Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 719 del 18/01/2021

Cassazione civile sez. III, 18/01/2021, (ud. 23/09/2020, dep. 18/01/2021), n.719

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. VIVALDI Roberta – Presidente –

Dott. DI FLORIO Antonella – rel. Consigliere –

Dott. RUBINO Lina – Consigliere –

Dott. ROSSETTI Marco – Consigliere –

Dott. DELL’UTRI Marco – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 30982/2019 proposto da:

N.A.M., rappresentato e difeso dall’avv.to GIOVANBATTISTA

SCORDAMAGLIA, con studio in Petilia Policastro, via Arringa 60, ed

elettivamente domiciliato presso la cancelleria civile della Corte

di Cassazione in Roma, piazza Cavour;

– ricorrente –

contro

MINISTERO DELL’INTERNO, in persona del Ministro pro tempore;

– resistente –

avverso la sentenza n. 1414/2019 della CORTE D’APPELLO di CATANZARO,

depositata il 01/07/2019;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del

23/09/2020 dal Consigliere Dott. ANTONELLA DI FLORIO.

 

Fatto

RILEVATO

che:

1. N.A.M., proveniente dal (OMISSIS), ricorre affidandosi a quattro motivi per la cassazione della sentenza della Corte d’Appello di Catanzaro che aveva respinto l’impugnazione avverso la pronuncia del Tribunale di rigetto della domanda di protezione internazionale declinata nelle forme gradate.

1.1. Per ciò che qui interessa, il ricorrente aveva narrato di essere perseguitato in quanto accusato ingiustamente dell’omicidio del rappresentante di un partito politico opposto a quello in cui egli militava, e di essere stato condannato a scontare 10 anni di reclusione; per tale ragione, lamentando anche le condizioni degradanti del regime carcerario del Bangladesh, aveva lasciato il paese temendo, in caso di rimpatrio, di essere sottoposto a trattamenti disumani e degradanti.

2. La parte intimata non si è difesa.

Diritto

CONSIDERATO

Che:

1. Con il primo motivo, il ricorrente deduce, ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4, la violazione dell’art. 132 c.p.c., n. 4 e art. 116 c.p.c., per omessa valutazione dei documenti prodotti.

1.1. Assume che la Corte non aveva specificamente valutato tutta la documentazione presente nel fascicolo di primo grado e nuovamente versata in atti del giudizio d’appello, negando che fosse presente la sentenza di condanna che era stata, invece, prodotta e corredata da traduzione asseverata in lingua italiana.

1.2. Lamenta, pertanto, una motivazione apparente ed apodittica e la nullità della sentenza impugnata.

2. Con il secondo motivo, il ricorrente deduce, ancora, la violazione del D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 3, comma 5, con riferimento al profilo della credibilità che era stata negata con una illogica valutazione delle sue dichiarazioni.

2.1. Assume che la sua narrazione era stata circostanziata e che, oltretutto, la storia narrata era anche corredata dalla documentazione di tutta la vicenda processuale e dei numerosi episodi di violenza provenienti dal partito avverso a quello in cui egli militava, rispetto ai quali le Forze dell’Ordine non fornivano alcuna tutela. Deduce al riguardo che la Corte aveva del tutto omesso di ottemperare al dovere di cooperazione istruttoria non ricorrendo a fonti ufficiali attendibili ed aggiornate sulle condizioni socio politiche del proprio paese e sulla mancanza di tutela da parte della polizia.

3. Con il terzo motivo, si lamenta la violazione dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, per violazione del D.Lgs. n. 251 del 2007, artt. 2,8 e 14, per mancato riconoscimento della protezione internazionale e sussidiaria.

4. Con il quarto motivo, si deduce infine la violazione del D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 5, comma 6 e del D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 32, nonchè la mancata comparazione tra l’integrazione sociale e la situazione personale del richiedente asilo.

5. I primi tre motivi – da trattarsi congiuntamente, in quanto intrinsecamente connessi – sono fondati.

5.1. Quanto al primo, la Corte ha negato che fosse stata prodotta la sentenza di condanna a pena detentiva la quale, sia pur nei limiti del dispositivo tradotto in lingua italiana, era stata, invece, tempestivamente versata in atti (cfr. atto d’appello, doc. 17, prodotto nel fascicolo di parte versato in atti, All. C1): da esso risulta la condanna a 10 anni di reclusione a carico del ricorrente del quale si dà anche atto che si era dato alla fuga.

5.2. Tali documenti, invero decisivi per la soluzione della controversia e precisamente indicati nel ricorso (cfr. pagg. 2 e 5), non risultano affatto esaminati, con violazione dell’art. 132 c.p.c., n. 4 e art. 116 c.p.c., per omessa valutazione dei documenti prodotti: trattasi di error in procedendo e risulta pertanto fondato il vizio di cui all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4.

5.3. Nè è stata resa una compiuta e logica motivazione sulle altre produzioni documentali, visto che il diniego di attendibilità si è fondato sul fatto che il ricorrente non conosceva l’incarto processuale e sull’impossibilità che egli, da latitante, avesse accesso agli atti del processo (cfr. pag. 5 terzo cpv. della sentenza impugnata), argomentazioni del tutto apodittiche e, comunque, inosservanti la “griglia valutativa” prescritta dal D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 3, comma 5 (cfr. al riguardo Cass. 8819/2020; Cass. 11925/2020; Cass. 13944/2020; Cass. 14674/2020; Cass. 15215/2020).

6. Quanto al secondo motivo, manca del tutto il riferimento alle fonti ufficiali attendibili ed aggiornate sulle condizioni socio politiche e di tutela dei diritti fondamentali nel paese di origine D.Lgs. n. 25 del 2008, ex art. 8, comma 3: la Corte si è limitata a richiamare i siti internet “(OMISSIS)” (privo di riferimenti temporali: cfr. pag. 8 della sentenza impugnata) e “(OMISSIS)” (privo di riferimenti temporali: cfr. pag. 10 sentenza impugnata), omettendo di considerare che il D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 8, comma 3, impone al giudice di acquisire informazioni attraverso notizie elaborate dalla Commissione Nazionale per il diritto di Asilo sulla base di dati forniti dall’UCHR, dall’Easo e dal Ministero degli Affari Esteri in relazione allo scopo della protezione domandata, informazioni che, pertanto, devono essere dotate di particolare affidabilità in relazione all’esigenza istruttoria che deve essere perseguita (cfr. al riguardo Cass. 28990/2018; Cass. 8819/202; Cass. 9230/2020).

7. Ma anche il terzo motivo, proposto in relazione al rigetto della protezione sussidiaria richiesta per il rischio di essere sottoposto, vista la condanna riportata, a condizioni disumane e degradanti negli istituti penitenziari del paese (alle quali sarebbe verosimilmente sottoposto ove fosse rimpatriato ed incarcerato), deve essere accolto. Nessuna informazione, infatti, è stata assunta su tale specifica questione con evidente violazione del dovere di cooperazione istruttorio.

8. L’accoglimento delle censure dei primi tre motivi, rende logicamente assorbito il quarto, in quanto il giudizio di comparazione prescritto dalla consolidata giurisprudenza di legittimità (cfr. Cass. 4455/2018 e Cass. SU 29459/2019), con particolare riferimento alla vulnerabilità del richiedente asilo ed alla violazione dei diritti fondamentali nel paese di eventuale rimpatrio, dovrà essere riformulato in relazione alle ragioni che hanno portato all’accoglimento dei primi tre motivi.

9. La sentenza impugnata deve, pertanto, essere cassata, con rinvio alla Corte d’Appello di Catanzaro in diversa composizione per il riesame della controversia alla luce dei seguenti principi di diritto:

“In tema di protezione internazionale, la valutazione effettuata dal giudice del merito in ordine al giudizio di credibilità delle dichiarazioni del richiedente, per rispondere ai criteri predicati dal D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 3, non può ritenersi volta alla capillare e frazionata ricerca delle singole, eventuali contraddizioni, pur talvolta esistenti, insite nella narrazione dei fatti accaduti, ma postula una valutazione complessiva del racconto e l’osservanza del principio, di cui al D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 3, comma 5, lett. e), secondo cui nella valutazione di credibilità, si deve verificare anche se la narrazione “è, in generale, attendibile” con ciò intendendosi attribuire a tale inciso un significato di “globalità”, del tutto opposto alla atomizzazione delle circostanze narrate”;

“nei giudizi di protezione internazionale, a fronte del dovere del ricorrente di allegare, produrre o dedurre tutti gli elementi e la documentazione necessari a motivare la domanda, la valutazione delle condizioni socio-politiche del Paese d’origine del richiedente deve avvenire, mediante integrazione istruttoria officiosa, tramite l’apprezzamento di tutte le informazioni, generali e specifiche di cui si dispone pertinenti al caso, aggiornate al momento dell’adozione della decisione, sicchè il giudice del merito non può limitarsi a valutazioni solo generiche ovvero omettere di individuare le specifiche fonti informative da cui vengono tratte le conclusioni assunte”.

10. La Corte dovrà altresì decidere in ordine alle spese del giudizio di legittimità.

P.Q.M.

La Corte;

accoglie il ricorso; cassa la sentenza impugnata e rinvia alla Corte d’Appello di Catanzaro in diversa composizione per il riesame della controversia e per la decisione in ordine alle spese del giudizio di legittimità.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Terza Civile della Corte di Cassazione, il 23 settembre 2020.

Depositato in Cancelleria il 18 gennaio 2021

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