Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 4254 del 18/02/2021

Cassazione civile sez. VI, 18/02/2021, (ud. 30/09/2020, dep. 18/02/2021), n.4254

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 1

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. VALITUTTI Antonio – Presidente –

Dott. MELONI Marina – Consigliere –

Dott. FERRO Massimo – Consigliere –

Dott. MERCOLINO Guido – Consigliere –

Dott. FALABELLA Massimo – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 18790-2018 proposto da:

R.R.A., elettivamente domiciliato in ROMA, PIAZZA G.

MAZZINI 27, presso lo studio dell’avvocato LUCIO NICOLAIS, che lo

rappresenta e difende unitamente all’avvocato OSWALD PERATHONER;

– ricorrente –

contro

TATA – O SRL, in persona del legale rappresentante pro tempore,

elettivamente domiciliata in ROMA, VIA TEODOSIO MACROBIO 3, presso

lo studio dell’avvocato GIUSEPPE NICCOLINI, che la rappresenta e

difende unitamente all’avvocato ANDREA PARINI;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 5292/2017 della CORTE D’APPELLO di MILANO,

depositata il 15/12/2017;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non

partecipata del 30/09/2020 dal Consigliere Relatore Dott. MASSIMO

FALABELLA.

 

Fatto

FATTI DI CAUSA

1. – Con citazione notificata il 16 dicembre 2011 R.R.A., comproprietario dell’hotel Il Cavallino Bianco Family Spa, conveniva in giudizio Tata-O s.r.l. Family spa lamentando la contraffazione il proprio marchio nazionale “(OMISSIS)”.

La convenuta si costituiva chiedendo il rigetto delle domande attrici e, in via riconvenzionale, la dichiarazione di nullità del marchio registrato della controparte per difetto di capacità distintiva.

Il Tribunale di Milano rigettava le domande di parte attrice e dichiarava la nullità del marchio “(OMISSIS)”.

2. – Era interposto appello da parte di R..

Nella resistenza di Tata-O, la Corte di Milano respingeva il gravame. Osservava che il termine “spa” era da secoli utilizzato come termine generico per indentificare impianti termali e che il vocabolo inglese “(OMISSIS)”, nell’accezione corrente, individuava la destinazione familiare di un esercizio commerciale e quindi, nelle strutture alberghiere, la presenza di servizi destinati all’intera famiglia (con, ad esempio, orari flessibili dei pasti, spazi ed attività rivolti ai bambini, baby sitting). Ne ricavava che la locuzione “(OMISSIS)” costituisse un’espressione del tutto generica, da tradursi in “servizi termali per famiglie”, sicchè il marchio dell’appellante doveva ritenersi privo di capacità distintiva, non raggiungendo la soglia minima di distanza concettuale dal prodotto dal servizio reso, necessaria per la tutelabilità dello stesso. Aggiungeva che, ove pure il marchio in questione fosse stato originariamente idoneo a svolgere un ruolo distintivo per i servizi termali e di cura del corpo alla data della registrazione, esso sarebbe comunque decaduto per volgarizzazione ex art. 13 c.p.i., comma 4, essendo divenuta la locuzione “(OMISSIS)” patrimonio del linguaggio corrente.

3. – Avverso la sentenza della Corte di appello di Milano, pubblicata il 15 dicembre 2017, ha proposto ricorso per cassazione R.R.A.: i motivi dell’impugnazione sono due e sono illustrati da memoria. Resiste con controricorso Tata-O s.r.l. (OMISSIS) spa.

Il Collegio ha autorizzato la redazione della presente ordinanza in forma semplificata.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. – Il primo motivo oppone la violazione o falsa applicazione dell’art. 115 c.p.c., comma 2, e dell’art. 116 c.p.c.. L’istante rileva che la Corte di appello abbia individuato come fatti notori le definizioni dei termini “spa” e “(OMISSIS)”. Osserva il ricorrente, in sintesi, che le suddette definizioni non rientrerebbero nella comune esperienza e avrebbero dovuto essere quindi specificamente accertate, se del caso a mezzo di consulenza tecnica.

Il secondo mezzo oppone la violazione o falsa applicazione dell’art. 112 c.p.c., con riferimento al principio di corrispondenza tra il chiesto e il pronunciato, nonchè il vizio di motivazione. Viene lamentato che la Corte del merito abbia rigettato le istanze istruttorie formulate dal ricorrente, e segnatamente quella relativa alla nomina del consulente tecnico d’ufficio, senza motivare al riguardo.

2. – Il ricorso è inammissibile.

2.1. – Parte ricorrente, col primo motivo, contesta che il significato assegnato dalla Corte distrettuale al termine “spa” rientri nella comune esperienza.

Sul punto è sufficiente osservare che il ricorso alle nozioni di comune esperienza attiene all’esercizio di un potere discrezionale riservato al giudice di merito, il cui giudizio circa la sussistenza di un fatto notorio può essere censurato in sede di legittimità solo se sia stata posta a base della decisione una inesatta nozione del notorio, mentre allorchè si assuma che il fatto considerato come notorio dal giudice non risponde al vero, l’inveridicità del preteso fatto notorio può formare esclusivamente oggetto di revocazione, ove ne ricorrano gli estremi, non di ricorso per cassazione (Cass. 22 maggio 2019, n. 13715; Cass. 18 maggio 2007, n. 11643).

La censura di cui al primo motivo, per come svolta, non può dunque avere ingresso nella presente sede.

2.2. – Neppure può farsi questione del vizio denunciato col secondo mezzo. L’omessa pronuncia che determina la nullità della sentenza per violazione dell’art. 112 c.p.c., rilevante ai fini di cui all’art. 360 cod. cit., comma 1, n. 4, si configura esclusivamente con riferimento a domande attinenti al merito e non anche in relazione ad istanze istruttorie per le quali l’omissione è denunciabile soltanto sotto il profilo del vizio di motivazione (Cass. 18 marzo 2013, n. 6715; Cass. 5 luglio 2016, n. 13716; Cass. 20 ottobre 2017, n. 24830).

Oltretutto, il secondo motivo risulta carente della necessaria specificità, nella parte in cui individua l’oggetto dell’accertamento che si sarebbe inteso demandare al consulente nella – non meglio chiarita – riferibilità del marchio alla struttura alberghiera denominata Il Cavallino Bianco Family Spa.. Il mezzo di censura precisa, per la verità, che si sarebbe pure imposta una indagine demoscopica sulla volgarizzazione del marchio “(OMISSIS)”: ma tale profilo inerisce a una ratio decidendi – basata sulla decadenza del segno, giusta l’art. 13 c.p.i., comma 4 – diversa e aggiuntiva rispetto a quella incentrata sulla nullità del marchio per la natura meramente descrittiva di questo. Va ricordato, allora, che qualora la decisione di merito si fondi su di una pluralità di ragioni, tra loro distinte e autonome, singolarmente idonee a sorreggerla sul piano logico e giuridico, il mancato accoglimento delle censure mosse ad una delle rationes decidendi rende inammissibili, per sopravvenuto difetto di interesse, le censure relative alle altre ragioni esplicitamente fatte oggetto di doglianza, in quanto queste ultime non potrebbero comunque condurre, stante l’intervenuta definitività delle altre, alla cassazione della decisione stessa. Il motivo, dunque, risulta inammissibile per difetto di interesse (per tutte: Cass. 18 aprile 2017, n. 9752; Cass. 14 febbraio 2012, n. 2108).

3. – Le spese di giudizio seguono la soccombenza.

P.Q.M.

La Corte:

dichiara inammissibile il ricorso; condanna parte ricorrente al pagamento, in favore della parte controricorrente, delle spese del giudizio di legittimità, che liquida in Euro 5.000,00, per compensi, oltre alle spese forfettarie nella misura del 15 per cento, agli esborsi liquidati in Euro 100,00, e agli accessori di legge; ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, inserito dalla L. n. 228 del 2012, art. 1, comma 17, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, se dovuto.

Motivazione semplificata.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della 6a Sezione Civile, il 30 settembre 2020.

Depositato in Cancelleria il 18 febbraio 2021

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