Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 6192 del 05/03/2021

Cassazione civile sez. II, 05/03/2021, (ud. 09/12/2020, dep. 05/03/2021), n.6192

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. DI VIRGILIO Rosa Maria – Presidente –

Dott. CARRATO Aldo – rel. Consigliere –

Dott. FORTUNATO Giuseppe – Consigliere –

Dott. CRISCUOLO Mauro – Consigliere –

Dott. BESSO MARCHEIS Chiara – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso (iscritto al N.R.G. 9369/16) proposto da:

APPLICATORI SOCIETA’ COOPERATIVA, (C.F.: (OMISSIS)), in persona del

legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa, in forza

di procura speciale a margine del ricorso, dagli Avv.ti Paolo

Persello, e Mario Antonio Angelelli, ed elettivamente domiciliata

presso lo studio del secondo, in Roma viale Carso, 123;

– ricorrente principale –

contro

FUTURA S.R.L. (P.I.: (OMISSIS)), in persona del legale rappresentante

pro tempore, rappresentata e difesa, in virtù di procura speciale a

margine del controricorso (contenente ricorso incidentale), dagli

Avv.ti Paolo Scalettaris, e Giuseppe Gigli, ed elettivamente

domiciliata presso lo studio del secondo in Roma, v. G. Pisanelli,

4;

– controricorrente – ricorrente incidentale –

e

Z.R., (C.F.: (OMISSIS)) e P.R., ((OMISSIS)),

rappresentanti e difesi, in virtù di Procura speciale in calce al

controricorso (contenente ricorso incidentale), dall’Avv. Roberto

Zilio, ed elettivamente domiciliati presso lo studio dell’Avv.

Angelo Colucci, in Roma via Italo C. Falbo, 22;

– controricorrenti – ricorrente incidentali –

avverso la sentenza della Corte di appello di Trieste n. 56/2017

depositata il 26 gennaio 2017 (notificata il 31 marzo 2017);

Udita la relazione della causa svolta nell’udienza pubblica del 9

dicembre 2020 dal Consigliere relatore Dott. Aldo Carrato;

udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore

Generale Dott. SGROI Carmelo, che ha concluso per il rigetto dei

primi cinque motivi del ricorso principale e per l’accoglimento del

sesto; per il rigetto dei primi quattro motivi del ricorso

incidentale della Futura s.r.l. e per l’accoglimento del quinto; per

l’accoglimento del ricorso incidentale tempestivo di Z.R. e

P.R. e per l’inammissibilità del ricorso incidentale tardivo

di questi ultimi;

uditi gli Avv.ti Angelelli Mario Antonio, per la ricorrente

principale e Gigli Giuseppe, per la ricorrente incidentale Futura

s.r.l..

 

Fatto

RILEVATO IN FATTO

1. Con atto di citazione dell’ottobre 2001 i sigg. Z.R. e P.R., coniugi in regime di comunione dei beni, convennero in giudizio, dinanzi al Tribunale di Udine, la s.r.l. Futura per ottenerne la condanna – in via alternativa – o al risarcimento dei danni (nella misura di Lire 88.265.000) o alla diretta esecuzione delle opere necessarie al ripristino degli immobili da loro acquistati nonchè al correlato risarcimento dei danni per i disagi subìti (da quantificarsi in Lire 10.000.000), e ciò per effetto delle infiltrazioni di acqua piovana che si erano venute a verificare nell’appartamento, nella cantina e nell’autorimessa (siti nel Condominio (OMISSIS)), che essi attori avevano acquistato dalla citata società convenuta, la quale aveva sempre negato l’esistenza di vizi produttivi di tale forma di danni, che erano, però, rimasti accertati (e ricondotti a gravi difetti costruttivi) a seguito di accertamento tecnico preventivo.

Nell’atto di citazione si rappresentava che, proprio in virtù degli esiti di detto mezzo di istruzione preventiva, essi attori avevano inviato formale denuncia dei vizi in data 25 luglio 2001 alla predetta società, che, tuttavia, era rimasta senza riscontro.

Costituendosi in giudizio la s.r.l. Futura contestava la domanda proposta nei suoi confronti, eccependo anche il superamento dei termini di decadenza e prescrizione, avendo gli attori già in precedenza effettuato due denunce in data (OMISSIS) e in data (OMISSIS), così dimostrando di essere già nel mese di (OMISSIS) a conoscenza della ravvisata serietà e gravità dei vizi lamentati.

In ogni caso la convenuta deduceva che le opere di impermeabilizzazione, al cui difetto di esecuzione erano riconducibili le infiltrazioni in questione, erano state realizzate dalla Cooperativa Applicatori s.r.l., che, pertanto, chiedeva di essere autorizzata a chiamare in causa a titolo di manleva.

Autorizzata l’invocata chiamata in giudizio, la predetta Cooperativa Applicatori s.r.l. si costituiva negando di aver eseguito in modo negligente i lavori di impermeabilizzazione e deducendo di non aver mai ricevuto denunce al riguardo; eccepiva la decadenza della Futura s.r.l. per il mancato esercizio del regresso nei 60 giorni dalla ricezione della denuncia e, in ogni caso, contestava l’infondatezza della domanda sostenendo che i vizi lamentati avrebbero dovuto essere collegati ad omesse manutenzioni di altri appartamenti o a manomissioni ad opera di terzi. In via ulteriormente gradata anch’essa eccepiva la decadenza e la prescrizione dell’azione intentata dagli attori.

2. L’adito Tribunale di Udine, con sentenza n. 162/2006, rigettava la domanda, rilevando la fondatezza dell’eccezione di decadenza e di prescrizione così come formulata dalla Futura s.r.l., in considerazione della già formalizzata pregressa denuncia dei vizi risalente al (OMISSIS) (poi ribadita in quella del (OMISSIS)).

3. Interposto gravame da parte degli attori, la Corte di appello di Trieste, con sentenza n. 471/2009, lo rigettava, confermando la decisione di primo grado, ritenendo, in particolare, che non poteva considerarsi ammissibile in sede di appello la questione – dedotta dagli appellanti – relativa al riconoscimento dei vizi da parte della venditrice dopo la denuncia del (OMISSIS), siccome concretante una vera e propria eccezione, donde la condivisibilità della dichiarata decadenza e prescrizione dell’azione esercitata dai coniugi Z. – P..

4. Avverso la menzionata sentenza di appello proponevano ricorso per cassazione gli originari attori-appellanti e questa Corte, con sentenza della III Sezione civile n. 6263/2012, lo accoglieva, cassando l’impugnata sentenza e rinviando la causa alla Corte di appello di Trieste, in diversa composizione.

Con tale sentenza fu rilevato che i committenti non avevano, in effetti, ritenuto di esercitare nè il diritto alla risoluzione, nè alla riduzione del prezzo, ma si erano determinati ad agire per l’esatto adempimento dell’obbligo di garanzia attraverso l’esecuzione delle opere necessarie all’eliminazione dei vizi, evidenziando, altresì, come fosse emerso che la società costruttrice aveva implicitamente riconosciuto – mediante l’esecuzione di opere finalizzate alla loro eliminazione ad opera di terzi – l’esistenza dei vizi, in un primo tempo ritenuti difetti di impermeabilizzazione, pur eccependo la decadenza e prescrizione dell’azione di garanzia ed avendo – formalmente – contestato l’esistenza dei vizi in questione.

Sulla base di tale ricostruzione, con la citata sentenza di cassazione con rinvio era stato, perciò, enunciato il principio di diritto secondo cui ove l’appaltatore, attivandosi per rimuovere i vizi denunciati dal committente, tenga una condotta che costituisce tacito riconoscimento di quei vizi, essa – senza novare l’originaria obbligazione gravante sull’appaltatore – ha l’effetto di svincolare il diritto alla garanzia del committente dai termini di decadenza e prescrizione di cui all’art. 1667 c.c..

5. Z.R. e P.R. provvedevano alla riassunzione del giudizio in sede di rinvio e, nella costituzione sia della Futura s.r.l. che dell’Applicatori Società Cooperativa, la Corte di appello di Trieste, nella qualità appunto di giudice di rinvio, con sentenza n. 56/2017, così decideva:

– accoglieva parzialmente l’appello proposto dalle parti riassumenti avverso la sentenza di primo grado e, per l’effetto, condannava la Futura s.r.l. al risarcimento dei danni in favore di Z.R. e P.R. nella misura di complessivi Euro 30.100,00;

– condannava, altresì, la stessa Futura s.r.l. al pagamento, dalla data del verificarsi dell’evento dannoso (31 marzo 2001), della rivalutazione monetaria, sulla predetta somma liquidata, secondo gli indici istat sino alla data di pubblicazione della sentenza, nonchè al pagamento degli interessi su tale importo, via via rivalutato, con la medesima decorrenza sino al saldo;

– in accoglimento della specifica domanda, condannava la stessa Futura s.r.l. alla restituzione, sempre in favore dei coniugi Z. – P., della somma di Euro 14.995,35, quale spesa sostenuta per i gradi di giudizio di merito anteriori, oltre interessi dalla data di corresponsione della somma al soddisfo;

– regolava le spese relative al primo e secondo grado di giudizio, condannando, altresì, la Futura s.r.l. e la Società Cooperativa Applicatori, in solido, alla rifusione delle spese del giudizio di cassazione e ponendo solidalmente a carico degli appellanti e della Futura s.r.l. le spese di c.t.u., per effetto del parzialmente accoglimento dell’appello;

– rigettava nel resto il gravame originario dei suddetti coniugi Z. – P.;

– per effetto della domanda di manleva, condannava la Società Cooperativa Applicatori a tener indenne la Futura s.r.l. della somma che la stessa era tenuta a versare per il costo delle opere necessarie all’eliminazione dei denunciati vizi oltre che per i danni riconosciuti e per le spese di lite e di c.t.u.;

– condannava la Società Cooperativa Applicatori alla restituzione, in favore dei coniugi Z. – P., della somma di Euro 4.820,65, quale spesa sostenuta per i gradi di giudizio anteriori, oltre interessi dalla data di corresponsione fino al saldo.

A fondamento dell’adottata sentenza la Corte di rinvio, una volta ritenuto rimasto incontrovertibilmente accertato in fatto il presupposto del riconoscimento implicito dei vizi da parte della società costruttrice-venditrice Futura s.r.l. con riguardo ai difetti di impermeabilizzazione relativi all’appartamento acquistato dai coniugi Z. – P., ed applicando il principio di diritto affermato nella citata sentenza della Cassazione n. 6362/2012 (con la conseguente ritenuta tempestività dell’azione esercitata avuto riguardo all’operatività dell’ordinario termine di prescrizione decennale), riteneva parzialmente fondato l’appello già proposto dai predetti coniugi sulla base delle emergenze della disposta c.t.u., con la conseguente condanna della Futura s.r.l. al risarcimento dei danni nella indicata misura, dichiarando che la Società Cooperativa Applicatori avrebbe dovuto tenerla indenne, per effetto della formulata domanda di manleva, per la somma che la stessa era tenuta a versare per il costo delle opere necessarie all’eliminazione dei denunciati vizi oltre che per i danni riconosciuti e per le spese di lite e di c.t.u..

6. La citata sentenza emessa in sede di rinvio è stata impugnata in cassazione dalla Applicatori Società Cooperativa, con ricorso affidato a sei motivi.

Hanno resistito sia i coniugi Z. – P. che la Futura s.r.l. con distinti controricorsi, a loro volta contenenti ricorsi incidentali, riferito a cinque motivi quello della Futura s.r.l. e ad un unico motivo quello di Z.R. e P.R..

Questi ultimi hanno anche formulato controricorso al ricorso incidentale avanzato dalla Futura s.r.l. (congiuntamente a ricorso incidentale tardivo basato su un motivo), la quale, a sua volta, ha proposto controricorso al ricorso incidentale dei coniugi Z. – P..

I difensori della ricorrente principale e della ricorrente incidentale Futura s.r.l. hanno anche depositato memoria ai sensi dell’art. 378 c.p.c..

Diritto

CONSIDERATO IN DIRITTO

RICORSO PRINCIPALE.

1. Con il primo motivo la ricorrente principale ha denunciato – ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3 – la violazione dell’art. 1670 c.c., per avere la Corte triestina erroneamente ritenuto che il riconoscimento dei vizi da parte dell’appaltatrice Futura s.r.l. esimesse quest’ultima dal comunicare ad essa subappaltatrice Applicatori Società Cooperativa la denunzia dei vizi ricevuta dai committenti-acquirenti, entro 60 giorni dal ricevimento ed a pena di decadenza, secondo quanto previsto dal citato art. 1670 c.c..

2. Con la seconda censura la Applicatori Società Cooperativa ha dedotto – in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3 – la violazione e falsa applicazione dello stesso art. 1670 c.c. – che impone la comunicazione al subappaltatore della denunzia dei vizi entro 60 giorni – per avere la Corte di rinvio sostenuto, nell’impugnata sentenza, dopo aver affermato che la comunicazione della denuncia non era necessaria nei suoi riguardi, che aveva avuto rilievo, ai fini dell’impedimento della decadenza, una “informale” comunicazione della denuncia ad essa società quale subappaltatrice, asseritamente, ma comunque tardivamente, intervenuta “nel corso dell’anno 2000”, a fronte di una denunzia dei vizi stessi pervenuta all’appaltatrice con lettera del (OMISSIS), ricevuta il 9 dicembre 1997.

3. Con la terza doglianza la ricorrente principale ha denunciato – con riferimento all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4 – la nullità della sentenza e del procedimento per violazione dell’art. 112 c.p.c., per avere la Corte di appello in sede di rinvio pronunciato rilevando d’ufficio un impedimento alla decadenza dell’appaltatrice dall’azione di regresso ai sensi dell’art. 1670 c.c., senza che la stessa avesse dedotto in giudizio fatti o depositato atti o documenti dai quali potesse emergere l’impedimento della decadenza.

4. Con il quarto motivo la Applicatori Società Cooperativa ha prospettato – ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4 – un ulteriore vizio di nullità della sentenza e del procedimento per violazione dell’art. 101 c.p.c., comma 2, avendo la Corte triestina rilevato illegittimamente d’ufficio l’impedimento della decadenza dell’appaltatrice Futura s.r.l. dall’azione di regresso, senza che quest’ultima avesse mai dedotto tale eccezione e senza che tale questione fosse stata mai sollevata nel corso di alcun grado di giudizio e/o potesse dedursi dagli atti o dai documenti versati in causa, omettendo di assegnare alle parti un termine affinchè potessero dedurre sulla questione.

5. Con la quinta censura la ricorrente principale ha denunciato – ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5 – l’omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio che era stato oggetto di discussione tra le parti con riferimento – per il caso di rilevata infondatezza dei due precedenti motivi – alla (ritenuta) determinante circostanza che la Applicatori Società Cooperativa non aveva eseguito, in alcun tempo, lavori di ripristino dei vizi denunciati dai coniugi Z. – P..

6. Con il sesto ed ultimo motivo la ricorrente principale ha dedotto – ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3 – la violazione e falsa applicazione degli artt. 1218,1219 e 1224 c.c., per essere stata ordinata, nell’impugnata sentenza, la condanna della Futura s.r.l. ed in via di regresso di essa Applicatori Società Cooperativa al pagamento degli interessi legali e della rivalutazione monetaria sull’importo liquidato a titolo di risarcimento del danno (correlato al costo di un ripristino dei vizi ancora da eseguire), con decorrenza dal 31.3.2001, anzichè dalla data di deposito della relazione del c.t.u. (1.12.2015) ovvero della sentenza.

RICORSO INCIDENTALE della FUTURA S.R.L..

1. Con il primo motivo la ricorrente incidentale Futura s.r.l. ha dedotto – ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, nn. 3 e 4 – la violazione dell’art. 384 c.p.c., comma 1, per aver il giudizio di rinvio, con l’impugnata sentenza, omesso di esaminare, pur dovendosi applicare il principio di diritto enunciato nella sentenza n. 6362/2012 della Corte di cassazione, le questioni relative ai fatti concernenti la prescrizione del diritto degli attori e la decadenza dei medesimi dall’azione nei confronti di essa Futura s.r.l.. In altri termini, la Corte di rinvio avrebbe dovuto prendere in considerazione ed assumere posizione sulla questione dell’affermata esecuzione di opere di riparazione da parte di essa Futura s.r.l. per verificare se vi fosse stata o meno esecuzione di opere di tale natura da parte della medesima, da valutarsi sulla scorta del citato principio di diritto.

2. Con la seconda censura la ricorrente incidentale in discorso ha denunciato in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3 – la violazione e falsa applicazione dell’art. 115 c.p.c., per avere la Corte di rinvio ritenuto che, in ogni caso, l’eccezione di decadenza e di prescrizione dell’azione dei coniugi Z. – P. – pur a fronte di apposite contestazioni – si sarebbe dovuta considerare infondata in ragione dell’esecuzione da parte di essa Futura s.r.l. di opere dirette all’eliminazione dei vizi, per effetto di mancata contestazione da parte della stessa appaltatrice, con conseguente applicabilità del citato art. 115 c.p.c..

3. Con il suo terzo motivo la ricorrente incidentale Futura s.r.l. ha prospettato avuto riguardo all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3 – la violazione dell’art. 1669 c.c., per le conseguenze che la sentenza impugnata aveva fatto derivare dall’asserita esecuzione da parte di essa appaltatrice di opere dirette all’eliminazione dei pretesi vizi, non risultando coerenti e congrue – nemmeno sul piano astratto – con il principio affermato nella sentenza di cassazione con rinvio.

4. Con la quarta doglianza la ricorrente incidentale in discorso ha dedotto un ulteriore violazione (pur se formalmente evocando l’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5) dell’art. 1669 c.c., con riferimento alla parte in cui, nell’impugnata sentenza, erano stati individuati come danni, al cui risarcimento essa era stata condannata, oltre quelli riconducibili ai deterioramenti che si sarebbero verificati nell’immobile di proprietà Z. – P., anche quelli ricollegabili agli interventi che avrebbero dovuto essere effettuati nella proprietà altrui per eliminare la produzione di infiltrazione nella proprietà dei predetti coniugi.

5. Con il quinto ed ultimo motivo la ricorrente incidentale Futura s.r.l. ha denunciato – ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3 – la violazione degli artt. 1218,1219 e 1124 c.c., per avere la Corte di rinvio riconosciuto gli interessi e la rivalutazione della somma liquidata per i danni calcolandoli a partire dal 2001 laddove gli importi erano stati quantificati dal c.t.u. sulla base di somme riferite al momento dell’espletamento della c.t.u., ovvero al 2015.

RICORSI INCIDENTALI di Z.R. e P.R..

1. Con l’unico motivo di ricorso incidentale tempestivo i coniugi Z. – P. hanno denunciato – ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3 – la violazione degli artt. 91 e 112 c.p.c., per avere la Corte triestina omesso di provvedere sulla regolamentazione delle spese della causa di rinvio pur in presenza di specifica richiesta formulata da essi coniugi nell’atto introduttivo in sede di riassunzione, dovendo, peraltro, essere regolate d’ufficio.

2. Con il controricorso al ricorso incidentale della Futura s.r.l. gli stessi coniugi Z. – P. hanno proposto un ulteriore motivo di ricorso incidentale tardivo per asserita violazione dell’art. 112 c.p.c., ricondotta all’omessa pronuncia sulla domanda di condanna – pure ritualmente avanzata – al risarcimento di ulteriori danni anche per i disagi subiti.

3. Rileva, in primo luogo, il collegio che, con la memoria ex art. 378 c.p.c., la ricorrente principale ha eccepito l’inammissibilità del controricorso, contenente ricorso incidentale, della Futura s.r.l. per nullità della procura alle liti, sull’asserito presupposto che essa difetterebbe di specificità, non contenendo il (ritenuto) necessario riferimento all’indicazione della sentenza impugnata.

Detta eccezione è infondata, dovendosi riaffermare in questa sede l’ormai consolidato principio statuito nella giurisprudenza di questa Corte, alla stregua del quale il mandato apposto in calce o a margine del ricorso per cassazione è per sua natura mandato speciale, senza che occorra per la sua validità alcuno specifico riferimento al giudizio in corso ed alla sentenza contro la quale l’impugnazione si rivolge. Infatti, la specialità del mandato è con certezza deducibile, quando dal relativo testo sia dato evincere una positiva volontà del conferente di adire il giudice di legittimità, il che accade nell’ipotesi in cui la procura al difensore forma materialmente corpo con il ricorso o il controricorso al quale essa inerisce, risultando, in tal caso, irrilevante l’uso di formule normalmente adottate per il giudizio di merito e per il conferimento al difensore di poteri per tutti i gradi del procedimento.

In altri termini, in tema di ricorso per cassazione ed in applicazione del principio generale di conservazione degli atti, la procura rilasciata a margine del ricorso o del controricorso, ancorchè con l’impiego di espressioni di significato non univoco o generali e pur in mancanza di uno specifico riferimento al giudizio di legittimità, fa presumere che il mandato “ad litem” sia stato conferito al fine di proporre il ricorso per cassazione avverso la sentenza menzionata nel ricorso stesso, risultando, perciò, idonea allo scopo anche la sola dizione dell’attribuzione della delega alla rappresentanza e alla difesa “nel presente giudizio” (come nel caso di specie). Il limite all’applicazione di questo modello interpretativo, e alla conseguente operatività di detta presunzione, si ha allorchè il mandato si caratterizzi per la presenza di espressioni che univocamente e con certezza conducano ad escludere che la parte abbia inteso rilasciare procura per proporre il ricorso per cassazione (eventualità questa che non si è verificata nella fattispecie qui in esame).

ESAME DEI MOTIVI.

Primo motivo del ricorso incidentale della Futura s.r.l..

1. Il collegio rileva che, sul piano della preliminarità logico-giuridica, debba essere esaminato innanzitutto il primo motivo del ricorso incidentale della controricorrente Futura s.r.l.. Ciò perchè esso attiene alla contestazione del principio affermato nella sentenza della Cassazione (con rinvio) n. 6263/2012, deducendosi la violazione dell’art. 384 c.p.c., sul presupposto che – in conseguenza dell’applicazione di detto principio – il giudice di rinvio non avrebbe potuto immutare i fatti attinenti al contestato riconoscimento dei vizi dell’immobile di proprietà dei coniugi Z. – P. per la cui costruzione le era stato dagli stessi commissionato l’appalto.

1.1. Il motivo è infondato e deve, quindi, essere rigettato.

Non può, infatti, ritenersi sussistente la denunciata violazione dell’art. 384 c.p.c., dal momento che, con le due precedenti sentenze di merito (ivi compresa quella di appello oggetto di cassazione con rinvio), era rimasto accertato in fatto che la società appaltatrice aveva riconosciuto, ancorchè per “facta concludentia”, i vizi delle opere appaltate, e malgrado ciò con esse erano state respinte le domande dei committenti per la rilevata operatività della decadenza e della prescrizione del diritto esercitato con le domande medesime.

Perciò, questa Corte, con la citata sentenza n. 6263/2012, ha statuito in punto di diritto, che a fronte dell’accertamento in fatto del suddetto riconoscimento dei vizi, avrebbe dovuto operare la prescrizione decennale. In altri termini, il principio enunciato nell’appena richiamata decisione di legittimità è consistito nell’affermazione secondo cui, in tema di appalto, l’impegno dell’appaltatore ad eliminare i vizi della cosa o dell’opera costituisce, alla stregua dei principi generali non dipendenti dalla natura del singolo contratto, fonte di un’autonoma obbligazione di “facere”, la quale si affianca all’originaria obbligazione di garanzia, senza estinguerla, a meno di uno specifico accordo novativo, con la conseguenza che tale obbligazione è soggetta non già ai termini di prescrizione e decadenza stabiliti per quella di garanzia, ma all’ordinario termine di prescrizione decennale fissato per l’inadempimento contrattuale. E ciò sul presupposto che il riconoscimento dei vizi – che rende superflua la denunzia dei vizi stessi o la comunicazione della denunzia entro i prescritti termini – non è soggetto a una forma determinata e può esprimersi attraverso qualsiasi manifestazione, purchè univoca e convincente, senza alcuna necessità che ad esso si accompagni l’ammissione di una responsabilità o l’assunzione di obblighi.

Pertanto, come correttamente rilevato nella sentenza qui impugnata, conformatasi al principio di diritto enunciato nella sentenza di legittimità sulla scorta dell’evidenziato accertamento di fatto, ha legittimamente ritenuto che l’azione dei Z. – P. avrebbe dovuto ritenersi tempestivamente proposta nel termine di prescrizione decennale, confermando che il rilevato accertamento di fatto presupposto era stato già compiuto nella sentenza annullata (riconfermandone le ragioni), senza, quindi, poter essere più posto in discussione.

In tal senso la giurisprudenza di questa Corte (cfr. Cass. n. 17790/2014 e, tra le più recenti, Cass. n. 27337/2019 e Cass. n. 448/2020) ha fissato il principio per cui, allorquando la sentenza di annullamento adottata in sede di legittimità abbia accolto il ricorso per violazione o falsa applicazione di norme di diritto, il giudice di rinvio è tenuto soltanto ad uniformarsi, ai sensi dell’art. 384 c.p.c., comma 1, al principio di diritto enunciato dalla sentenza di cassazione, senza possibilità di modificare l’accertamento e la valutazione dei fatti ormai da ritenersi già acquisiti al processo.

Motivi del ricorso principale della Applicatori Società Cooperativa.

1. I primi due motivi possono essere esaminati congiuntamente siccome all’evidenza connessi, riguardando la stessa questione giuridica.

Essi sono fondati e vanno, quindi, accolti per le ragioni che seguono.

La complessiva questione di diritto involta da questi due motivi può così riassumersi: ove sia sopravvenuto il riconoscimento dei vizi – sia pure in forma tacita (circostanza qui ormai da ritenersi definitivamente accertata in fatto) da parte dell’appaltatore, tale condotta può esimere lo stesso dal provvedere, in relazione all’art. 1670 c.c., alla comunicazione della denuncia entro il termine di 60 giorni al subappaltatore, conservando così ugualmente il diritto ad esercitare il regresso nei suoi confronti a seguito del positivo esperimento dell’azione di garanzia da parte del committente? E in caso di ritenuta necessità dell’assolvimento di tale obbligo da parte dell’appaltatore, che ha riconosciuto i vizi, in quale forma deve essere operata la denuncia prevista dal citato art. 1670 c.c..

Ad avviso del collegio deve affermarsi che, ai fini dell’ammissibilità dell’esercizio dell’azione di regresso nei confronti della subappaltatrice Applicatori Società Cooperativa, l’appaltatrice Futura s.r.l. avrebbe dovuto comunque provvedere alla tempestiva comunicazione della denuncia delle parti committenti (che le stesse avevano idoneamente indirizzato alla Futura srl già con la lettera del 25.11.1997, pervenuta il 9 dicembre 1997) alla stessa subappaltatrice ai sensi dell’art. 1670 c.c., non potendo sortire alcuna efficacia scriminante il sopravvenuto riconoscimento dei vizi da parte della sola appaltatrice, peraltro verificatosi solo nel 2000 a seguito della richiesta di ATP da parte dei committenti.

La giurisprudenza di questa Corte ha, infatti, già avuto modo condivisibilmente di chiarire che l’appaltatore è tenuto a denunciare tempestivamente al subappaltatore i vizi o le difformità dell’opera a lui contestati dal committente e, prima della formale denuncia di quest’ultimo, non ha interesse ad agire in regresso nei confronti del subappaltatore, atteso che il committente potrebbe accettare l’opera nonostante i vizi palesi, non denunciare mai i vizi occulti oppure denunciarli tardivamente. Si è, quindi, precisato che la denuncia effettuata dal committente direttamente al subappaltatore non è idonea a raggiungere il medesimo scopo di quella effettuata dall’appaltatore ai sensi dell’art. 1670 c.c., dovendo tale comunicazione provenire dall’appaltatore o da suo incaricato e non già “aliunde” come, ad esempio, dal committente-appaltante principale, poichè i rapporti di appalto e di subappalto sono autonomi – donde l’ininfluenza dell’eventuale riconoscimento, anche in forma implicita, dei vizi dell’opera da parte dell’appaltatore – e la detta comunicazione ha natura comunicativa o partecipativa la quale impone, in base agli artt. 1669 e 1670 c.c., che non solo il destinatario, ma anche la fonte della dichiarazione si identifichino con i soggetti sulle cui sfere giuridiche gli effetti legali, impeditivi della decadenza, sono destinati a prodursi (cfr. Cass. n. 24717/2018 e, per opportuni riferimenti, anche la più recente Cass. n. 23071/2020).

Alla stregua di tale principio giuridico – a cui dovrà uniformarsi il giudice di rinvio – è da considerarsi, quindi, errata l’affermazione in diritto compiuta nella sentenza qui impugnata secondo la quale il riconoscimento dei vizi effettuato dalla Futura s.r.l. – pur a fronte della già intervenuta denuncia degli stessi da parte dei coniugi Z. – P. – avrebbe dovuto comportare l’esclusione della indispensabilità della relativa comunicazione della denuncia da parte della medesima Futura s.r.l. (appaltatrice-subappaltante) alla Applicatori Società Cooperativa (subappaltrice) ai sensi dell’art. 1670 c.c..

Peraltro, nell’impugnata sentenza difetta qualsiasi accertamento sulla circostanza che si fosse effettivamente proceduto a detta comunicazione in favore della subappaltatrice, non potendo certamente ritenersi produttiva di effetti a tale scopo la circostanza che la Società cooperativa Applicatori fosse stata, quale mera esecutrice materiale, incaricata (nel corso dell’anno 2000, antecedentemente all’esperimento dell’ATP) dalla Futura s.r.l. a procedere ad appositi interventi riparatori delle opere oggetto di appalto, in mancanza di qualsiasi riconoscimento da parte sua dei vizi precedentemente denunciati alla sola appaltatrice e della circostanza che quest’ultima avesse idoneamente e tempestivamente resa edotta la società Applicatori della pregressa denuncia operata dai committenti.

Del resto, come denunciato dalla ricorrente principale con i primi due motivi, la sentenza appare intrinsecamente contraddittoria, laddove, per un verso, afferma che il riconoscimento dei vizi operato dalla Futura s.r.l. escludeva la necessità della relativa comunicazione ai sensi dell’art. 1670 c.c. e, per altro verso, si sostiene che la società subappaltatrice era stata “sia pure informalmente” (come testualmente si afferma nella sentenza impugnata) resa edotta dall’appaltatrice-subappaltante dell’antecedente denuncia dei vizi da parte dei committenti (che, però, come accertato, era stata fatta sin dal (OMISSIS) e, quindi, quella indirettamente – siccome operata in modo solo informale – sopravvenuta nel 2000 era sicuramente tardiva).

Quest’ultima affermazione è, comunque, erronea, dal momento che, in ogni caso, ai fini dell’assolvimento (legittimante l’esercizio dell’eventuale futura azione di regresso) dell’obbligo previsto dall’art. 1670 c.c., è necessario che l’appaltatore proceda ad una comunicazione formale nei confronti del subappaltatore, che si sostanzi o nella trasmissione della denuncia operata dal committente o, comunque, di altra comunicazione che sia riproduttiva del suo contenuto, non risultando idonea allo scopo qualsiasi altra modalità nè, a maggior ragione, che il subappaltatore sia venuto a conoscenza, in via solo informale, della denuncia dei vizi effettuata dal committente all’appaltatore.

In definitiva, per tutte le argomentazioni svolte, vanno accolte le prime due censure con riferimento ad entrambe le denunciate violazioni di legge.

La ritenuta fondatezza dei primi due motivi proposti dalla Applicatori Società Cooperativa comporta l’assorbimento di tutti i restanti motivi dalla stessa formulati siccome il loro esame è logicamente dipendente dall’applicazione – in sede di rinvio – dei principi giuridici affermati con riferimento alle prime due doglianze.

Altri motivi del ricorso incidentale della Futura s.r.l..

Si può riprendere, a questo punto, l’esame degli altri motivi formulati dalla ricorrente incidentale Futura s.r.l..

1. Il secondo motivo è privo di fondamento perchè non può più venire in rilievo, a seguito dell’ambito delimitato dal “decisum” derivante dalla sentenza di questa Corte di Cassazione con rinvio, n. 6263/2012, alcuna questione attinente al riconoscimento implicito dei vizi da parte della Futura s.r.l., quale ditta costruttrice-appaltatrice, anche con riferimento ai difetti di impermeabilizzazione relativi all’immobile di proprietà Z. – P., posto che tale fatto (quello dell’intervenuto riconoscimento dei vizi) deve – come già posto in risalto – ritenersi accertato in via definitiva (e, quindi, non più contestabile), quale presupposto logico su cui è stata fondata la citata sentenza n. 6263/2012, per effetto della quale qualora l’appaltatore, attivandosi per rimuovere i vizi denunciati dal committente, tenga una condotta che costituisca tacito riconoscimento di quei vizi, viene a prodursi l’effetto di svincolare il diritto alla garanzia del committente dai termini di decadenza e prescrizione di cui all’art. 1667 c.c., con conseguente operatività della prescrizione ordinaria decennale.

Pertanto, l’atteggiamento osservato dai committenti con riguardo alla natura degli interventi prospettati e all’idoneità o meno della loro esecuzione da parte della società appaltatrice non assume più alcuna oggettiva rilevanza al fine della determinazione dei complessivi danni reclamati dai coniugi Z. – P. con l’azione esercitata e che hanno costituito oggetto di apposito accertamento mediante la c.t.u. disposta in sede di giudizio di rinvio.

2. Anche il terzo motivo è destituito di fondamento.

Si osserva che, in effetti, l’impegno dell’appaltatore ad eliminare i vizi denunciati dal committente costituisce tacito riconoscimento degli stessi e non determina una novazione dell’originaria obbligazione gravante sull’appaltatore, costituendo fonte di un’autonoma obbligazione di “facere” che si affianca a quella preesistente legale di garanzia, che, tuttavia, non estingue quella originaria (cfr., ad es., tra le più recenti, Cass. n. 62/2018 e Cass. n. 14815/2018).

E’ pur vero che essa può concernere i soli difetti contestati dal committente, non potendosi estendere ad altri vizi o ad altri problemi che siano sorti (anche successivamente) con riferimento all’oggetto dell’appalto, ma è altrettanto vero, nello specifico, che:

– per un verso, i committenti non si erano limitati a mettere in discussione solo la cattiva esecuzione di quella parte dell’immobile in cui erano stati effettuati gli interventi di impermeabilizzazione subappaltati alla Applicatori Società Cooperativa (riguardanti le terrazze e parte del giardino pensile), ma anche dei lavori riguardanti le altre parti (annesse all’abitazione principale) interessate da fenomeni di infiltrazioni;

– per altro verso, che il comportamento implicante riconoscimento tacito dei vizi non era stato, invero, limitato solo ai predetti difetti oggetto dei lavori subappaltati, involgendo la complessità di tutti quelli riconducibili alle infiltrazioni manifestatesi e, quindi, anche a quelle propagatesi nell’autorimessa, per come ritenuto nell’impugnata sentenza (v. pag. 13), laddove si attesta essere rimasto accertato che il titolare della Futura s.r.l. aveva provveduto a far eseguire dei lavori anche in un giardino di una proprietà contigua proprio al fine di eliminare la causa delle infiltrazioni verificatesi nel garage.

3. Pure il quarto motivo non merita accoglimento e va respinto.

Con esso la citata ricorrente sostiene che, poichè – al fine della delimitazione dell’ambito oggettivo dei danni riferibili alla domanda dei committenti – si sarebbe dovuto considerare che il “petitum” dedotto era relativo solo ai vizi propri dell’immobile acquistato dagli originari attori e, quindi, ai danni che da questi essi avrebbero subito, doveva rimanere estranea alla causa qualsiasi questione attinenti agli interventi da eseguire su proprietà altrui.

Nella fattispecie, quindi, la Futura s.r.l. ha inteso confutare l’impugnata sentenza nella parte in cui ha considerato quali danni complessivamente risarcibili in favore dei committenti non solo quelli riferibili ai costi occorsi per la ritinteggiatura ed il ripristino dell’agibilità interna dell’appartamento degli stessi committenti, ma anche quelli riconducibili a tutti gli interventi (ovvero alla sostituzione dell’impermeabilizzazione, al rifacimento della pavimentazione delle terrazze soprastanti e delle relative fioriere, ecc.) che riguardavano immobili di proprietà di terzi.

La tesi non è condivisibile poichè, dal punto vista eziologico e tenendo conto che l’immobile dei committenti faceva parte di un complesso immobiliare edificato dalla società appaltatrice, gli interventi effettuati nelle proprietà contigue di terzi (consistiti, soprattutto, nell’integrale risanamento della guaina delle terrazze sovrastanti l’appartamento dei coniugi Z. – P. nonchè della vasca fioriera insistente su altra terrazza) si erano resi necessari perchè riconducibili all’accertata esistenza di difetti costruttivi che coinvolgevano, perciò, anche altri appartamenti (e, segnatamente, nel caso di specie, quelli ubicati sopra l’appartamento dei predetti coniugi), la cui rimozione era essenziale per l’eliminazione delle cause delle infiltrazioni diffusesi nell’abitazione dei medesimi coniugi (i cui effetti si erano manifestati attraverso le macchie di umidità e le crepe al suo interno e la cui presenza avevano, quindi, comportato la creazione di un ambiente parzialmente malsano e non del tutto agibile).

La giurisprudenza di questa Corte (cfr., ad es., Cass. n. 4485/2000 e Cass. n. 24301/2006) ha, poi, chiarito in proposito che qualora i vizi di costruzione di un edificio in condominio riguardino soltanto alcuni appartamenti, e non anche le parti comuni, l’azione di risarcimento nei confronti del venditore-costruttore-appaltatore ha natura personale e può essere proposta da qualsiasi titolare del bene oggetto della garanzia, senza necessità che al giudizio partecipino gli altri comproprietari, precisandosi, altresì, che l’azione va proposta esclusivamente dai proprietari delle unità danneggiate, non sussistendo una ipotesi di litisconsorzio necessario nei confronti degli altri condomini, ancorchè possa insorgere, in sede di esecuzione, una interferenza in modo riflesso tra il diritto riconosciuto in sentenza (risarcimento del danno in forma specifica) e i diritti degli altri condomini, nel senso che i danneggiati, per procedere all’esecuzione dei lavori necessari ad eliminare i difetti, dovranno procurarsi il consenso degli altri condomini per il fatto che essi dovranno eseguirsi nella proprietà condominiale, poichè tale condizionamento dell’eseguibilità della pronuncia al consenso dei condomini costituisce soltanto un limite intrinseco alla pronuncia giudiziale, che non cessa comunque di costituire un risultato giuridicamente apprezzabile.

4. E’ fondato, invece, il quinto motivo formulato dalla Futura s.r.l. dal momento che, nell’impugnata sentenza, la Corte triestina ha illegittimamente condannato la menzionata società al pagamento degli interessi legali e della rivalutazione monetaria sull’importo riconosciuto a titolo di risarcimento dei danni, liquidato con riferimento ai costi di un ripristino ancora da eseguirsi, con decorrenza dalla data del verificarsi dell’evento dannoso (31 marzo 2001) anzichè dalla data di deposito della relazione del c.t.u. (1 dicembre 2015), poichè l’ausiliario giudiziario, nella determinazione dei danni complessivi, li aveva già computati nel loro valore all’attualità e solo sulla complessiva somma scaturente avrebbero, poi, potuto essere riconosciuti i successivi interessi legali fino al saldo effettivo.

Motivo del ricorso incidentale tempestivo di Z.R. e P.R..

Il motivo in questione è da dichiarare assorbito poichè riguarda un aspetto accessorio (correlato all’omessa pronuncia sulle spese del giudizio di rinvio definito con la sentenza qui impugnata), che dovrà costituire oggetto di cognizione alla luce delle statuizioni che saranno adottate all’esito del nuovo giudizio di rinvio conseguente alla presente sentenza di annullamento parziale.

Motivo del ricorso incidentale tardivo di Z.R. e P.R..

Il motivo formulato dai predetti Z. – P. in sede di controricorso al ricorso incidentale proposto da Futura s.r.l. ai sensi dell’art. 371 c.p.c., comma 4 (relativo ad un’asserita omessa pronuncia sul riconoscimento di altre voci di danno) è inammissibile sulla base del principio secondo cui nel giudizio di cassazione, avverso il ricorso incidentale ai sensi dell’art. 371 c.p.c., citato comma 4, è prevista solo la proponibilità del controricorso, ma non anche di un ulteriore ricorso incidentale, derivandone diversamente una serie indeterminata di ricorsi incidentali tardivi, in contrasto con il principio per il quale l’impugnazione incidentale è proponibile solo dalle parti contro cui è stata proposta l’impugnazione principale (cfr. Cass. n. 23215/2010 e Cass. n. 15969/2014).

Conclusioni:

In definitiva, alla stregua di tutte le complessive argomentazioni svolte, vanno:

– accolti i primi due motivi del ricorso principale della Applicatori Società Cooperativa, con assorbimento degli altri;

– respinti i primi quattro motivi del ricorso incidentale della Futura s.r.l. ed accolto il quinto:

– dichiarato assorbito il motivo di ricorso incidentale tempestivo avanzato da Z.R. e P.R.;

– dichiarato inammissibile il motivo di ricorso incidentale tardivo formulato dagli stessi Z.R. e P.R..

Da ciò consegue la cassazione dell’impugnata sentenza in relazione ai motivi accolti, con il rinvio della causa alla Corte di appello di Trieste, in diversa composizione, che, oltre ad uniformarsi al principio di diritto enunciato con riferimento alla rilevata fondatezza dei primi due motivi del ricorso principale, provvederà a regolare anche le spese del presente giudizio di legittimità.

PQM

La Corte accoglie i primi due motivi del ricorso principale e dichiara assorbiti gli altri; rigetta i primi quattro motivi del ricorso incidentale proposto da Futura s.r.l. ed accoglie il quinto; dichiara assorbito il motivo di ricorso incidentale tempestivo formulato da Z.R. e P.R. ed inammissibile quello dagli stessi proposto con successivo ricorso incidentale tardivo.

Cassa l’impugnata sentenza in relazione ai motivi accolti e rinvia, anche per le spese del presente giudizio di legittimità, alla Corte di appello di Trieste, in diversa composizione.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Seconda Civile, il 9 dicembre 2020.

Depositato in Cancelleria il 5 marzo 2021

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