Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 7961 del 22/03/2021
Cassazione civile sez. trib., 22/03/2021, (ud. 13/01/2021, dep. 22/03/2021), n.7961
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE TRIBUTARIA
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. CIRILLO Ettore – Presidente –
Dott. GIUDICEPIETRO Andreina – Consigliere –
Dott. GUIDA Riccardo – Consigliere –
Dott. FRACANZANI Marcello Maria – Consigliere –
Dott. NICASTRO Giuseppe – rel. Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 7355/2014 R.G. proposto da:
C.M., rappresentato e difeso dall’Avv. Giuseppe Pizzonia,
dall’Avv. Giuseppe Russo Corvace e dall’Avv. Giancarlo Zoppini, con
domicilio eletto in Roma, via della Scrofa, n. 57, presso lo studio
di quest’ultimo;
– ricorrente –
contro
Agenzia delle entrate, con sede in Roma, in persona del Direttore pro
tempore, elettivamente domiciliata in Roma, via dei Portoghesi, n.
12, presso l’Avvocatura generale dello Stato, che la rappresenta e
difende;
– intimata –
avverso la sentenza della Commissione tributaria regionale della
Lombardia, n. 119/06/13 depositata l’8 agosto 2013.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 13 gennaio
2021 dal Consigliere Giuseppe Nicastro.
Fatto
RILEVATO
che:
l’Agenzia delle entrate notificò a C.M. un avviso di accertamento, con il quale – tra l’altro e per quanto qui ancora rileva – a seguito di indagini bancarie svolte ai sensi del D.P.R. 29 settembre 1973, n. 600, art. 32, comma 1, n. 7) e del D.P.R. 26 ottobre 1972, n. 633, art. 51, comma 2, n. 7) e sulla base delle presunzioni di cui agli stessi commi, n. 2), rettificò le dichiarazioni dei redditi e IVA presentate dal contribuente per il periodo d’imposta 2001, accertando le conseguenti maggiori IRPEF, Addizionale regionale all’IRPEF, IRAP e IVA, oltre a interessi, e irrogando le correlative sanzioni;
l’avviso di accertamento fu impugnato davanti alla Commissione tributaria provinciale di Milano che accolse il ricorso del contribuente;
avverso tale pronuncia, l’Agenzia delle entrate propose appello alla Commissione tributaria regionale della Lombardia (hinc anche: “CTR”), che, con la sentenza n. 131/01/10 depositata il 28 giugno 2010, lo accolse;
avverso tale sentenza della CTR, C.M. propose ricorso per cassazione e Cass., 03/08/2012, n. 14026, la cassò in relazione ai motivi di ricorso decimo, undicesimo, dodicesimo, tredicesimo e quattordicesimo, rinviando la causa ad altra sezione della medesima CTR;
riassunta la causa da C.M., la CTR “in accoglimento parziale del ricorso del contribuente dichiar(ò) l’illegittimità parziale dell’avviso di accertamento impugnato entro i limiti e nei termini specificati in motivazione”, ritenendo, in particolare, che il contribuente avesse dimostrato l’irrilevanza ai fini impositivi solo di alcune delle movimentazioni bancarie in contestazione;
avverso tale sentenza – depositata in segreteria l’8 agosto 2013 e non notificata – ricorre per cassazione C.M., che affida il proprio ricorso, notificato il 17 marzo 2014, a quattro motivi;
l’Agenzia delle entrate non ha svolto attività difensiva;
antecedentemente all’adunanza camerale, C.M. ha depositato atto di rinuncia al ricorso per cassazione.
Diritto
CONSIDERATO
che:
la rinuncia è stata ritualmente sottoscritta, a norma dell’art. 390 c.p.c., comma 2, dalla parte e dal suo avvocato Giancarlo Zoppini ed è formulata in modo inequivocabile;
attesa l’inapplicabilità a essa dell’art. 306 c.p.c., comma 1, primo periodo, (secondo cui “(i)l processo si estingue per rinuncia agli atti del gudizio quando questa è accettata dalle parti costituite che potrebbero avere interesse alla prosecuzione”), la rinuncia al ricorso per cassazione, per produrre l’effetto dell’estinzione del processo, non richiede l’accettazione della controparte (peraltro, qui non costituita) e, determinando il passaggio in giudicato della sentenza impugnata, comporta il venir meno dell’interesse a contrastare l’impugnazione (Cass., 05/05/2011, n. 9857, 26/02/2015, n. 3791, 28/05/2020, n. 10140);
in assenza di costituzione dell’intimata Agenzia delle entrate non vi era neanche l’onere di notificare o comunicare l’atto di rinuncia (art. 390 c.p.c., comma 3);
dalla mancata costituzione dell’intimata consegue altresì che non occorre provvedere sulle spese del giudizio di cassazione;
con riguardo al cosiddetto raddoppio del contributo unificato, va data continuità al principio secondo cui, “(i)n tema di impugnazioni, il D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, nel testo introdotto dalla L. n. 228 del 2012, art. 1, comma 17, che pone a carico del ricorrente rimasto soccombente l’obbligo di versare un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, non trova applicazione in caso di rinuncia al ricorso per cassazione in quanto tale misura si applica ai soli casi – tipici – del rigetto dell’impugnazione o della sua declaratoria d’inammissibilità o improcedibilità e, trattandosi di misura eccezionale, “lato sensu” sanzionatoria, è di stretta interpretazione e non suscettibile, pertanto, di interpretazione estensiva o analogica” (Cass., 12/11/2015, n. 23175, 18/07/2018, n. 19071).
P.Q.M.
dichiara estinto il processo.
Così deciso in Roma, il 13 gennaio 2021.
Depositato in Cancelleria il 22 marzo 2021