Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 8178 del 24/03/2021

Cassazione civile sez. trib., 24/03/2021, (ud. 24/09/2020, dep. 24/03/2021), n.8178

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CRUCITTI Roberta – Presidente –

Dott. CONDELLO Pasqualina Anna Piera – Consigliere –

Dott. GUIDA Riccardo – Consigliere –

Dott. FEDERICI Francesco – Consigliere –

Dott. D’ORAZIO Luigi – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso iscritto al n. 19091/2013 R.G. proposto da:

Agenzia delle Entrate, in persona del legale rappresentante pro

tempore, rappresentata e difesa dall’Avvocatura Generale dello

Stato, domiciliata in Roma, Via dei Portoghesi n. 12;

– ricorrente –

contro

Sirte s.r.l., in persona del legale rappresentante pro tempore,

rappresentata e difesa dall’Avv. Alessandra Stasi, come da mandato a

margine del controricorso, elettivamente domiciliata in Roma, presso

lo studio dell’Avv. Luigi Marsico, Viale Regina Margherita, n. 262;

– controricorrente –

avverso la sentenza della Commissione tributaria regionale della

Puglia, sezione distaccata di Foggia, n. 115/27/2012, depositata il

4 giugno 2012.

Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 24 settembre

2020 dal Consigliere Luigi D’Orazio.

 

Fatto

RILEVATO

CHE:

1.La Commissione tributaria regionale della Puglia rigettava l’appello principale articolato dalla Agenzia delle entrate ed accoglieva l’appello incidentale della Sirte s.r.l. avverso la sentenza della Commissione tributaria provinciale di Foggia, che aveva accolto parzialmente il ricorso della contribuente in relazione a due dei tre rilievi dell’Ufficio per l’anno 2004. In particolare, l’Agenzia delle entrate aveva ripreso a tassazione tre voci: per la illegittima deduzione di costi non documentati e non inerenti per Euro 1.521.462,95, imputati ad inizio 2004 ed interamente dedotti in quell’anno, mentre la società, in realtà, avrebbe svolto solo attività di “intermediazione” tra i promissari acquirenti degli immobili e la promittente venditrice (società Comercoop); per illegittima deduzione di costi per Euro 227.245,83, relativi ad un deposito cauzionale fruttifero rilasciato dalla Luna s.r.l., società che aveva effettuato in concreto i lavori, in quanto aventi esclusiva natura finanziaria; illegittima deduzione di costi per Euro 65.000,00, in quanto non documentati e non inerenti, non svolgendo la società che aveva emesso la fattura attività edilizia. Il giudice di appello, quindi, riteneva deducibili ed inerenti i costi relativi ai tre rilievi, evidenziando che l’attività svolta dalla contribuente era imprenditoriale e non di mera rappresentanza, non vertendosi in tema di abuso del diritto; che era irragionevole non considerare i costi, ma solo i ricavi, ritenendoli provento di attività esclusivamente finanziaria e non imprenditoriale; aggiungeva che il mancato ricorso al finanziamento bancario, con utilizzo delle caparre corrisposte in anticipo dai promissari acquirenti, costituiva esplicazione della libera iniziativa economica imprenditoriale, caratterizzata dal rischio di impresa; il contratto stipulato per persona da denominare, poi, si era perfezionato già nel 1998, prima della dichiarazione di nomina del 2004, al momento della vendita definitiva degli immobili; esisteva un rapporto con la società Luna s.r.l., esecutrice dei lavori, sicchè era inerente il costo per interessi sul deposito cauzionale fruttifero dalla società Luna rilasciato; il costo per l’attività svolta dalla cooperativa Leadercoop era interamente deducibile, in quanto pagato su fattura emessa in data 30-11-2004.

2.Avverso tale sentenza propone ricorso per cassazione l’Agenzia delle entrate.

3.Resiste con controricorso la società.

Diritto

CONSIDERATO

CHE:

1.Con un unico motivo di impugnazione, articolato in tre diversi rilievi, l’Agenzia delle entrate deduce la “violazione e falsa applicazione dell’art. 109 del Tuir e dell’art. 2697 c.c. – in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3”, in quanto (primo rilievo) il giudice di appello ha errato nel ritenere che i costi erano riconducibili ad una attività di impresa, mentre era solo una attività di intermediazione finanziaria, “priva di risvolti aventi natura economica” e “strumentalmente ed artificiosamente” imputati a conto economico. Quanto al secondo rilievo, il deposito cauzionale è anch’esso riconducibili ad una attività di intermediazione finanziaria. Il costo per Euro 65.000 (terzo rilievo), poi, non è documentato ed è relativo ad una prestazione resa da un soggetto non esercente attività edilizia, ma operante nel settore della pulizia. Con la sua condotta la contribuente aveva avuto un risparmio di imposta. Nel bilancio, poi, la contribuente non avrebbe potuto indicare i costi, ma solo i ricavi perchè derivanti da attività non di impresa, ma di mera intermediazione finanziaria. I costi erano, peraltro, privi dei requisiti di inerenza e competenza. La decisione è, inoltre, prima di motivazione.

1.1.Il motivo, articolato in tre diversi rilievi, è fondato solo in relazione al terzo rilievo.

1.2.Invero, risulta pacificamente dagli atti e dalle difese delle parti, che la contribuente nel 1998 ha stipulato un contratto preliminare con la Comercoop, società che aveva acquisito l’intervento edificatorio, o meglio gli edifici (dieci) contenenti gli alloggi in corso di realizzazione, ai sensi dell’art. 1472 c.c., al prezzo di lire 19.721.000.000. In precedenza l’accordo era stato raggiunto tra la Polias s.c.r.l. (promissaria acquirente) e, appunto, la Comercoop (promittente venditrice). La Sirte s.r.l., quindi, era subentrata il 18-6-1998 quale promissaria acquirente dell’attività edificatoria alla Polias, pagando in favore della stessa la somma di lire 2.670.000.000. Il contratto originario era stato stipulato per persona da denominare. Inoltre, la Sirte aveva stipulato i contratti preliminari direttamente con gli acquirenti degli alloggi, acquisendo in anticipo i pagamenti, attraverso caparre confirmatorie. Successivamente, in data 15-12-1998, la Sirte aveva affidato la realizzazione dei lavori alla Luna s.r.l., per un corrispettivo di lire 16.000.000.000, la quale aveva rilasciato un deposito cauzionale fruttifero di lire 1.700.000,00. Il contratto definitivo era stato stipulato il 15-6-2001.

La società, fino all’anno 2003, aveva indicato nell’attivo dello stato patrimoniale le somme incassate dai promissari acquirenti e nel passivo dello stato patrimoniale erano stati indicati i pagamenti effettuati nei confronti della promittente venditrice Comercoop a titolo di caparra confirmatoria, senza alcuna appostazione delle voci nel conto economico.

Inizialmente, dopo il preliminare del 1998, la società aveva indicato “le grandezze di bilancio sottese alla cessione degli alloggi per Euro 1.521.463,39”, come “esistenze iniziali di prodotti in lavorazione”, ma non in conto economico, trattandosi solo di movimentazioni finanziarie.

Negli anni 2004 e 2005, dopo l’ultimazione dei lavori, la Sirte nominava gli acquirenti degli immobili. In quegli anni, quindi, a differenza degli anni precedenti, sono stati inseriti nel conto economico sia i costi sia i ricavi, con determinazione del reddito di impresa, in base al principio di competenza.

Secondo l’Agenzia delle entrate, però, in realtà, trattandosi di mera attività di intermediazione, ma non di esercizio di impresa, i costi non potevano essere indicati nel conto economico, mentre si doveva tenere conto dei soli ricavi. La società poteva soltanto iscrivere nell’attivo o nel passivo dello stato patrimoniale le movimentazioni di natura finanziaria.

1.3.11 giudice di appello ha ritenuto corretta la appostazione in bilancio, e segnatamente nel conto economico di costi e ricavi solo a partire dal 2004, quindi nel momento in cui la Sirte ha effettuato la dichiarazione di nomina dei promissari acquirenti nel contratto per persona da denominare precedentemente stipulato.

Invero, l’art. 92, comma 7 citato dispone che “le rimanenze finali di un esercizio nell’ammontare indicato dal contribuente costituiscono le esistenze iniziali dell’esercizio successivo”.

La rilevazione del magazzino, infatti, consente di rispettare il principio di competenza, in quanto i costi sostenuti per i beni-merce sono posti a confronti solo nel momento in cui si verifica il disinvestimento o ricavo. Trattasi, dunque, di un “costo sospeso”, da cui origina la necessità di “neutralizzare” il costo di acquisto ai fini della formazione del reddito del periodo, fino a quando i beni diventano produttivi di ricavi per effetto della cessione (Cass., sez. 1, 27 dicembre 2013, n. 28667, seppure in relazione alla peculiare fattispecie della individuazione delle soglie di fallibilità, sub specie di “ricavi lordi”, ai sensi dell’art. 1 L.f.).

Le rimanenze finali di un esercizio costituiscono, dunque, le rimanenze iniziali dell’esercizio successivo e le reciproche variazioni concorrono a formare il reddito di esercizio (Cass., sez. 5, 10 febbraio 2017, n. 3567; Cass., sez. 5, 30 luglio 2014, n. 17298; Cass., sez. 5, 12 maggio 2008, n. 11748).

Pertanto, correttamente la società, trattandosi di contratti di durata ultrannuale (vendita di cosa futura), ha inserito i costi (il versamento alla Polias di lire 2.670.000.000, pari ad Euro 1.442.258,68, con aggiunta di ulteriori oneri fino ad Euro 1.521.463,39) nel conto economico a partire dall’anno 2004, quale componente negativa di reddito, quando cioè i costi si sono collegati inscindibilmente ai ricavi ottenuti dalla cessione definitiva degli appartamenti agli acquirenti. Si trattava di costi rimasti in regime di “sospensione” negli esercizi precedenti, quali mere movimentazioni di natura finanziaria, e poi emersi nel conto economico unitamente ai corrispettivi per la cessione definitiva degli appartamenti, in corretta applicazione del D.P.R. n. 917 del 1986, art. 109.

Ragionando diversamente, in presenza di contratti di durata ultrannuale, si sarebbe verificato un effetto distorsivo, per cui in un periodo di imposta vi sarebbero stati solo componenti negativi di reddito ed in altro periodo di imposta solo componenti positivi di reddito.

1.4.La Commissione regionale ha correttamente deciso che l’attività svolta dalla Sirte s.r.l. non era una attività di mera rappresentanza degli interessi dei promissari acquirenti, ma costituiva una vera e propria attività imprenditoriale, sussistendo anche il rischio di impresa. Del resto, non poteva affermarsi che il rischio di impresa avesse come parametro esclusivo la richiesta di finanziamenti bancari, mentre nella specie la contribuente aveva realizzato gli appartamenti utilizzando le somme versate in anticipo dai promissari acquirenti tramite caparre confirmatorie. Con l’avviso l’Agenzia ha inteso sottoporre a tassazione i ricavi della contribuente, senza però tenere conto dei costi sostenuti, reputando che si trattasse solo di una attività finanziaria. Il rischio di impresa, come rilevato dal giudice di appello, colora tutta l’operazione, solo se pensa al fatto che la contribuente ha versato una somma ingente per subentrare nel contratto preliminare originario tra la Polias e la Comercoop ed una somma ancora superiore da versare alla Comercoop per l’acquisto dei 10 fabbricati. Nè si può dimenticare che la contribuente ha affidato l’esecuzione dei lavori ad altra società, la Luna s.r.l., effettuando un altro ingente investimento. Tutte le operazioni attengono sicuramente ad una vera e propria attività imprenditoriale, caratterizzata ai sensi dell’art. 2082 c.c., quindi esercitata professionalmente, con organizzazione, al fine della produzione di beni. E’ sufficiente considerare che l’attività si è protratta per circa 7 anni, dal subentri nell’originario contratto preliminare sino alla dichiarazione di nomina dei promissari acquirenti. Trattasi, peraltro, di attività imprenditoriale di natura “commerciale”, ai sensi dell’art. 2195 c.c., richiamato dal D.P.R. n. 917 del 1986, art. 55 sub specie di attività industriale ex art. 2195 c.c., n. 1, quindi come attività che comporta una trasformazione della materia, anche se gli appartamenti sono stati realizzati dalla Luna s.r.l., su incarico della contribuente. Deve farsi riferimento alla creazione di un risultato economico nuovo tale da caratterizzare come industriale l’attività di impresa (Cass., sez. 5, 22 luglio 2009, n. 17117; Cass., sez. L, 21 marzo 2011, n. 6383).

Peraltro, va anche osservato che, ai fini della dichiarazione di fallimento, l’esercizio in forma organizzata di un’attività di intermediazione finanziaria determina la soggezione alla procedura concorsuale, poichè l’art. 1 l.fall. rimanda alla nozione di imprenditore commerciale di cui all’art. 2195 c.c., che vi annovera, tra gli altri, coloro che esercitano un’attività industriale diretta alla produzione di beni o servizi, un’attività intermediaria nella circolazione di beni (comprese quindi le imprese finanziarie), un’attività bancaria o assicurativa e in genere le “altre attività ausiliarie delle precedenti” (Cass., sez. 1, 12 giugno 2018, n. 15285).

Peraltro, la stipulazione di un contratto per persona da denominare non comporta in alcun modo che si sia in presenza di una attività di mera intermediazione. Infatti, tale tipologia contrattuale si perfeziona già prima della dichiarazione di nomina, non essendovi incertezza sulla esistenza di un contraente (Cass., sez. 2, 30 aprile 2012, n. 6612).

Il contratto per persona da nominare dà luogo, quindi, ad una parziale indeterminatezza soggettiva ovvero ad una fattispecie di contratto a soggetto alternativo, in quanto la nomina del terzo è solo eventuale, rappresentando l’esercizio di una facoltà della parte che tale nomina si è riservata; ne consegue che, in caso di nomina mancata, invalida o intempestiva, il contratto produce i suoi effetti fra i contraenti originari, ai sensi dell’art. 1405 c.c. (Cass., sez., 2, 17 settembre 2019, n. 23125).

2.E’ infondato anche il motivo relativo alla dedotta non deducibilità del costo per interessi sul deposito cauzionale “fruttifero” di lire 1.700.000.000 (secondo rilievo), concesso dalla Luna s.r.l., quale società esecutrice dei lavori, con interessi maturati per Euro 227.245,86, nel periodo 1998-2004, in quanto il giudice di appello ha ritenuto correttamente la sua deducibilità, sia perchè documentato, sia perchè inerente, non potendo sfuggire che la Luna s.r.l. è la società che ha eseguito i lavori di costruzione degli appartamenti poi ceduti ai promissari acquirenti.

La prova della inerenza occorre anche per la detrazione Iva di cui al D.P.R. n. 633 del 1972, art. 19.

Con riferimento all’Iva, infatti, per questa Corte la definizione di inerenza, che si traduce in un giudizio di carattere qualitativo, che prescinde da valutazioni di tipo utilitaristico o quantitativo, è coerente con la disciplina dell’Iva, mentre le uniche divergenze attengono al giudizio di congruità che è irrilevante, per il principio della neutralità fiscale (Cass. Civ., 17 luglio 2018, n. 18904).

3.Va, invece, accolto il terzo rilievo dell’unico motivo, in quanto il giudice di appello si è limitato ad affermare che tale costo è giustificato da una fattura emessa il 30-11-2004 con assegno n. (OMISSIS), ma non vi è menzione dalla sussistenza di un contratto sotteso a tale documentazione, mentre l’attività della società emittente non attiene alla edilizia, ma a lavori di pulizia.

4.La sentenza deve, quindi, essere cassata in relazione al motivo accolto, con rinvio alla Commissione tributaria regionale della Puglia, sezione distaccata di Foggia, in diversa composizione, che provvederà anche sulle spese del giudizio di legittimità.

PQM

Accoglie il ricorso come da motivazione in relazione al terzo rilievo; rigetta i rilievi primo e secondo dell’unico motivo; cassa la sentenza impugnata, in relazione al terzo rilievo, con rinvio alla Commissione tributaria regionale della Puglia, sezione distaccata di Foggia, in diversa composizione, cui demanda di provvedere anche sulle spese del giudizio di legittimità.

Così deciso in Roma, nella Camera di Consiglio, il 24 settembre 2020.

Depositato in Cancelleria il 24 marzo 2021

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