Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 4117 del 17/02/2021

Cassazione civile sez. VI, 17/02/2021, (ud. 20/01/2021, dep. 17/02/2021), n.4117

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE T

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CONTI Roberto Giovanni – Presidente –

Dott. CAPRIOLI Maura – Consigliere –

Dott. LA TORRE Maria Enza – Consigliere –

Dott. LO SARDO Giuseppe – Consigliere –

Dott. CAPOZZI Raffaele – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 23814-2019 proposto da:

AGENZIA DELLE ENTRATE, (C.F. (OMISSIS)), in persona del Direttore pro

tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12,

presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che la rappresenta e

difende, ope legis;

– ricorrente –

contro

S.G., elettivamente domiciliato in ROMA, PIAZZA CAVOUR,

presso la CANCELLERIA della CORTE di CASSAZIONE, rappresentato e

difeso dall’avvocato ALDO MOSCARDINO;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 186/1/2019 della COMMISSIONE TRIBUTARIA

REGIONALE di CAMPOBASSO, depositata il 18/02/2019;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non

partecipata del 20/01/2021 dal Consigliere Relatore Dott. RAFFAELE

CAPOZZI.

 

Fatto

RILEVATO

che l’Agenzia delle entrate propone ricorso per cassazione nei confronti di una sentenza della CTR Molise, che ha rigettato l’appello proposto avverso una sentenza della CTP d’Isernia, di accoglimento del ricorso del contribuente S.G. avverso un avviso di accertamento IRPEF 2010, 2011 e 2012, emesso nei suoi confronti quale socio al 50% della s.r.l. “AMBIENTE”, per utili definitivamente accertati nei confronti di tale ultima società, qualificata come a ristretta base partecipativa e ritenuti occultamente distribuiti ai soci in proporzione delle quote da essi possedute.

Diritto

CONSIDERATO

che il ricorso è affidato a due motivi;

che, con il primo motivo di ricorso, l’Agenzia delle entrate lamenta motivazione apparente in violazione art. 132 c.p.c., del D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 36, e art. 118 disp. att. c.p.c., in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, nn. 3 e 4, in quanto la CTR aveva recepito in toto le argomentazioni della CTP e del contribuente senza valutarle alla luce delle contrapposte doglianze formulate dall’ufficio, il quale aveva proposto specifiche censure alla sentenza di primo grado ed aveva sviluppato argomentazioni atte a dimostrare la legittimità e fondatezza della pretesa erariale;

che, con il secondo motivo di ricorso, l’Agenzia delle entrate lamenta violazione del D.P.R. n. 600 del 1973, art. 39, comma 1, dell’art. 115 c.p.c., comma 1, e artt. 2697,2727,2729 c.c., in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, in quanto gli avvisi di accertamento emessi nei confronti della s.r.l. “AMBIENTE” erano diventati definitivi per mancata impugnazione, sia che era da ritenere fondato presumere che i maggiori ricavi conseguiti dalla società fossero stati distribuiti ai soci; e trattavasi di presunzione pienamente legittima, salva la facoltà del contribuente di provare che i maggiori ricavi non fossero stati distribuiti, ma avessero avuto altre destinazioni, e cioè erano stati accantonati dalla società, ovvero da essa reinvestiti; nè il contribuente aveva fornito la prova della propria estraneità alla gestione societaria, non potendo costituire prova in tal senso nè la denuncia dell’amministratore societario per appropriazione indebita, peraltro avvenuta dopo che l’ufficio aveva svolto gli opportuni accertamenti, nè la richiesta di informazioni sull’andamento degli affari sociali; invero il contribuente aveva a sua disposizione tutta una serie di strumenti, previsti dal codice civile, per controllare la gestione dell’attività sociale;

che il contribuente si è costituito con controricorso;

che il primo motivo di ricorso proposto dall’Agenzia delle entrate riscossione è infondato;

che, invero, secondo la giurisprudenza di legittimità (cfr. Cass. n. 22598 del 2018; Cass. n. 7402 del 2017), pur dopo la riformulazione dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, disposta dal D.L. n. 83 del 2012, art. 54, convertito nella L. n. 134 del 2012, che ha reso non più deducibile quale vizio di legittimità il semplice difetto di sufficienza della motivazione, i provvedimenti giudiziari continuano ad essere sottoposti all’obbligo della motivazione, previsto in via generale dall’art. 111 Cost., comma 6, e, nel processo civile, dall’art. 132 c.p.c., comma 2, n. 4; e detto obbligo è da ritenere attualmente violato solo se la motivazione è totalmente carente, ovvero è meramente apparente, ovvero è del tutto inidonea ad assolvere alla sua funzione di esplicitare le ragioni della decisione, siccome afflitta da un contrasto irriducibile fra affermazioni inconciliabili, ovvero obiettivamente incomprensibile; e solo in tale ipotesi è ravvisabile una nullità processuale, deducibile in sede di legittimità ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4;

che, tuttavia, non è ravvisabile nella specie la lamentata assoluta carenza di motivazione, avendo la CTR sviluppato argomentazioni che, seppur non condivisibili, come si vedrà appresso, sono pur sempre idonee ad evidenziare il ragionamento posto a fondamento della decisione adottata; secondo la CTR invero non sussistevano, nella specie, i presupposti sui quali fondare la presunzione di distribuzione al socio contribuente degli utili extra bilancio accertati dal fisco nei confronti della s.r.l. “AMBIENTE”, sia perchè il contribuente aveva chiesto all’altro socio notizie sull’andamento degli affari sociali senza ottenere risposta, sia perchè il contribuente aveva presentato querela nei confronti dell’altro socio ed amministratore della società anzidetta;

che è, al contrario fondato il secondo motivo di ricorso;

che, invero, non è contestato che l’IRPEF 2010, 2011 e 2012, chiesta in pagamento al contribuente con l’avviso di accertamento impugnato, era conseguente alla sua posizione di socio al 50% della s.r.l. “AMBIENTE”, pacificamente ritenuta società di capitale a ristretta base partecipativa; e non è contestato che, nei confronti della citata s.r.l. “AMBIENTE”, era stato emesso un distinto avviso di accertamento, divenuto definitivo per mancata impugnazione nei termini, per utili extracontabili non dichiarati;

che è pertanto legittima la presunzione dell’Agenzia delle entrate di attribuire al contribuente S.G., quale socio al 50% della s.r.l. “AMBIENTE”, gli utili extracontabili accertati in modo definitivo nei confronti di detta società in misura pari alle quote sociali dal medesimo detenute (cfr. Cass. n. 18042 del 2018);

che, invero, era facoltà del ricorrente provare che i maggiori ricavi attribuiti alla società anzidetta non fossero stati distribuiti, ma accantonati o reinvestiti dalla società, ovvero dimostrare la propria estraneità alla conduzione della società anzidetta (cfr. Cass. n. 17461 del 2017; Cass. n. 1932 del 2016);

che il ricorrente non ha addotto nessuna valida prova in tal senso; in particolare la prova liberatoria non può certo consistere nella produzione di propri estratti conto bancari ovvero nell’attestazione di mancati incrementi del proprio patrimonio personale, potendosi legittimamente presumere che egli possa avere acquisito gli introiti societari in nero e quindi con modalità non tracciabili contabilmente; neppure può provare la sua estraneità alla conduzione della società la denuncia penale per appropriazione indebita, da lui presentata nei confronti dell’amministratore della società, ovvero la richiesta di notizie sulla conduzione della società, trattandosi di iniziative del 2011 e quindi successive agli accertamenti svolti dal fisco sulla contabilità della società, riferiti ai redditi dal 2010 in avanti;

che, comunque, il contribuente, socio al 50% della s.r.l. “AMBIENTE”, società a ristretta base partecipativa, nei cui confronti l’accertamento è ormai divenuto definitivo per mancata impugnazione nei termini, non può ritenersi estraneo all’accertamento svolto nei confronti della società anzidetta, per non avervi egli preso parte; invero, secondo la più recente giurisprudenza di legittimità (cfr. Cass. n. 14278 del 2018), l’avviso di accertamento emesso nei confronti dell’odierno contribuente, quali socio della s.r.l. “AMBIENTE”, per redditi provenienti da utili non dichiarati di tale ultima società a ristretta base partecipativa, è da ritenere legittimamente emesso ed adeguatamente motivato con il mero rinvio per “relationem” ai redditi della società, in quanto i soci, ai sensi dell’art. 2261 c.c., hanno il potere di consultare la documentazione della società; di prendere visione degli atti accertativi emessi nei confronti di quest’ultima e degli eventuali documenti giustificativi in possesso della medesima; di prendere parte attiva agli accertamenti esperiti nei confronti della società, al fine di contrastarli, sia che essi, una volta divenuti destinatari di accertamenti emessi nei loro confronti per redditi partecipativi ipotizzati nei loro confronti, quali soci della società anzidetta, non possono dolersi della circostanza che l’accertamento emesso nei confronti della società sia divenuto definitivo e non possono riproporre doglianze riferibili all’accertamento emesso nei confronti di quest’ultima ed ormai divenuto definitivo;

che, pertanto, respinto il primo motivo, il ricorso proposto dall’Agenzia delle entrate va accolto con riferimento al secondo motivo, in relazione al quale la sentenza impugnata va cassata, con rinvio alla CTR del Molise in diversa composizione, anche per la determinazione delle spese del presente giudizio di legittimità.

P.Q.M.

La Corte, respinto il primo motivo, accoglie il secondo motivo di ricorso proposto dall’Agenzia delle entrate, con riferimento al quale cassa la sentenza impugnata e rinvia alla CTR del Molise in diversa composizione, anche per la determinazione delle spese del presente giudizio di legittimità.

Così deciso in Roma, il 20 gennaio 2021.

Depositato in Cancelleria il 17 febbraio 2021

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