Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 9934 del 15/04/2021

Cassazione civile sez. VI, 15/04/2021, (ud. 27/01/2021, dep. 15/04/2021), n.9934

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE L

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. DORONZO Adriana – Presidente –

Dott. ESPOSITO Lucia – Consigliere –

Dott. PONTERIO Carla – Consigliere –

Dott. MARCHESE Gabriella – Consigliere –

Dott. DE FELICE Alfonsina – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 26024-2019 proposto da:

INPS – ISTITUTO NAZIONALE DELLA PREVIDENZA SOCIALE, in persona del

legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliato in

ROMA, VIA CESARE BECCARIA, 29, presso l’AVVOCATURA CENTRALE

DELL’ISTITUTO, rappresentato e difeso dagli avvocati CLEMENTINA

PULLI, PATRIZIA CIACCI, MANUELA MASSA;

– ricorrente –

contro

D.C.R., elettivamente domiciliata in ROMA, VIALE CORTINA

D’AMPEZZO, 217, presso lo studio dell’avvocato IRENE DELLA ROCCA,

che la rappresenta e difende;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 2205/2019 del TRIBUNALE di ROMA, depositata il

06/03/2019;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non

partecipata del 27/01/2021 dal Consigliere Relatore Dott. ALFONSINA

DE FELICE.

 

Fatto

RILEVATO

che:

il Tribunale di Roma in sede di giudizio per accertamento medico preventivo ex art. 445 bis c.p.c., rigettando l’eccezione d’improcedibilità dell’azione formulata dall’Inps per inesistenza della domanda di indennità di accompagnamento da parte di D.C.R., ha affermato che la mancata specificazione mediante “spunta”, dello spazio attestante l’impossibilità della richiedente di deambulare o di compiere gli atti quotidiani della vita, sul certificato medico allegato alla domanda amministrativa è ininfluente ai fini dell’azione diretta al riconoscimento del diritto ad ottenere il beneficio;

la cassazione della sentenza è domandata dall’Inps sulla base di un unico motivo; D.C.R. ha resistito con controricorso;

è stata depositata proposta ai sensi dell’art. 380-bis c.p.c., ritualmente comunicata alle parti unitamente al decreto di fissazione dell’adunanza in camera di consiglio.

Diritto

CONSIDERATO

che:

con l’unico motivo, formulato ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, l’Istituto ricorrente contesta “Violazione e falsa applicazione della L. n. 533 del 1973, art. 7; dell’art. 2697 c.c.; del D.M. 9 Novembre 1990 del Ministro del tesoro (pubblicato in G.U. n. 268 del 16 novembre 1990), artt. 1 e 2, in relazione alla L. n. 18 del 1980; del D.P.R. n. 698 del 1994, art. 1, emanato in attuazione della L. 24 dicembre 1993, n. 537, art. 11; del D.L. n. 78 del 2009, art. 20, conv. in L. n. 102 del 2009 e della Circolare Inps 28 dicembre 2009, n. 131, emanata in esecuzione del D.L. n. 78 del 2009, art. 20, comma 3, conv. in L. n. 102 del 2009”; censura l’affermazione della Corte territoriale secondo cui l’omessa indicazione nel certificato medico allegato alla domanda amministrativa della impossibilità di deambulare o di compiere gli atti quotidiani della vita non costituisce condizione di procedibilità dell’azione ai fini del riconoscimento del diritto alla prestazione;

il motivo è infondato;

la sentenza gravata ha dato corretta attuazione al principio consolidato, affermato da questa Corte, secondo cui in tema di invalidità civile, ai fini della procedibilità del ricorso giudiziale, è sufficiente che la domanda amministrativa consenta di individuare la specifica prestazione richiesta, senza che l’eventuale assenza del certificato medico abbia ad incidere sul riconoscimento del diritto al beneficio con decorrenza dalla presentazione della medesima domanda, ove sussistano gli altri presupposti previsti dalla legge (cfr., per tutte, Cass. n. 14412 e Cass. n. 25804 del 2019);

in definitiva, il ricorso va rigettato;

le spese, come liquidate in dispositivo, seguono la soccombenza;

si dà atto che non sussistono i presupposti per disporre la condanna dell’istituto soccombente a risarcire a D.C.R. il danno per lite temeraria, ai sensi dell’art. 96 c.p.c.;

in considerazione del rigetto del ricorso, sussistono i presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello, ove dovuto, per il ricorso.

PQM

La Corte rigetta il ricorso. Condanna l’Inps al rimborso delle spese del giudizio di legittimità nei confronti della controricorrente, che liquida in Euro 200 per esborsi, Euro 2.000,00 a titolo di compensi professionali, oltre spese generali nella misura forfetaria del 15 per cento e accessori di legge.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, nel testo introdotto dalla L. n. 228 del 2012, art. 1, comma 17, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello, ove dovuto, per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis.

Così deciso in Roma, all’Adunanza camerale, il 13 gennaio 2021.

Depositato in Cancelleria il 15 aprile 2021

 

 

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