Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 7943 del 22/03/2021

Cassazione civile sez. trib., 22/03/2021, (ud. 04/12/2020, dep. 22/03/2021), n.7943

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. DE MASI Oronzo – Presidente –

Dott. LO SARDO Giuseppe – Consigliere –

Dott. MONDINI Antonio – Consigliere –

Dott. DELL’ORFANO Antonella – rel. Consigliere –

Dott. FILOCAMO Fulvio – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 25562-2015 proposto da:

AGENZIA DELLE ENTRATE, in persona del Direttore pro tempore,

elettivamente domiciliata in ROMA, presso l’AVVOCATURA GENERALE

DELLO STATO, che la rappresenta e difende ope legis;

– ricorrente –

contro

BANCA SELLA HOLDING S.p.A., in persona del legale rappresentante pro

tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, presso lo studio

dell’Avvocato GIUSEPPE PIZZONIA, che la rappresenta e difende

assieme agli Avvocati GIUSEPPE RUSSO CORVACE e CRISTIANO CAUMONT

giusta procura speciale estesa a margine del controricorso

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 359/26/2015 della COMMISSIONE TRIBUTARIA

REGIONALE del PIEMONTE, depositata il 26.3.2015;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non

partecipata del 4/12/2020 dal Consigliere Relatore Dott.ssa

ANTONELLA DELL’ORFANO.

 

Fatto

RILEVATO

CHE:

l’Agenzia delle entrate propone ricorso, affidato a due motivi, per la cassazione della sentenza indicata in epigrafe, con cui la Commissione Tributaria Regionale del Piemonte aveva respinto l’appello erariale avverso la sentenza n. 52/9/2012 della Commissione Tributaria Provinciale di Torino, in accoglimento del ricorso proposto dalla società indicata in epigrafe avverso avviso di accertamento IRAP 2005;

la contribuente resiste con controricorso.

Diritto

CONSIDERATO

CHE:

1.1. la controricorrente ha depositato memoria difensiva, con allegata documentazione sopravvenuta, chiedendo pronunciarsi la cessazione della materia del contendere, a seguito di accordo intervenuto con l’Ufficio finanziario per la definizione del contenzioso in esame, che ha parimenti chiesto dichiararsi l’estinzione del giudizio;

1.2. come precisato dalle Sezioni Unite di questa Corte, nell’ipotesi in cui le parti chiedono pronunciarsi la cessazione della materia del contendere in conseguenza di un accordo tra loro intervenuto, che ha definito per via negoziale la vertenza, non viene meno l’interesse delle parti ad una decisione della vertenza, dato che le parti intendono ottenere una decisione che accerti proprio l’intervenuta definizione, non in via giudiziale, ma in via concordata della lite (cfr. Cass., Sez. U, n. 8980/2018);

1.3. come evidenziato dalla parte controricorrente, nel caso di specie è senza dubbio intervenuta la cessazione della materia del contendere nella prima accezione sopra evidenziata;

1.4. dalla documentazione sopravvenuta, prodotta dalla Banca, si evince con chiarezza che l’Amministrazione ha raggiunto un accordo con quest’ultima per la definizione del contenzioso in esame, sicchè, tenuto conto della specifica materia del contendere sopra descritta, nessun interesse alla decisione risulta persistere in alcuna delle parti (cfr. Cass., nn. 23039/2015,5641/2015 e 16324/2014);

1.5 diversamente da quanto avviene per il processo civile ordinario, nel processo tributario, la cessazione della materia del contendere è espressamente disciplinata dal D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 46 ove è stabilito che “il giudizio si estingue, in tutto o in parte, nei casi di definizione delle pendenze tributarie previsti dalla legge e in ogni altro caso di cessazione della materia del contendere”, con la precisazione che “la cessazione della materia del contendere è dichiarata con decreto del presidente o con sentenza della commissione. Il provvedimento presidenziale è reclamabile a norma dell’art. 28”;

1.6. la stessa disposizione poi precisa che “nei casi di definizione delle pendenze tributarie previsti dalla legge le spese del giudizio estinto restano a carico della parte che le ha anticipate”, mentre negli altri casi di estinzione del giudizio previsti dal D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 46 si deve invece fare ricorso al criterio della soccombenza virtuale, applicato dalla giurisprudenza di legittimità in tutte le ipotesi di cessazione della materia del contendere, come pure si evince dalla sentenza n. 274 del 12 luglio 2005 della Corte costituzionale, nella parte in cui ha dichiarato l’illegittimità costituzionale, per violazione dell’art. 3 Cost., del testo previgente dell’articolo in esame, ove, a seguito della dichiarazione di estinzione del giudizio per cessazione della materia del contendere, precludeva ai giudici tributari di condannare l’Amministrazione virtualmente soccombente;

1.7. per quanto riguarda il giudizio di legittimità, il D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 62, comma 2, stabilisce che “al ricorso per cassazione e al relativo procedimento si applicano le norme dettate dal codice di procedura civile in quanto compatibili con quelle del presente decreto” e numerose sono comunque le pronunce che hanno espressamente applicato il disposto dell’art. 46, comma 1, D.Lgs. cit. ai casi di cessazione della materia del contendere verificatesi in pendenza del giudizio di legittimità (cfr. Cass., nn. 27815/2019, 23377/2019, 18622/2019, 18621/2019, 14634/2019);

1.8. questa Corte ha inoltre più volte evidenziato che, nonostante l’estinzione del giudizio, in tali ipotesi, non può darsi una sopravvivenza della sentenza di merito, in applicazione dell’art. 310 c.p.c., comma 2, comma 2, perchè il sopravvenire di un fatto nuovo, esterno al processo, diretto a far venire meno l’oggetto stesso del giudizio (costituito dalle originarie contrapposte pretese e difese delle parti), da un lato, priva dette parti dell’interesse ad ottenere una – ormai inutile – pronuncia determinativa della regola del rapporto giuridico sostanziale e, dall’altro, rende del tutto privo di funzione pratica il regolamento di un non più attuale assetto di interessi, stabilito dalla pronuncia di merito impugnata – che in caso di ordinaria declaratoria di estinzione del giudizio (cfr. l’art. 338 c.p.c., applicabile anche il giudizio di legittimità) o di inammissibilità sopravvenuta della impugnazione, passerebbe in giudicato;

1.9. secondo tali pronunce dunque, la decisione impugnata deve essere cassata senza rinvio, non potendo riconoscersi l’idoneità al passaggio in giudicato di una regolamentazione del rapporto controverso non più attuale (cfr. Cass., nn. 9753/2017, 17817/2016, 19533/2011; v. anche Cass., Sez. 5, n. 18125/2019);

2. in conclusione deve essere dichiarata l’estinzione del giudizio per cessazione della materia del contendere e conseguentemente deve essere cassata senza rinvio la decisione impugnata;

3. tenuto conto della particolarità della vertenza, oltre che delle ragioni della decisione, le spese di giudizio devono essere compensate tra le parti;

4. il tenore della statuizione adottata esclude l’applicazione del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, che consegue soltanto al rigetto dell’impugnazione nel merito ovvero alla dichiarazione di inammissibilità o improcedibilità del ricorso (cfr. Cass. n. 3542/2017).

P.Q.M.

La Corte dichiara l’estinzione del giudizio per cessazione della materia del contendere e cassa la sentenza impugnata senza rinvio; compensa le spese di lite.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Corte di Cassazione, Sezione Tributaria, il 4 dicembre 2020.

Depositato in Cancelleria il 22 marzo 2021

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