Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 29793 del 29/12/2020

Cassazione civile sez. VI, 29/12/2020, (ud. 06/10/2020, dep. 29/12/2020), n.29793

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 1

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. SCALDAFFERRI Andrea – Presidente –

Dott. MELONI Marina – Consigliere –

Dott. MARULLI Marco – Consigliere –

Dott. IOFRIDA Giulia – rel. Consigliere –

Dott. NAZZICONE Loredana – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 9618-2018 proposto da:

P.V., elettivamente domiciliata in ROMA, PIAZZA CAVOUR

presso la CANCELLERIA DELLA CORTE DI CASSAZIONE, rappresentata e

difesa dall’avvocato SAVERIO FUSCO;

– ricorrente –

contro

COMUNE di SALERNO, in persona del Sindaco pro tempore, elettivamente

domiciliato in ROMA, VIA BARNABA TORTOLINI 30, presso lo studio

PLACIDI, rappresentato e difeso dagli avvocati CARMINE GRUOSSO,

ANIELLO DI MAURO;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 906/2017 della CORTE D’APPELLO di SALERNO,

depositata il 25/09/2017;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

06/10/2020 dal Consigliere Relatore Dott. IOFRIDA GIULIA.

 

Fatto

FATTI DI CAUSA

La Corte d’appello di Salerno, con sentenza n. 906/2017, depositata in data 25/9/2017, – in controversia promossa dal Comune di Salerno nei confronti di P.V. al fine di sentirla condannare, in qualità di obbligata, in solido con gli altri proprietari di suoli facenti parte di una lottizzazione del 1975 in località Masso della Signora, al pagamento della somma di Euro 25.332,33 a titolo di spese per il completamento, da parte dell’Ente locale, degli oneri di urbanizzazione solo in parte realizzate da proprietari, – ha confermato la decisione di primo grado, che aveva dichiarato il difetto di giurisdizione del giudice ordinario in favore del giudice amministrativo, con compensazione tra le parti delle spese di lite.

In particolare, i giudici d’appello, respingendo il gravame proposto dalla P., in punto di eccezione di carenza di legittimazione processuale attiva, per difetto di valida procura alle liti (non essendo stata prodotta dal Comune la delibera della Giunta che autorizzava il Sindaco del Comune a promuovere il giudizio), e di inesistenza dell’atto di citazione, hanno rilevato che la doglianza era inammissibile per carenza di interesse, essendosi comunque formato il giudicato sulla statuizione di difetto di giurisdizione del giudice adito, non impugnata; in punto spese, la decisione del Tribunale meritava del pari conferma, in considerazione della materia trattata, del comportamento della parte attrice (che aveva aderito all’eccezione sollevata dalla convenuta) e della natura pregiudiziale della statuizione adottata in primo grado.

Avverso la suddetta pronuncia, P.V. propone ricorso per cassazione, affidato a due motivi, nei confronti del Comune di Salerno (che resiste con controricorso).

E’ stata disposta la trattazione con il rito camerale di cui all’art. 380-bis c.p.c., ritenuti ricorrenti i relativi presupposti.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. La ricorrente lamenta, con il primo motivo, ex art. 360 c.p.c., n. 4, la contraddittorietà della decisione, in violazione degli artt. 112,75 e 182 c.p.c., per non avere la Corte di merito rilevato che il Tribunale avrebbe dovuto pronunciarsi sulla preliminare questione circa l’insussistenza degli elementi costitutivi dell’azione; con il secondo motivo, si lamenta poi la violazione, ex art. 360 c.p.c., n. 3, degli artt. 91 e 92 c.p.c. e art. 111 Cost, nonchè l’illogicità della motivazione della sentenza, ex art. 360 c.p.c., n. 5, in ordine alla giustificazione circa la correttezza della compensazione delle spese, disposta in primo grado, malgrado la totale soccombenza del Comune attore.

2. Con PEC del 2/10/2020, anteriormente all’adunanza camerale del 6/10/2020, il difensore della ricorrente, dando atto di un atto di transazione sottoscritto tra le parti il 28/2/2019, ha chiesto dichiararsi estinto il processo per cassata materia del contendere, essendo venuto meno l’interesse a procedure nel giudizio.

3. Preso atto di quanto sopra esposto, ne consegue, mancando i requisiti previsti dall’art. 390 c.p.c., comma 2, non essendo la rinuncia sottoscritta dalla parte personalmente e non essendo il difensore munito di mandato speciale (ma comunque abilitato a palesare il sopravvenuto difetto di interesse della ricorrente a proseguire il giudizio, Cass. 23161/2013), la declaratoria di inammissibilità del ricorso per sopravvenuta carenza di interesse, in quanto l’interesse ad agire, e quindi anche ad impugnare, deve sussistere non solo nel momento in cui è proposta l’azione o l’impugnazione, ma anche nel momento della decisione, in relazione alla quale, ed in considerazione della domanda originariamente formulata, va valutato l’interesse ad agire (cfr. Cass. SU 25278/2006; Cass. 23515/2007; Cass. 17585/2012).

4. Le spese, non risultando, dal tenore della sopra detta istanza, che le parti abbiano definito la lite anche sul punto, vanno poste a carico della ricorrente, che ha dato causa al giudizio, tenuto conto del principio della c.d. soccombenza virtuale; invero, la prima censura risulta inammissibile, non potendo rilevare un interesse di mero fatto alla riforma di una sentenza, quale nella specie l’asserita violazione dell’ordine logico di trattazione di questioni di rito, pregiudiziali e preliminari, e la seconda censura è del pari inammissibile, in quanto, con riferimento al regolamento delle spese, il sindacato della Corte di cassazione è limitato ad accertare che non risulti violato il principio secondo il quale le spese non possono essere poste a carico della parte vittoriosa, con la conseguenza che esula da tale sindacato e rientra nel potere discrezionale del giudice di merito la valutazione dell’opportunità di compensare in tutto o in parte le spese di lite, e ciò sia nell’ipotesi di soccombenza reciproca, sia nell’ipotesi di concorso con altri giusti motivi (Cass. 406/2008; Cass. 19613/2017).

5. Per tutto quanto sopra esposto, il ricorso va dichiarato inammissibile per sopravvenuta carenza d’interesse.

Le spese vanno liquidate come in dispositivo, secondo il principio della c.d. soccombenza virtuale.

Non deve disporsi il pagamento del doppio contributo, in quanto, in tema di impugnazioni, la “ratio” del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater, nel testo introdotto dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17, che pone a carico del ricorrente rimasto soccombente l’obbligo di versare un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, va individuata nella finalità di scoraggiare le impugnazioni dilatorie o pretestuose, sicchè tale meccanismo sanzionatorio si applica per l’inammissibilità originaria del gravame (nella specie, ricorso per cassazione) ma non per quella sopravvenuta (Cass., n. 13636 del 2015).

PQM

La Corte dichiara inammissibile il ricorso; condanna la ricorrente al pagamento delle spese processuali del presente giudizio di legittimità, liquidate in complessivi Euro 2.100,00, a titolo di compensi, oltre Euro 100,00 per esborsi, nonchè al rimborso forfetario delle spese generali, nella misura del 15%, ed agli accessori di legge.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della non ricorrenza dei presupposti processuali per il versamento da parte della ricorrente dell’importo a titolo di contributo unificato, pari a quello per il ricorso, ove dovuto, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio, il 6 ottobre 2020.

Depositato in Cancelleria il 29 dicembre 2020

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