Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 5017 del 24/02/2021

Cassazione civile sez. II, 24/02/2021, (ud. 12/11/2020, dep. 24/02/2021), n.5017

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. DI VIRGILIO Rosa Maria – Presidente –

Dott. GORJAN Sergio – Consigliere –

Dott. BELLINI Ubaldo – rel. Consigliere –

Dott. GIANNACCARI Rossana – Consigliere –

Dott. BESSO MARCHEIS Chiara – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 23537/2019 proposto da:

B.B., rappresentato e difeso dall’Avvocato ROBERTO

RICCIARDI, ed elettivamente domiciliato presso il suo studio in

CASERTA, V.le LINCOLN 77;

– ricorrente –

contro

MINISTERO dell’INTERNO, in persona del Ministro pro tempore;

– intimato –

avverso il decreto n. 8426/2019 del TRIBUNALE di ANCONA del

25/06/2019;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del

12/11/2020 dal Consigliere Dott. UBALDO BELLINI.

 

Fatto

FATTI DI CAUSA

B.B. proponeva opposizione avverso il provvedimento di diniego della protezione internazionale emesso dalla competente Commissione Territoriale.

Sentito dalla Commissione Territoriale, il richiedente aveva riferito di essere cittadino del (OMISSIS); di essere nato e di avere sempre vissuto a (OMISSIS); che nel corso della rivolta del (OMISSIS) contro l’ex Presidente Bl.Co. il padre, che lavorava in politica, era stato ucciso; che a seguito di questo evento i ribelli – che avevano preso di mira gli oppositori del (OMISSIS) – si sarebbero recati a casa sua e avrebbero ucciso anche la madre, mentre lui sarebbe riuscito a sottrarsi e a fuggire.

Con decreto n. 8426/2019, depositato in data 25.6.2019, il Tribunale di Ancona rigettava il ricorso, ritenendo che le dichiarazioni non fossero attendibili in quanto il ricorrente non era riuscito a circostanziare la vicenda su fatti essenziali e determinanti l’espatrio e in quanto le dichiarazioni risultavano incoerenti, oltre al fatto che si trattava di eventi non più attuali. Sulla situazione del Burkina Faso, osservava che dalle fonti internazionali risultava che l’area settentrionale del Paese dal 2015 era stata teatro di attacchi jihadisti, ma che tuttavia non poteva riscontrarsi un conflitto armato generalizzato. Quanto alla domanda di riconoscimento dello status di rifugiato, essa doveva essere rigettata in quanto il ricorrente non aveva allegato di essere affiliato politicamente, nè di appartenere a una minoranza etnica e/o religiosa, oggetto di persecuzione: i fatti riferiti, in assenza di atti persecutori diretti e personali, non erano riconducibili alle previsioni di cui alla Convenzione di Ginevra. Anche la domanda di protezione sussidiaria non poteva trovare accoglimento in quanto non veniva in rilievo alcuno dei requisiti di cui al D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 14, lett. a) e b) e neppure una violenza indiscriminata in una situazione di conflitto armato (lett. c della suddetta disposizione). Infine, anche la protezione umanitaria doveva essere respinta in quanto in Burkina Faso sussistevano strumenti istituzionali con funzione di protezione dei propri membri e in quanto risultava insussistente una condizione di elevata vulnerabilità all’esito del rimpatrio, tenuto conto dell’inesistenza di problematiche soggettive come quelle tipizzate dal D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 19, comma 2, lett. a-d); non si ravvisavano condizioni individuali di elevata vulnerabilità non risultando tale la mera condizione di emarginazione in patria (morte dei genitori); con riferimento alla valutazione prognostica dell’elevata vulnerabilità determinata per effetto dello sradicamento dal contesto socio-economico nazionale, nulla era stato allegato; pertanto, in base a una valutazione tra vita privata e familiare in Italia, comparata a quella vissuta prima della partenza e cui egli si sarebbe trovato esposto in caso di rimpatrio, si esprimeva un giudizio prognostico negativo di elevata vulnerabilità all’esito del rimpatrio.

Avverso detto decreto propone ricorso per cassazione B.B. sulla base di tre motivi. L’intimato Ministero dell’Interno non formulava difese.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1.1. – Con il primo motivo, il ricorrente lamenta la “Omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione circa un punto decisivo della controversia – Omesso esame di circostanze decisive e violazione del dovere di cooperazione istruttoria col richiedente, scandito dalle disposizioni del D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 3, comma 5 – Violazione D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 8, comma 3”.

1.2. – Con il secondo motivo, il richiedente deduce la “Violazione e falsa applicazione di legge, in relazione all’art. 10 Cost., comma 3, art. 3 Direttiva 2011/95 UE, nonchè, in subordine, D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 5, comma 6”.

1.3. – Con il terzo motivo, il ricorrente denuncia la “Violazione e falsa applicazione di legge, in relazione all’art. 2729 c.c. (art. 360 c.p.c., n. 3)”.

2. – In considerazione della loro stretta connessione logico-giuridica, i tre motivi vanno esaminati e decisi congiuntamente. Essi sono inammissibili.

2.1. – In tema di ricorso per cassazione, è inammissibile la mescolanza e la sovrapposizione di mezzi d’impugnazione eterogenei, facenti riferimento alle diverse ipotesi contemplate dall’art. 360 c.p.c., comma 1, nn. 3 e 5, non essendo consentita la prospettazione di una medesima questione sotto profili incompatibili, quali quello della violazione di norme di diritto, che suppone accertati gli elementi del fatto in relazione al quale si deve decidere della violazione o falsa applicazione della norma, e del vizio di motivazione, che quegli elementi di fatto intende.

Detti motivi si sostanziano per la gran parte in una serie di critiche agli accertamenti in fatto espressi nella motivazione della Corte, dirette a sollecitare un riesame delle valutazioni riservate al giudice del merito, che del resto ha ampiamente e rettamente motivato la statuizione impugnata, esponendo le ragioni e le fonti del proprio convincimento circa la mera eventualità del pericolo paventato dal ricorrente e riconducibile a questioni di carattere privato prive di rilevanza ai fini della concessione della protezione internazionale. Tale richiesta di riesame non è evidentemente deducibile quale motivo di impugnazione in questa sede di legittimità, ancor più in seguito alla modifica dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, apportata dal D.L. n. 83 del 2012, art. 54, convertito in L. n. 134 del 2012 (v. Cass., sez. un., n. 8053 del 2014).

Risulta, quindi, inammissibile, la deduzione di errori di diritto individuati per mezzo della preliminare indicazione della norma pretesamente violata, ma non dimostrati attraverso una circostanziata critica delle soluzioni adottate dal giudice del merito nel risolvere le questioni giuridiche poste dalla controversia, operata nell’ambito di una valutazione comparativa con le diverse soluzioni prospettate nel motivo e non attraverso la mera contrapposizione di queste ultime a quelle desumibili dalla motivazione della sentenza impugnata (Cass. n. 11501 del 2006; Cass. n. 828 del 2007; Cass. n. 5353 del 2007; Cass. n. 10295 del 2007; Cass. 2831 del 2009; Cass. n. 24298 del 2016).

2.2. – Ciò detto, va altresì posto in evidenza che i motivi, nei termini in cui sono stati formulati, risultano caratterizzati dal medesimo vizio di assoluta assenza di specificità, in quanto non si confrontano in alcun modo con l’apparato argomentativo della sentenza, limitandosi ad affermazioni di carattere generale, quanto all’interpretazione delle norme pertinenti, e della giurisprudenza anche di merito, accompagnate da mere asserzioni riferite alla specifica situazione del Paese di appartenenza (cfr. Cass. n. 18564 del 2020).

Viceversa, il motivo del ricorso deve necessariamente possedere i caratteri della tassatività e della specificità ed esige una precisa enunciazione, di modo che il vizio denunciato possa rientrare con chiarezza nelle categorie logiche previste dall’art. 360 c.p.c.; essendo, pertanto, inammissibile la critica generale (e inevitabilemente generica) della sentenza impugnata, formulata con una articolazione di doglianze non riferibili al provvedimento impugnato, e quindi non chiaramente individuabili (Cass. n. 11603 del 2018).

2.3. – Quanto poi alla omessa motivazione lamentata nel primo motivo ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, occorre chiarire che in assenza di specifiche argomentazioni, non è configurabile un vizio di omessa motivazione, dovendosi ritenere implicita la statuizione di rigetto ove la pretesa o l’eccezione non espressamente esaminata risulti incompatibile con l’impostazione logico-giuridica della pronuncia. In ogni caso nella fattispecie il rigetto è implicito non dovendo il giudice di merito motivare su ogni singola questione ove la stessa possa ritenersi assorbita in considerazione del rigetto della domanda per motivi sostanziali.

In particolare, il decreto impugnato ha ritenuto che la zona di provenienza non risulta dalle indicate fonti reperibili interessata dalla presenza di un conflitto di livello così elevato da comportare per i civili, per la sola presenza nel territorio in questione, il concreto rischio della vita o di un grave danno alla persona. Inoltre la Corte distrettuale ha ritenuto che non vi era attinenza tra la vicenda personale narrata ed una non meglio identificata “etnia discriminata” e ad un neppur nominato “partito in lotta contro l’attuale governo”.

2.4. – D’altronde, il giudice territoriale non è venuto meno al dovere di cooperazione istruttoria di cui al D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 8, ai sensi del D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 14, lett. a) e b), sia pure nell’ambito dell’onere probatorio cd. attenuato, e che in ogni caso doveva escludersi un’esposizione alla lesione dei diritti fondamentali della persona o l’esistenza di una situazione di pericolo legata alla situazione individuale dell’istante. In particolare riferimento ai presupposti per la concessione della protezione sussidiaria, la sentenza impugnata esamina la situazione della zona di provenienza e di conseguenza non ravvisa i presupposti per la protezione sussidiaria di cui al D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 14, lett. c), avendo semplicemente ritenuto, a monte, con motivazione coerente ed esaustiva, l’assenza di situazioni di violenza indiscriminata e di una situazione di conflitto armato o di violenza generalizzata nella zona di provenienza del ricorrente.

2.5. – Il motivo in ordine alla verifica delle condizioni per il riconoscimento della protezione umanitaria si rivela inammissibile in quanto censura, senza peraltro alcun riferimento alla situazione individuale, l’accertamento di merito compiuto dalla Corte in ordine alla insussistenza di una particolare situazione di vulnerabilità del ricorrente. Il ricorrente invero, a fronte della valutazione espressa con esaustiva indagine officiosa dalla Corte (in sè evidentemente non rivalutabile in questa sede) circa la insussistenza nella specie di situazioni di vulnerabilità ha indicato come ragioni di vulnerabilità (diverse da quelle che il ricorrente aveva esposto alla Commissione) l’appartenenza del ricorrente ad una etnia discriminata nonchè l’iscrizione come membro di un partito in opposizione a quello governativo. Tali ragioni tuttavia non sono quelle che il ricorrente aveva esposto alla Commissione alla quale aveva riferito di essere fuggito per aver dato fuoco colposamente al terreno del vicino. In ogni caso la Corte di merito alle pagine 5 e 6 del decreto motiva sulla insussistenza di ogni riferimento nell’atto di appello a situazioni di vulnerabilità individuale e pertanto ravvisa una carenza di allegazione oltre che assoluta genericità del motivo di appello. In riferimento alla disposizione dell’art. 10 Cost., questa Corte ha già avuto occasione di chiarire che il diritto di asilo è interamente attuato e regolato attraverso la previsione delle situazioni finali previste dai tre istituti dello status di rifugiato, della protezione sussidiaria e del diritto al rilascio di un permesso umanitario, ad opera della esaustiva normativa di cui al D.Lgs. 19 novembre 2007, n. 251 e di cui al D.Lgs. 25 luglio 1998, n. 286, art. 5, comma 6; con la conseguenza che non vi è più alcun margine di residuale diretta applicazione del disposto di cui all’art. 10 Cost., comma 3, in chiave processuale o strumentale, a tutela di chi abbia diritto all’esame della sua domanda di asilo alla stregua delle vigenti norme sulla protezione. (Cass. 10686 del 2012; n. 16362 del 2016).

2.6. – Ne consegue, piuttosto, che le dedotte censure, come così rapsodicamente articolate, rendono palese lo scopo del ricorrente di contestare globalmente le motivazioni poste a sostegno della decisione impugnata, risolvendosi, in buona sostanza, nella richiesta di una inammissibile generale (ri)valutazione alternativa delle ragioni poste a fondamento della sentenza impugnata, in senso antagonista rispetto a quella compiuta dal giudice di appello (Cass. n. 1885 del 2018); così, inammissibilmente, rimettendo il richiedente, al giudice di legittimità, il compito di isolare le singole doglianze teoricamente proponibili, onde ricondurle a uno dei mezzi di impugnazione enunciati dal citato art. 360 c.p.c., per poi ricercare quali disposizioni possano essere utilizzabili allo scopo; in sostanza, dunque, cercando di attribuire al giudice di legittimità il compito di dar forma e contenuto giuridici alle generiche censure del ricorrente, per poi decidere su di esse (Cass. n. 22355 del 2019; Cass. n. 2051 del 2019).

3. – Il ricorso va dichiarato inammissibile. Nulla per le spese nei riguardi del Ministero dell’Interno, che non ha svolto attività difensiva. Va emessa la dichiarazione ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1-quater.

P.Q.M.

La Corte dichiara inammissibile il ricorso. Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente principale, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis, se dovuto.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Seconda Civile della Corte Suprema di Cassazione, il 12 novembre 2020.

Depositato in Cancelleria il 24 febbraio 2021

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