Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 4825 del 23/02/2021
Cassazione civile sez. VI, 23/02/2021, (ud. 12/11/2020, dep. 23/02/2021), n.4825
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE SESTA CIVILE
SOTTOSEZIONE 1
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. ACIERNO Maria – Presidente –
Dott. PARISE Clotilde – rel. Consigliere –
Dott. TRICOMI Laura – Consigliere –
Dott. TERRUSI Francesco – Consigliere –
Dott. CAIAZZO Rosario – Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA INTERLOCUTORIA
sul ricorso 10250-2020 proposto da:
MINISTERO DELL’INTERNO in persona del Ministro pro tempore,
elettivamente domiciliato in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12, presso
l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che lo rappresenta e difende ope
legis;
– ricorrente –
contro
H.S.;
– intimato –
avverso la sentenza n. 3806/2019 della CORTE D’APPELLO di MILANO,
depositata il 18/09/2019;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non
partecipata del 12/11/2020 dal Consigliere Relatore Dott. PARISE
CLOTILDE.
Fatto
RILEVATO
Che:
1. Con sentenza n. 3806/2019 depositata il 18-9-2019 la Corte d’appello di Milano, in parziale accoglimento dell’appello proposto da H.S. avverso l’ordinanza del Tribunale di Milano del 20-1-2019, ha dichiarato la sussistenza di gravi motivi umanitari che impediscono il rientro dell’appellante nel Paese di origine (Ucraina) e ha conseguentemente dichiarato il suo diritto al rilascio del permesso di soggiorno per motivi umanitari. La Corte territoriale ha ritenuto sussistenti le condizioni per il riconoscimento della protezione umanitaria, risultando dimostrato lo stabile inserimento del richiedente nel tessuto socio-economico dell’Italia, confermato dall’attività lavorativa prestata e dalla buona conoscenza della lingua italiana. Ha rilevato che le condizioni critiche, di tensione e di instabilità dell’Ucraina, anche se non tanto gravi da giustificare la protezione sussidiaria, contribuiscono a delineare una situazione di vulnerabilità del soggetto che verrebbe privato della condizione di relativa stabilità ormai raggiunta in Italia.
2. Avverso la citata sentenza il Ministero dell’Interno propone ricorso affidato a un solo motivo. H.S. è rimasto intimato.
Diritto
CONSIDERATO
Che:
3. Con unico motivo il Ministero ricorrente denuncia la violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 32, del D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 5, comma 6, vigenti ratione temporis, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3. Censura la statuizione di riconoscimento della protezione umanitaria per avere la Corte territoriale considerato la sola integrazione socio-lavorativa in Italia, senza accertare in concreto e puntualmente la specifica situazione soggettiva e oggettiva del richiedente nel Paese di origine, in base ai principi affermati dalla giurisprudenza di questa Corte, che richiama (Cass. SU n. 29459/2019 e Cass. n. 4455/2018).
4.Con l’ordinanza interlocutoria n. 28316 del 2020, depositata l’11-12-2020, la Sesta Sezione di questa Corte ha rimesso al Primo Presidente, ai sensi dell’art. 374 c.p.c., comma 2, per l’assegnazione alle Sezioni Unite, la questione di massima di particolare importanza avente ad oggetto “la configurabilità del diritto alla protezione umanitaria, nella vigenza del D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 5, comma 6, ed in continuità con la collocazione nell’alveo dei diritti umani inviolabili ad esso attribuita dalla recente pronuncia n. 24159 del 2019, quando sia stato allegato ed accertato il “radicamento” effettivo del cittadino straniero, fondato su decisivi indici di stabilità lavorativa e relazionale, la cui radicale modificazione, mediante il rimpatrio, possa ritenersi idonea a determinare una situazione di vulnerabilità dovuta alla compromissione del diritto alla vita privata e/o familiare ex art. 8 CEDU, sulla base di un giudizio prognostico degli effetti dello “sradicamento” che incentri la valutazione comparativa sulla condizione raggiunta dal richiedente nel paese di accoglienza, con attenuazione del rilievo delle condizioni del paese di origine non eziologicamente ad essa ricollegabili”.
Il motivo di ricorso ha ad oggetto la medesima questione, di rilievo nomofilattico, e ritiene, pertanto, il Collegio necessario rimettere la causa alla pubblica udienza, ai sensi dell’art. 380-bis c.p.c., u.c., in attesa della decisione delle S.U..
P.Q.M.
La Corte rimette la causa alla pubblica udienza della Prima Sezione civile.
Così deciso in Roma, il 12 novembre 2020.
Depositato in Cancelleria il 23 febbraio 2021