Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 9542 del 12/04/2021
Cassazione civile sez. II, 12/04/2021, (ud. 15/12/2020, dep. 12/04/2021), n.9542
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE SECONDA CIVILE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. MANNA Felice – Presidente –
Dott. GORJAN Sergio – Consigliere –
Dott. GRASSO Giuseppe – rel. Consigliere –
Dott. ABETE Luigi – Consigliere –
Dott. DONGIACOMO Giuseppe – Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso 27343/2019 proposto da:
R.E.S., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA DEGLI
OTTAVI, 9, presso lo studio dell’avvocato MASSIMILIANO SCARINGELLA,
che lo rappresenta e difende unitamente all’avvocato FABIO LOSCERBO,
giusta delega in atti;
– ricorrente –
e contro
MINISTERO DELL’INTERNO, in persona del Ministro pro tempore,
elettivamente domiciliato in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12, presso
L’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che lo rappresenta e difende ope
legis;
– resistente –
e contro
COMMISSIONE TERRITORIALE PER IL RICONOSCIMENTO DELLA PROTEZIONE
INTERNAZIONALE DI BOLOGNA;
– intimata –
avverso il decreto di rigetto n. cronol. 3726/2019 del TRIBUNALE di
BOLOGNA, depositato il 17/08/2019;
udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del
15/12/2020 dal Consigliere Dott. GIUSEPPE GRASSO.
Fatto
FATTO E DIRITTO
ritenuto che la vicenda qui al vaglio può sintetizzarsi nei termini seguenti:
– il Tribunale di Bologna rigettò l’opposizione proposta da R.E.H., avverso la decisione della competente Commissione territoriale per il riconoscimento della protezione internazionale, con la quale era stata disattesa la domanda di protezione avanzata dal medesimo;
– il richiedente dichiara di avere lasciato il Marrocco per motivi economici, di vivere all’estero da sette anni e di avere in Patria fratelli, moglie e figli;
– il Tribunale, dopo aver affermato la mancanza dei presupposti per riconoscere il diritto a una delle forme di protezione maggiore, ha escluso, del pari, la sussistenza di quelli per il riconoscimento del diritto alla protezione umanitaria, poichè, fatta la comparazione aveva escluso potersi ipotizzare situazione di soggettiva vulnerabilità, anche sotto il profilo della dedotta integrazione, stante che il richiedente in Italia svolgeva solo lavori a breve temine, percependo redditi insufficienti ad assicurargli una vita libera e dignitosa, nel mentre in Patria manteneva integra la rete degli affetti familiari;
ritenuto che quest’ultimo ricorre sulla base di cinque motivi avverso la statuizione di cui sopra e che il Ministero dell’Interno ha depositato un mero atto costitutivo tardivo;
considerato che tutti i motivi, con i quali si denunzia violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 3, comma 5, artt. 11,17, nonchè “vizio di motivazione”, “omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione”, per essere state negate tutte le forme di protezione internazionale, non superano il vaglio d’ammissibilità per difetto assoluto di pertinenza censuratoria, non attingendo specificamente la “rati decidendi”, invero:
a) il Tribunale ha disatteso l’opposizione evidenziando la non prospettata situazione di persecuzione individuale, l’assenza, tenuto conto delle COI consultate, di una situazione di violenza diffusa e incontrollata in Marrocco, l’assenza di soggettiva vulnerabilità, anche sotto il profilo, come si è detto, di una qualificata integrazione in Italia a fronte dell’assenza di rischio che al rientro in Patria il richiedente potesse subire rilevanti limitazioni al godimento dei diritti umani fondamentali;
b) per contro tutti i motivi del ricorso risultano scollati dalla “ratio decidendi” sopra sintetizzata, in quanto il ricorrente lamenta il mancato vaglio d’attendibilità (primo motivo), il giudizio di genericità delle dichiarazioni (secondo, terzo e quarto motivo), assenza di riferimento al caso concreto e mancata valorizzazione della legislazione della Regione Emilia Romagna a riguardo della categoria dei soggetti svantaggiati;
considerato che, di conseguenza, siccome affermato dalle S.U. (sent. n. 7155, 21/3/2017, Rv. 643549), lo scrutinio ex art. 360-bis c.p.c., n. 1, da svolgersi relativamente ad ogni singolo motivo e con riferimento al momento della decisione, impone, come si desume in modo univoco dalla lettera della legge, una declaratoria d’inammissibilità, che può rilevare ai fini dell’art. 334 c.p.c., comma 2, sebbene sia fondata, alla stregua dell’art. 348-bis c.p.c. e dell’art. 606 c.p.p., su ragioni di merito, atteso che la funzione di filtro della disposizione consiste nell’esonerare la Suprema Corte dall’esprimere compiutamente la sua adesione al persistente orientamento di legittimità, così consentendo una più rapida delibazione dei ricorsi “inconsistenti”;
considerato che non occorre regolare il capo delle spese non avendo il Ministero svolto difese in questa sede;
considerato che sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1-quater (inserito dalla L. n. 228 del 2012, art. 1, comma 17) applicabile ratione temporis (essendo stato il ricorso proposto successivamente al 30 gennaio 2013), si dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento da parte del ricorrente di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso principale, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis, se dovuto;
che di recente questa Corte a Sezioni Unite, dopo avere affermato la natura tributaria del debito gravante sulla parte in ordine al pagamento del cd. doppio contributo, ha, altresì chiarito che la competenza a provvedere sulla revoca del provvedimento di ammissione al patrocinio a spese dello Stato in relazione al giudizio di cassazione spetta al giudice del rinvio ovvero – per le ipotesi di definizione del giudizio diverse dalla cassazione con rinvio (come in questo caso) – al giudice che ha pronunciato il provvedimento impugnato; quest’ultimo, ricevuta copia della sentenza della Corte di cassazione ai sensi dell’art. 388 c.p.c., è tenuto a valutare la sussistenza delle condizioni previste dal D.P.R. n. 115 del 2002, art. 136, per la revoca dell’ammissione (S.U. n. 4315, 20/2/2020).
PQM
dichiara il ricorso inammissibile.
Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1-quater (inserito dalla L. n. 228 del 2012, art. 1, comma 17), si dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento da parte del ricorrente di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso principale, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis, se dovuto.
Così deciso in Roma, il 15 dicembre 2020.
Depositato in Cancelleria il 12 aprile 2021