Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 5908 del 04/03/2021

Cassazione civile sez. VI, 04/03/2021, (ud. 02/12/2020, dep. 04/03/2021), n.5908

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 1

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. SCALDAFERRI Andrea – Presidente –

Dott. SCOTTI Umberto Luigi Cesare Giuseppe – Consigliere –

Dott. ACIERNO Maria – Consigliere –

Dott. TRICOMI Laura – Consigliere –

Dott. CAIAZZO Rosario – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso n. 10162-2020 proposto da:

S.F., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA CHISIMAIO, 29,

presso lo studio dell’avvocato MARILENA CARDONE, che lo rappresenta

e difende, con procura speciale in atti;

– ricorrente –

contro

MINISTERO DELL’INTERNO, (OMISSIS), in persona del Ministro pro

tempore, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12,

presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che li rappresenta e

difende;

– intimato –

avverso la sentenza n. 2826/2019 della CORTE D’APPELLO di BOLOGNA,

depositata il 11/10/2019;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non

partecipata del 02/12/2020 dal Consigliere relatore, Dott. ROSARIO

CAIAZZO.

 

Fatto

RILEVATO

che:

Il Tribunale di Bologna, con ordinanza del 23.11.17, respinse il ricorso proposto da S.F. – cittadino del Senegal – avverso il provvedimento della Commissione territoriale di diniego della domanda di protezione internazionale, rilevando che, indipendentemente dalla credibilità del racconto fatto dal ricorrente, non sussistevano i presupposti del riconoscimento della protezione internazionale e sussidiaria, non emergendo atti di persecuzione, nè il rischio di danno grave D.Lgs. n. 251 del 2007, ex art. 14, lett. c), e della umanitaria, non essendo state allegate condizioni individuali di vulnerabilità.

Con sentenza emessa l’11.10.19, la Corte territoriale respinse l’appello avverso la suddetta sentenza, osservando che: il ricorrente aveva narrato innanzi alla Commissione territoriale dei dissidi con gli zii, collegati all’infibulazione subita da una sorella – seguita dalla morte della stessa -, e di essersi allontanato dal suo paese nel 2008 per andare in Spagna da dove era rientrato in Senegal dal quale era di nuovo fuggito per sottrarre un’altra sorella all’infibulazione; il ricorrente aveva poi modificato il racconto innanzi al Tribunale, dichiarando di avere uno zio (OMISSIS) del villaggio di provenienza con il quale aveva litigato a causa della sua volontà di non far sottoporre la sorella di 12 anni all’infibulazione e di temere di essere arrestato in caso di rimpatrio; tali racconti riguardavano dunque il mero timore di essere arrestato senza far riferimento ad atti lesivi dell’incolumità; dal report esaminato del 2018 non si desumeva che nel Senegal vi fosse una situazione di violenza indiscriminata, emergendo solo nel meridione del paese episodi occasionali di criminalità comune da parte di gruppi separatisti con i quali era in corso da circa sei anni una tregua con le forze governative; che, indipendentemente dalla credibilità del ricorrente, i fatti narrati erano generici, privi di specificità riguardo alle relative motivazioni; non era riconoscibile la protezione umanitaria, non avendo il ricorrente allegato condizioni individuali di vulnerabilità, non risultando altresì un’integrazione sociale in Italia.

Il S. ricorre in cassazione con tre motivi.

Il Ministero si è costituito al solo fine di partecipare all’eventuale udienza di discussione.

Diritto

RITENUTO

che:

Il primo motivo denunzia violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 3, comma 4, e art. 7, per aver la Corte d’appello escluso la protezione internazionale con motivazione tautologica che non tiene conto del pericolo di persecuzioni prospettato dal ricorrente.

Il secondo motivo denunzia violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 8, non avendo la Corte territoriale assolto l’obbligo della cooperazione istruttoria in ordine alla situazione del Senegal al fine di accertare i presupposti delle protezioni richieste, considerato il perdurare delle tensioni in Senegal per fenomeni di banditismo e per il rischio di terrorismo di matrice religiosa, nonchè la situazione umanitaria e la connessa crisi alimentare, come desumibile dal report della federazione internazionale della croce rossa e della mezzaluna fertile.

Il terzo motivo deduce violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 5, comma 6, non avendo la Corte territoriale riconosciuto la protezione umanitaria, senza effettuare la comparazione tra la condizione individuale del ricorrente con quella in cui egli versava nel paese d’origine.

Il primo motivo è inammissibile in quanto tendente al riesame dei fatti relativi al riconoscimento dello status di rifugiato e della protezione sussidiaria, avendo la Corte territoriale ritenuto il ricorrente inattendibile, con motivazione esauriente, fondata anche su report internazionali, non censurabile in questa sede. In particolare, il giudice di secondo grado ha evidenziato le incongruenze relative alla modifica del racconto reso innanzi alla Commissione territoriale e alla genericità del timore paventato.

Il secondo motivo è parimenti inammissibile in quanto diretto al riesame dei fatti circa la situazione del Senegal, avendo la Corte territoriale acquisito informazioni aggiornate sul paese di provenienza del ricorrente.

Il terzo motivo è del pari inammissibile, in ordine alla protezione umanitaria, sia perchè il ricorrente è stato ritenuto non credibile, perchè contraddittorio e generico, circa le minacce che avrebbe subito dagli zii in Senegal (in relazione alla vicenda dell’infibulazione della sorella dodicenne), dovendosi pertanto escludere una condizione di vulnerabilità, sia per la mancata allegazione di un percorso d’integrazione in Italia che esclude la necessità di effettuare la richiesta comparazione tra la condizione in cui versa attualmente e quella in cui verserebbe in caso di rimpatrio.

Nulla per le spese, considerando che l’atto a mezzo del quale l’intimato Ministero ha inteso costituirsi nel presente giudizio si concreta in una mera dichiarazione e non soddisfa perciò le finalità proprie del controricorso.

PQM

La Corte dichiara inammissibile il ricorso.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso principale, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis, ove dovuto.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 2 dicembre 2020.

Depositato in Cancelleria il 4 marzo 2021

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