Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 8859 del 31/03/2021
Cassazione civile sez. VI, 31/03/2021, (ud. 26/01/2021, dep. 31/03/2021), n.8859
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE SESTA CIVILE
SOTTOSEZIONE 3
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. AMENDOLA Adelaide – Presidente –
Dott. SCRIMA Antonietta – Consigliere –
Dott. CIRILLO Francesco Maria – Consigliere –
Dott. VALLE Cristiano – Consigliere –
Dott. CRICENTI Giuseppe – rel. Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso 9240-2019 proposto da:
V.A., elettivamente domiciliato presso la cancelleria della
CORTE DI CASSAZIONE, PIAZZA CAVOUR, ROMA, rappresentato e difeso
dall’Avvocato INNOCENZO MEGALI;
– ricorrente –
contro
R.G.;
– intimato –
avverso la sentenza n. 53/2019 della CORTE D’APPELLO di VENEZIA
depositata il 10/01/2019;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non
partecipata del 26/01/2021 dal Consigliere Relatore Dott. GIUSEPPE
CRICENTI.
Fatto
RITENUTO
che:
Il ricorrente V.A., commercialista, è stato citato in giudizio da un suo cliente per una responsabilità professionale.
Il Tribunale ha accolto la domanda ed ha condannato il ricorrente al pagamento, in favore del cliente R.G., della somma di 10791,39 Euro, con una sentenza che il V. ha impugnato in appello. Nella pendenza del giudizio di secondo grado, stante la provvisoria esecutività della decisione del Tribunale, il R. ha iniziato una procedura esecutiva per il pagamento della somma oggetto di condanna, ottenendo alla fine ordinanza di assegnazione.
Preso atto di tale avvenuta esecuzione, il ricorrente ha rinunciato ai motivi di appello, in un primo momento, con la precisazione delle conclusioni, ed in seguito, con la comparsa conclusionale, ed ha chiesto che venisse dichiarata la cessazione della materia del contendere, dichiarando espressamente di non avere più interesse ad agire.
La corte di appello ha comunque pronunciato nel merito rigettando l’impugnazione.
Propone ricorso il V. con un solo motivo. Non v’è costituzione del R..
Diritto
CONSIDERATO
che:
p..- Con l’unico motivo di ricorso V.A. denuncia violazione dell’art. 112 c.p.c., e dunque omessa pronuncia sulla domanda rivolta a dichiarare cessata la materia del contendere.
Il motivo è fondato.
L’appellante, al momento della precisazione delle conclusioni, e poi con comparsa conclusionale, ha chiesto dichiararsi cessata la materia del contendere, con ciò rinunciando implicitamente alla domanda. Infatti, “la rinuncia all’azione non richiede formule sacramentali, può essere anche tacita e va riconosciuta quando vi sia incompatibilità assoluta tra il comportamento dell’attore e la volontà di proseguire nella domanda proposta. Essa presuppone il riconoscimento dell’infondatezza dell’azione, accompagnato dalla dichiarazione di non voler insistere nella medesima. Solo a queste condizioni la rinuncia all’azione determina, indipendentemente dall’accettazione della controparte, l’estinzione dell’azione e la cessazione della materia del contendere. Deve, viceversa, essere dichiarata, anche d’ufficio, cessata la materia del contendere in ogni caso in cui risulti acquisito agli atti del giudizio che non sussiste più contestazione tra le parti sul diritto sostanziale dedotto e che conseguentemente non vi è più la necessità di affermare la volontà della legge nel caso concreto” (Cass. n. 19845/2019).
Nel caso presente, il ricorrente aveva espressamente richiesto che si dichiarasse cessata la materia del contendere, con ciò lasciando intendere che non v’era più contestazione sul diritto sostanziale.
La corte di appello, pronunciando nel merito, ha invece deciso oltre questa richiesta ossia in modo non conforme alla domanda di parte.
Il ricorso va dunque accolto, con la precisazione che l’appello è inammissibile per carenza di interesse sopravvenuta.
Spese di appello compensate per metà, in ragione dell’esito del giudizio con condanna del ricorrente al pagamento del residuo di Euro 1300,00 oltre spese generali, compensate quelle di legittimità in ragione del peculiare esito procedimentale.
P.Q.M.
La corte accoglie il ricorso. Cassa la sentenza impugnata e, decidendo nel merito, dichiara l’appello inammissibile, per sopravvenuta carenza di interesse. Compensa per metà le spese del giudizio di secondo grado, ivi liquidate in complessive 2600,00 Euro, oltre spese generali, con conseguente condanna del ricorrente al pagamento dell’altra metà in Euro 1300,00 oltre spese generali e compensa quelle della fase di legittimità.
Così deciso in Roma, il 26 gennaio 2021.
Depositato in Cancelleria il 31 marzo 2021