civile sez. II, 06/05/2021, (ud. 28/01/2021, dep. 06/05/2021), n.11962

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. LOMBARDO Luigi Giovanni – Presidente –

Dott. BELLINI Ubaldo – Consigliere –

Dott. FALASCHI Milena – Consigliere –

Dott. GIANNACCARI Rossana – Consigliere –

Dott. VARRONE Luca – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 26210/2019 proposto da:

L.T., elettivamente domiciliato in Vicenza, Contrà Santo

Stefano n. 15, presso lo studio dell’avv.to MICHELE CAROTTA, che lo

rappresenta e difende;

– ricorrente –

contro

MINISTERO DELL’INTERNO, (OMISSIS), elettivamente domiciliato in ROMA,

VIA DEI PORTOGHESI 12, presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che

lo rappresenta e difende;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 2736/2019 della CORTE D’APPELLO di VENEZIA,

depositata il 01/07/2019;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del

28/01/2021 dal Consigliere Dott. LUCA VARRONE.

 

Fatto

RILEVATO

che:

1. La Corte d’Appello di Venezia, con sentenza pubblicata il 1 luglio 2019, respingeva il ricorso proposto da L.T., cittadino del (OMISSIS), avverso il provvedimento con il quale il Tribunale di Venezia aveva rigettato l’opposizione avverso la decisione della competente Commissione territoriale per il riconoscimento della protezione internazionale che aveva, a sua volta, rigettato la domanda proposta dall’interessato di riconoscimento dello status di rifugiato e di protezione internazionale, escludendo altresì la sussistenza dei presupposti per la protezione complementare (umanitaria).

2. Il richiedente quanto alle ragioni dell’espatrio aveva riferito di aver trasportato del legname tra il Senegal e il Gambia e che il legname gli era stato dato dai ribelli e che era stato scoperto dalla polizia e aveva avuto paura che i ribelli volessero ucciderlo per evitare il pericolo di essere scoperti. Tali dichiarazioni erano state confermate anche dinanzi al Tribunale.

La Corte d’Appello riteneva i motivi di appello inammissibili e manifestamente infondati oltre che del tutto generici ex art. 342 c.p.c..

In ogni caso i fatti non integravano i presupposti per il riconoscimento della protezione internazionale nè con riferimento alla domanda di riconoscimento dello status di rifugiato dato che il pericolo paventato non era attuale e che comunque la vicenda narrata, al di là della sua inattendibilità, non riportava alcuna forma di persecuzione, nè a quella di protezione sussidiaria del D.Lgs. n. 251 del 2007, ex art. 14, lett. a) e b).

Del pari, doveva essere rigettata la domanda di protezione sussidiaria del D.Lgs. n. 251 del 2007, ex art. 14, lett. c). Dalle fonti internazionali, infatti, emergeva che il Gambia era un paese nel quale non sussisteva alcun conflitto armato nel senso richiesto ai fini della suddetta protezione.

Infine, quanto alla richiesta concessione del permesso di soggiorno per motivi umanitari la Corte d’Appello evidenziava che non vi erano i presupposti per il suo accoglimento non avendo questi raggiunto un adeguato livello di integrazione sociale e non potendosi ravvisare un miglioramento nelle condizioni di vita in una valutazione comparativa con il paese d’origine. Inoltre, il suo racconto non era stato ritenuto credibile.

2. L.T. ha proposto ricorso per cassazione avverso il suddetto decreto sulla base di tre motivi di ricorso.

3. Il Ministero dell’interno si è costituito con controricorso.

Diritto

CONSIDERATO

Che:

1. Il primo motivo di ricorso è così rubricato: Violazione dell’art. 132, comma 2, n. 4 e art. 118 disp. att. c.p.c. – Nullità della sentenza per motivazione apparente/inesistente e nullità del procedimento omesso esame circa un fatto decisivo, il tutto in relazione all’art. 116 c.p.c., D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 3, comma 5 e D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 8, comma 3, per avere la corte d’appello di Venezia violato i canoni legali di valutazione degli elementi istruttori, nonchè per aver omesso l’esame di un fatto decisivo.

La censura attiene alla ritenuta non credibilità del racconto perchè generico e incoerente in violazione dei criteri previsti dal D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 3, comma 5 e del dovere di collaborazione officiosa.

2. Il secondo motivo di ricorso è così rubricato: violazione dell’art. 132 c.p.c., comma 4 e art. 118 disp. att. c.p.c., nonchè nullità della sentenza per motivazione apparente/inesistente e nullità del procedimento nonchè omesso esame circa un fatto decisivo in relazione al D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 14 e D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 32, comma 3, D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 5, comma 6 e D.P.R. n. 394 del 1999, artt. 11 e 29 e D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 8, comma 3 bis, per non avere il collegio valutato la vulnerabilità in relazione alla condizione di vita del ricorrente allegata in giudizio nonchè per omesso esame di un fatto decisivo.

La censura attiene al rigetto della domanda di rilascio di un permesso di soggiorno per motivi umanitari con una motivazione apodittica ed insufficiente che non tiene conto della documentazione versata in atti in relazione alla situazione del Gambia.

3. Il terzo motivo di ricorso è così rubricato: violazione dell’art. 132 c.p.c., comma 4 e art. 118 disp. att. c.p.c., nonchè nullità della sentenza per motivazione apparente/inesistente e nullità del procedimento difetto di motivazione sostanziale della sentenza impugnata.

La censura attiene alla supposta mancanza di motivazione del provvedimento impugnato in ordine all’effettiva valutazione della vicenda personale del ricorrente e al rigetto della protezione umanitaria e sussidiaria.

4. I tre motivi di ricorso, che stante la loro evidente connessione possono essere trattati congiuntamente, sono inammissibili.

La valutazione in ordine alla credibilità del racconto del richiedente costituisce un apprezzamento di fatto rimesso al giudice del merito, il quale deve valutare se le dichiarazioni siano coerenti e plausibili, del D.Lgs. n. 251 del 2007, ex art. 3, comma 5, lett. c). Tale apprezzamento di fatto è censurabile in cassazione solo ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, come omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti, come mancanza assoluta della motivazione, come motivazione apparente, come motivazione perplessa ed obiettivamente incomprensibile, dovendosi escludere la rilevanza della mera insufficienza di motivazione e l’ammissibilità della prospettazione di una diversa lettura ed interpretazione delle dichiarazioni rilasciate dal richiedente, trattandosi di censura attinente al merito. (Sez. 1, Ord. n. 3340 del 2019).

La Corte d’Appello di Venezia ha effettuato una valutazione complessiva delle risultanze istruttorie, sufficientemente e logicamente argomentata, fondando il proprio convincimento sugli elementi ritenuti più attendibili. Inoltre, con riferimento alle ipotesi di cui al D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 14, lett. a) e b), deve evidenziarsi che il racconto del richiedente non è stato ritenuto credibile e che, in tal caso, non si impone l’esercizio dei poteri officiosi circa l’esposizione a rischio del richiedente in virtù della sua condizione soggettiva. La Corte d’Appello di Venezia ha fatto esplicito riferimento a fonti qualificate dalle quali ha tratto la convinzione che il Gambia non sia una zona rientrante tra quelle di cui al D.Lgs. n. n. 251 del 2007, art. 14, lett. c). Il potere-dovere di cooperazione istruttoria, correlato all’attenuazione del principio dispositivo quanto alla dimostrazione, e non anche all’allegazione, dei fatti rilevanti, è stato dunque correttamente esercitato, benchè la vicenda personale narrata sia stata ritenuta non credibile dai giudici di merito e anche non idonea, quanto ai restanti fatti rappresentati (Cass. n. 14283/2019).

Deve ribadirsi che, in tema di protezione sussidiaria, anche l’accertamento della situazione di “violenza indiscriminata in situazioni di conflitto armato interno o internazionale”, di cui alla norma citata, che sia causa per il richiedente di una sua personale e diretta esposizione al rischio di un danno grave implica un apprezzamento di fatto rimesso al giudice del merito. Il risultato di tale indagine può essere censurato, con motivo di ricorso per cassazione, nei limiti consentiti dal novellato art. 360 c.p.c., n. 5 (Cass. ord. 30105 del 2018).

In ordine al riconoscimento della protezione umanitaria, anche in questo caso il diniego è dipeso dall’accertamento dei fatti da parte del giudice di merito, che ha escluso, con idonea motivazione, alla stregua di quanto considerato nei paragrafi che precedono, l’esistenza di una situazione di integrazione da cui derivare una particolare vulnerabilità in caso di rientro forzoso. Oltretutto il racconto del ricorrente non è stato ritenuto credibile in relazione alle ragioni che hanno dato origine alla partenza e la situazione del paese non è stata ritenuta soggetta ad una violenza indiscriminata.

5. In conclusione il ricorso è rigettato. Le spese seguono la soccombenza e si liquidano come da dispositivo.

6. Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, si dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento da parte del ricorrente di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis, se dovuto.

PQM

La Corte dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di legittimità che liquida in Euro 2000 più spese prenotate a debito;

ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, si dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento da parte del ricorrente principale di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso principale a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis, se dovuto.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Seconda Civile, il 28 gennaio 2021.

Depositato in Cancelleria il 6 maggio 2021

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