Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 1742 del 27/01/2021

Cassazione civile sez. II, 27/01/2021, (ud. 13/07/2020, dep. 27/01/2021), n.1742

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. SAN GIORGIO Maria Rosaria – Presidente –

Dott. ORICCHIO Antonio – rel. Consigliere –

Dott. BELLINI Ubaldo – Consigliere –

Dott. GIUSTI Alberto – Consigliere –

Dott. FALASCHI Milena – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 23229/2019 proposto da:

A.A., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA DEGLI OTTAVI 9,

presso lo studio dell’avvocato MASSIMILIANO SCARINGELLA, che lo

rappresenta e difende unitamente all’avvocato FABIO LOSCERBO, giusta

procura in calce al ricorso;

– ricorrente –

contro

MINISTERO DELL’INTERNO, in persona del Ministro pro tempore,

elettivamente domiciliato in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12, presso

l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che lo rappresenta e difende ope

legis;

– controricorrente –

e contro

COMMISSIONE TERRITORIALE PER IL RICONOSCIMENTO DELLA PROTEZIONE

INTERNAZIONALE;

– intimata –

avverso la sentenza n. 460/2019 della CORTE D’APPELLO di BOLOGNA,

depositata il 11/02/2019;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del

13/07/2020 dal Consigliere Dott. ANTONIO ORICCHIO.

 

Fatto

RILEVATO

che:

è stata impugnata da A.A., cittadino (OMISSIS), la sentenza n. 460/2019 della Corte di Appello di Bologna.

Il ricorso è fondato su sei motivi ed è resistito con controricorso.

Per una migliore comprensione della fattispecie in giudizio va riepilogato, in breve e tenuto conto del tipo di decisione da adottare, quanto segue.

L’odierna parte ricorrente formulava istanza, di cui in atti, alla competente Commissione territoriale per il riconoscimento dello stato di rifugiato delle diverse forme di protezione internazionale.

La Commissione rigettava l’istanza.

L’odierno ricorrente impugnava, quindi, detto rigetto con ricorso innanzi al Tribunale di Bologna.

Quest’ultimo respingeva il ricorso.

Avverso la decisione del Tribunale di prima istanza l’odierno ricorrente interponeva appello a sua volta rigettato con la decisione oggetto del ricorso in esame.

Il ricorso viene deciso ai sensi dell’art. 375 c.p.c., u.c., con ordinanza in Camera di consiglio non ricorrendo l’ipotesi di particolare rilevanza delle questioni in ordine alle quali la Corte deve pronunciare.

Diritto

CONSIDERATO

che:

1.- Con il primo motivo del ricorso si censura, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 3, la violazione del D.Lgs. n. n. 251 del 2007 e vizio di motivazione in ordine alle quali e per omessa attivazione dei doveri informativi officiosi.

Il motivo non può essere accolto.

La lamentata violazione di legge è insussistente.

La pretesa mancata attivazione dei poteri informativi officiosi non vi è stata difettando, nella concreta ipotesi, ogni idonea ed opportuna, ancorchè minima, ma confacente allegazione ad opera della parte ricorrente.

Infatti la decisione, in punto non contestata, evidenzia la risultanza secondo cui le ragioni dell’espatrio dell’odierno ricorrente trovavano la loro ragion d’essere in circostanze del tutto diverse da quelle che dovrebbero suscitare, in materia, l’attivazione dei poteri istruttori officiosi del Giudice del merito.

Il richiedente protezione aveva dichiarato esso stesso che si era allontanato dal Pakistan per motivi economici.

Il motivo, in quando infondato, deve – dunque – essere respinto.

2.- Con il secondo motivo del ricorso si eccepisce, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 3, la violazione del D.Lgs. n. 251 del 2007 (artt. 11 e 17).

Parte ricorrente svolge critica in ordine alla valutazione di non credibilità delle dichiarazioni del richiedente.

Tale valutazione sarebbe stata, secondo parte ricorrente, improntata ad assoluta genericità.

Senonchè l’anzidetta valutazione è stata svolta con corretta applicazione dei principi ermeneutici e normativi da parte dei Giudici del merito.

Il motivo tende, quindi, ad una rivalutazione, nel merito non più esperibile innanzi a questa Corte.

Il motivo va, quindi e nel suo complesso, respinto.

3.- Con il terzo motivo del ricorso si prospetta genericamente la omessa ed insufficiente motivazione.

Il motivo è del tutto inammissibile, stante l’assoluta genericità della sua formulazione e il vigente regime di censurabilità innanzi a questa Corte della carenza motivazionale, possibile invero solo nel caso di motivazione totalmente inesistente e meramente apparente (ex plurimis: Cass. civ., S.U. 8053/2014)

4.- Con il quarto motivo si deduce la violazione del D.Lgs. n. 251 del 2007, artt. 8 e 14.

Il motivo attiene, nella sostanza, alla questione relativa al mancato riconoscimento della protezione sussidiaria.

Quest’ultimo tipo di protezione non poteva, in ogni caso, essere accordato in dipendenza delle motivazioni meramente economiche che indussero – come detto – il richiedente all’espatrio dal proprio paese di origine.

Il motivo, giacchè infondato, deve – pertanto – essere respinto.

5.- Il quinto motivo ripropone (al pari del precedente e già esaminato terzo motivo) generica doglianza di insufficienza di motivazione.

Per lo stesso ordine di ragioni (di cui innanzi sub 3) il motivo va, quindi, ritenuto inammissibile.

6.- Con il sesto ed ultimo motivo si lamenta l’omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione relativamente al permesso di soggiorno per motivi umanitari.

La censura è svolta in totale assenza di indicazione del parametro normativo processuale.

Viceversa con la contestuale l’invocazione dell’art. 360 c.p.c., n. 3, si lamenta ma solo genericamente, una indefinita “violazione o falsa applicazione di legge”.

Al riguardo, sottolineata l’assoluta genericità del motivo nel suo complesso, non possono che ribadirsi – in relazione ad entrambi i profili di cui al motivo – i seguenti e condivisi principi giurisprudenziali:

“in materia di procedimento civile, nel ricorso per cassazione, il vizio di violazione e falsa applicazione della legge di cui all’art. 360 c.p.c., n. 3, giusto il disposto di cui all’art. 366 c.p.c., comma 1, n. 4, deve essere, a pena di inammissibilità, dedotto mediante la specifica indicazione delle affermazioni di diritto contenute nella sentenza gravata che motivatamente si assumono in contrasto con le norme regolatrici della fattispecie o con l’interpretazione delle stesse” (Cass. n. 1317/2004).

Tanto con la conseguenza che spetta alla parte ricorrente l’onere (nella fattispecie non adempiuto) di svolgere “specifiche argomentazioni intese a dimostrare come e perchè determinate affermazioni contenute nella sentenza gravata siano in contrasto con le norme regolatrici della fattispecie o con l’interpretazione delle stesse fornita dalla giurisprudenza di legittimità” (Cass., Sez. Sesta, Ord. 15 gennaio 2015, n. 635).

Inoltre “la riformulazione dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, disposta dal D.L. 22 giugno 2012, n. 83, art. 54, conv. in L. 7 agosto 2012, n. 134, deve essere interpretata, alla luce dei canoni ermeneutici dettati dall’art. 12 preleggi, come riduzione al “minimo costituzionale” del sindacato di legittimità sulla motivazione. Pertanto, è denunciabile in cassazione solo l’anomalia motivazionale che si tramuta in violazione di legge costituzionalmente rilevante, in quanto attinente all’esistenza della motivazione in sè, purchè il vizio risulti dal testo della sentenza impugnata, a prescindere dal confronto con le risultanze processuali. Tale anomalia si esaurisce nella “mancanza assoluta di motivi sotto l’aspetto materiale e grafico”, nella “motivazione apparente”, nel “contrasto irriducibile tra affermazioni inconciliabili” e nella “motivazione perplessa ed obiettivamente incomprensibile”, esclusa qualunque rilevanza del semplice difetto di “sufficienza” della motivazione” (Cass. Sez. U., Sentenza 7 aprile 2014, n. 8053).

E tanto a maggior ragione nell’ipotesi in cui, come nella fattispecie, non ricorre l’ipotesi di “un ragionamento del giudice di merito dal quale emerga una totale obliterazione di elementi” (Cass. civ., S.U., Sent. 25 ottobre 2013 n. 24148).

Il motivo è, quindi e nel suo complesso, inammissibile.

7.- Il ricorso deve, pertanto, essere rigettato.

8.- Le spese del giudizio seguono la soccombenza e si determinano come in dispositivo.

9.- Sussistono i presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso principale, a norma del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 bis, se dovuto, non risultando il ricorrente ammesso in via definitiva al beneficio del gratuito patrocinio a spese dello Stato.

PQM

La Corte:

rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento, in favore dell’Amministrazione controricorrente, delle spese del giudizio determinate in Euro 2.100,00, oltre spese prenotate a debito.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1-quater, si dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso principale, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis, se dovuto.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Seconda Civile della Corte Suprema di Cassazione, il 13 luglio 2020.

Depositato in Cancelleria il 27 gennaio 2021

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