Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 282 del 12/01/2021

Cassazione civile sez. VI, 12/01/2021, (ud. 22/12/2020, dep. 12/01/2021), n.282

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 1

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. FERRO Massimo – rel. Presidente –

Dott. MERCOLINO Guido – Consigliere –

Dott. SCALIA Laura – Consigliere –

Dott. VELLA Paola – Consigliere –

Dott. FALABELLA Massimo – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

Sul ricorso proposto da:

CLIO PRINCIPAL INVESTMENT s.r.l., in persona del l.r.p.t., quale

cessionaria a titolo particolare dei crediti verso Coopcostruttori

in a.str. du Unicredit s.p.a., rappr. e dif. dall’avv. Giampiero

Martini e dall’avv. Francesco Tomasso, elettivamente domiciliata

presso lo studio di quest’ultimo in Roma, via G.B Ferrari n. 4, come

da procura in calce all’atto;

– ricorrente –

contro

COOPERATIVA COSTRUTTORI – COOPCOSTRUTTORI S.C.A R.L. IN

AMMINISTRAZIONE STRAORDINARIA EX D.Lgs. n. 270 del 1999, in persona

dei suoi commissari straordinari p.t., rappresentata e difesa

dall’avv. Carlo Ganini ed elettivamente domiciliata presso il suo

studio in Roma, via Marianna Dionigi n. 57;

– controricorrente –

per la cassazione della sentenza App. Bologna 21/12/2017, n.

3031/2017, in R.G. n. 389/2010, rep. 3136/2017;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

giorno 22 dicembre 2020 dal Presidente relatore Dott. Ferro Massimo.

 

Fatto

FATTI DI CAUSA

Rilevato che:

1. CLIO PRINCIPAL INVESTMENT s.r.l., quale cessionaria a titolo particolare dei crediti vantati dalla Unicredit s.p.a. verso Consorzio Cooperative costruzioni, impugna la sentenza App. Bologna 21/12/2017, n. 3031/2017, in R.G. n. 389/2010, rep. 3136/2017 che, nel rigettare il suo appello avverso la sentenza Trib. Ferrara 5.2.2009, n. 158/2009, ha respinto la richiesta di ammissione in prededuzione per 7.234.699,36 Euro allo stato passivo della Coopcostruttori s.c.a.r.l., in amministrazione straordinaria, di contro all’ammissione, già effettuata dai commissari straordinari e confermata dal tribunale locale in sede di rigetto dell’opposizione, della somma di 8.387.112,77 interamente in chirografo;

2. ha premesso la corte che: a) il Tribunale di Ferrara aveva con sent. 3.7.2003 dichiarato lo stato d’insolvenza di Coopcostruttori s.c.a.r.l., per la quale con decreto 13.8.2003 veniva aperta l’amm.str. ex D.Lgs. n. 270 del 1999; b) Unicredit, originario creditore, insinuava al passivo quanto anticipato alla società debitrice, a fronte della cessione di due crediti, nel corso di aprile 2002, vantati dalla società debitrice verso Consorzio cooperative costruttori per puro 4.350.000 (credito futuro) e 3.159.699,39 (credito su fattura), sottraendo 275.000 Euro ricevuti e così instando per 7.234.699,36 finali in prededuzione (ai sensi della L. n. 52 del 1991, art. 7) e per 1.387.313,80 Euro, dovuti su altri titoli in chirografo; c) i commissari straordinari, receduti dalla cessione del credito ai sensi del D.Lgs. n. 270 del 1999, art. 50, ammettevano la domanda solo in chirografo, per entrambe le pretese;

3. la corte, precisato che la propria cognizione non poteva estendersi – quanto agli atti – oltre quelli non contestati dall’appellato (causa il non rideposito tempestivo del fascicolo da parte dell’appellante) e – quanto alle difese – con esame della comparsa conclusionale (difettando prova della procura al nuovo avvocato), ha ritenuto che: a) della L. n. 52 del 1991, art. 7, commi 2 e 3, non si applica alle società sottoposte ad amministrazione straordinaria, bensì solo a quelle in fallimento; b) anche il D.Lgs. n. 270 del 1999, art. 51 è a sua volta speciale, disciplinando i diritti dell’altro contraente in caso di scioglimento del contratto, pendente al momento dell’apertura della procedura, quando operato dal commissario, senza margini di rinvio alla cit. legge sulla cessione dei crediti d’impresa, rimandando piuttosto alla L. Fall., artt. 72 e s.s.; c) ne consegue che il creditore ha solo diritto d’insinuare al passivo il proprio credito per qualità ordinaria, senza prededuzione, non potendosi fare applicazione di un istituto in assenza di espresso rinvio;

4. il ricorso è su due motivi e ad esso resiste con controricorso la Cooperativa Costruttori – Coopcostruttori s.c.a.r.l. in a.str.; vi è memoria del controricorrente;

5. con il ricorso si deduce: a) (primo motivo) posta la pacifica appartenenza dell’operazione alla cessione dei crediti ex L. n. 52 del 1991, la corte ha errato, in violazione della L. n. 52 del 1991, art. 1, comma 1, art. 7, comma 2 e 3 e D.Lgs. n. 270 del 1999, artt. 50 e 51, nel non considerare che già il D.Lgs. n. 270 del 1999, art. 36 rinvia alla normativa sulla liquidazione coatta amministrativa per cui “si è pacificamente ritenuto” – come da precedenti di legittimità – che all’amministrazione straordinaria fosse applicabile la legge speciale sul factoring, dato lo specifico e ampio riferimento testuale, sia per la L. Prodi che per la Prodi-bis e la peculiarietà del contratto; b) (secondo motivo) vizio di motivazione avendo la corte omesso di esaminare, con il terzo motivo d’appello, l’asserzione secondo cui le somme corrisposte dalla banca cessionaria al cedente integrano a pieno titolo la qualificazione di corrispettivo per la cessione.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

Considerato che:

1.il primo motivo è fondato, con assorbimento del secondo; la sentenza, pur comparando due norme speciali – la L. n. 52 del 1991, art. 7 e il D.Lgs. n. 270 del 1999, art. 51 – e optando per una considerazione di completezza-autosufficienza della seconda, in realtà attua una preliminare operazione di scorporo della prima di esse dall’intero impianto normativo cui appartiene; va così preliminarmente indagato se, nell’ambito delle cessioni dei crediti d’impresa di cui alla L. 21 febbraio 1991, n. 52 sia attuabile una lettura restrittiva dell’art. 7, per come disciplinante la sorte di quei contratti al sopravvenire del fallimento del cedente, intendendo la previsione quale circoscritta solo a quella procedura concorsuale e non ad altre; in caso di risposta negativa sarà possibile operare il raffronto di specialità con le regole che, nell’amministrazione straordinaria, D.Lgs. n. 270 del 1999, artt. 50-51, individuano i conflitti tra commissario straordinario e cessionario del credito e sempre che, ulteriore condizione, anche la cessione dei crediti vi rientri;

2. nella vicenda la corte, isolando la citata L. n. 52 del 1999, art. 7, ne ha statuito l’inapplicabilità al commissario dell’amministrazione straordinaria perchè esso “prende espressamente in considerazione solo l’ipotesi del fallimento”; questa Corte ha più volte enunciato il principio per cui “il factoring è un contratto atipico complesso, il cui nucleo fondamentale prevede sempre un accordo in forza del quale un’impresa specializzata (il factor) si obbliga ad acquistare – pro soluto o pro solvendo -, per un periodo di tempo determinato e rinnovabile salvo preavviso, la totalità o una parte dei crediti di cui un imprenditore è o diventerà titolare; di conseguenza il factor paga all’imprenditore i crediti ceduti secondo il loro importo nominale, decurtato di una commissione che costituisce il corrispettivo dell’attività da esso prestata, oppure gli concede delle anticipazioni sui crediti ceduti… in quest’ultimo caso – che poi sostanzialmente corrisponde a quanto delineato dalla stessa ricorrente – si rimane sempre all’interno dello schema negoziale di cui alla L. n. 52 del 1991; difatti l’ambito di applicazione della legge suddetta resta individuato con chiarezza dall’art. 1, secondo cui la cessione di crediti pecuniari verso corrispettivo è in quel modo disciplinata quando concorrono le seguenti condizioni: a) il cedente è un imprenditore; b) i crediti ceduti sorgono da contratti stipulati dal cedente nell’esercizio dell’impresa; c) il cessionario è una banca o un intermediario finanziario” disciplinato dall’art. 25 TUB e con un oggetto sociale relativo a tale attività, per cui “solo per le cessioni di credito prive dei requisiti suddetti resta salva l’applicazione della disciplina ordinaria” (Cass. 11589/2019);

3. di fatto, la L. n. 52 del 1991 si applica alle cessioni di credito d’impresa con una banca o intermediario finanziario nelle condizioni soggettive descritte e dunque attraendo ogni ipotesi, cioè sia per operazioni singole che per plurimi crediti insorgenti da un unico contratto, con molteplicità di forme remunerative, quale mera conseguenza di una normativizzazione del contratto constatata da questa Corte (Cass. 16850/2017);

4. sul piano testuale, non solo l’art. 7 (intitolato al fallimento del cedente), ma anche le disposizioni immediatamente anteriori, come l’art. 5 (efficacia della cessione nei confronti dei terzi) e l’art. 6 (revocatoria fallimentare dei pagamenti del debitore ceduto), contengono esclusivamente riferimenti alla fattispecie del fallimento ovvero del suo organo; ma non è dubitabile che anche nelle altre procedure concorsuali trovino applicazione le medesime regole in punto di sussunzione della cessione del credito in quella così disciplinata quanto ad efficacia verso i terzi e revocatorie, inclusa dunque l’ipotesi di sopraggiunta insolvenza del cedente; lo attestano svariate pronunce di legittimità che si sono occupate dei limiti di resistenza di simili contratti all’insorgere di procedure diverse dal fallimento, come la liquidazione coatta amministrativa (Cass. 4774/1998, 16850/2017) o la stessa amministrazione straordinaria (Cass. 12901/2004, 574/2007, 17388/2007, 12994/2015); e in tanto i citati indirizzi sono stati espressi in quanto nessun ostacolo a tale estensione deriva dall’utilizzo delle espressioni testuali di tali norme, invece elevate dalla sentenza impugnata a ratio decidendi pregiudiziale;

5. la ragione di tale omesso riferimento, come correttamente prospettato in ricorso, è invero quella per cui, da un lato, già all’epoca della L. Prodi 3 aprile 1979, n. 95, art. 1, così come in prosieguo con la cd. Prodi-bis (D.Lgs. 8 luglio 1999, art. 36), l’amministrazione straordinaria rinviava alla disciplina della liquidazione coatta amministrativa per quanto non più specificamente disposto; dall’altro, la specialità della L. n. 52 del 1991 costituisce l’ordinamento che disciplina per tutte le procedure concorsuali i principi di efficacia dettati in tema di cessione professionale dei crediti d’impresa (nella nozione sopra sintetizzata);

6. la parzialità dell’accertamento giudiziale di merito sul “rapporto pendente”, laconicamente descritto avendo riguardo a due operazioni in apparenza diverse (la prima, con anticipazione bancaria ed in corrispettivo solo parziale di un più ampio credito ceduto, la seconda a fronte di un credito ceduto e correlato a fattura già spiccata) e genericamente collocate dalla sentenza “nell’ambito dello stesso contratto di cessione”, non permette di affrontare più compiutamente la controversia, anche avendo riguardo alla portata del nesso tra corrispettivo del credito, funzione della cessione, imputabilità della venuta meno del credito ceduto e per il rapporto asseritamente pendente, scioglimento del contratto, trattandosi di questioni oggetto di limitata attività istruttoria;

all’accoglimento del primo motivo di ricorso, assorbito il secondo, consegue la cassazione della sentenza con rinvio, anche per le spese del procedimento di legittimità.

P.Q.M.

la Corte accoglie il ricorso quanto al primo motivo, assorbito il secondo; cassa la sentenza impugnata e rinvia alla Corte d’appello di Bologna, in altra composizione, anche per le spese del procedimento di legittimità.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio, il 22 dicembre 2020.

Depositato in Cancelleria il 12 gennaio 2021

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