Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 28695 del 16/12/2020

Cassazione civile sez. VI, 16/12/2020, (ud. 20/10/2020, dep. 16/12/2020), n.28695

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE L

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. DORONZO Adriana – Presidente –

Dott. LEONE Margherita Maria – Consigliere –

Dott. ESPOSITO Lucia – Consigliere –

Dott. PONTERIO Carla – rel. Consigliere –

Dott. MARCHESE Gabriella – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 18574-2019 proposto da:

M.R., elettivamente domiciliata in ROMA, VIA NOMENTANA 78,

presso lo studio dell’avvocato GIUSEPPE SPAGNUOLO, che la

rappresenta e difende;

– ricorrente –

contro

INPS – ISTITUTO NAZIONALE DELLA PREVIDENZA SOCIALE;

– intimato –

avverso la sentenza n. 1191/2019 della CORTE D’APPELLO di NAPOLI,

depositata il 26/02/2019;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non

partecipata del 20/10/2020 dal Consigliere Relatore Dott. CARLA

PONTERIO.

 

Fatto

RILEVATO

che:

1. la Corte d’appello di Napoli, con sentenza n. 1191 pubblicata il 26.2.2019, giudicando in sede di rinvio dalla Corte di Cassazione (ordinanza n. 132 del 2018), ha dichiarato l’illegittimità del provvedimento dell’INPS di cancellazione di M.R. dall’elenco dei braccianti agricoli per l’anno 2004 ed ha compensato le spese di lite di tutti i gradi di giudizio;

2. la Corte territoriale ha riportato stralci della ordinanza n. 132 del 2018 che ha stabilito: “risulta dal ricorso per cassazione che tra le parti era intervenuta altra sentenza del Tribunale di Salerno, la n. 2986 resa in data 12/6/2013 con la quale era stato accertato, in via definitiva ed irrevocabile, il dedotto rapporto di lavoro agricolo per l’annata 2004, ai fini della ripetizione delle indennità corrisposte dall’I.N.P.S….; che tale sentenza era stata allegata dalla M. tra gli atti del proprio fascicolo nel giudizio di appello nel corso del quale era stata specificamente posta in rilievo l’esistenza di un giudizio definitivo sul presupposto giuridico a base della pretesa; che nella fattispecie in esame non vi è dubbio che l’accertamento del diritto della M. alla reiscrizione negli elenchi dei lavoratori agricoli in relazione allo svolgimento di un rapporto di lavoro alle dipendenze dell’azienda Il Miracolo e per l’anno 2004 avesse formato oggetto di positivo accertamento da parte del Tribunale di Salerno nella sentenza n. 2986 resa in data 12/6/2013 e passata in giudicato; e che il giudice del gravame, ai fini della valutazione della domanda proposta da M.R., non poteva non tener conto di tale definitivo accertamento”;

3. ha motivato la compensazione delle spese di tutti i gradi (e fasi) di giudizio sul rilievo che “la sentenza passata in giudicato (ndr. sentenza del Tribunale di Salerno n. 2986 del 12.6.2013), con la quale era già stata accertata l’illegittimità del disconoscimento del rapporto di lavoro agricolo e conseguentemente l’insussistenza dell’indebita percezione dell’indennità di disoccupazione, era già intervenuta all’epoca della decisione in questa sede impugnata, la quale non aveva rigettato la domanda della M., proposta coevamente e separatamente dall’altra, benchè strettamente connesse, ma aveva omesso di pronunciarsi sulla stessa”; ha ritenuto che “il frazionamento delle domande, unito alla circostanza che la seconda sentenza non era in contrasto con la prima, sicchè risulta del tutto sovrabbondante l’iter processuale percorso rispetto al risultato che si intendeva ottenere (tanto è vero che l’INPS aveva già provveduto a riaccreditare i contributi previdenziali dell’anno 2004), giustifica(sse) l’integrale compensazione delle spese di tutti i gradi di giudizio”;

4. avverso tale sentenza M.R. ha proposto ricorso per cassazione affidato a due motivi, illustrati da successiva memoria; l’INPS non ha svolto difese;

5. la proposta del relatore è stata comunicata alle parti, unitamente al decreto di fissazione dell’adunanza camerale non partecipata, ai sensi dell’art. 380 bis c.p.c..

Diritto

CONSIDERATO

che:

6. col primo motivo di ricorso è dedotta violazione e falsa applicazione dell’art. 394 e ss. c.p.c., sul rilievo che la sentenza emessa in sede di rinvio, pur avendo accolto la domanda della M. e quindi riconosciuto la stessa come parte vittoriosa, aveva poi, violando il dictum della Suprema Corte, omesso di riconoscere il diritto della predetta alla rifusione delle spese sostenute e anticipate nel corso dell’intero procedimento;

7. col secondo motivo è denunciata violazione e falsa applicazione degli artt. 91,92 e 132 c.p.c., dell’art. 118disp. att. c.p.c., e dell’art. 111 Cost., nonchè difetto di motivazione sulle ragioni di compensazione delle spese processuali, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, nn. 3, 4 e 5;

8. si censura la motivazione come apparente e contraddittoria e si contesta l’esistenza di qualsiasi abuso del diritto mediante frazionamento delle domande atteso che l’INPS aveva, con un provvedimento, avanzato richiesta di ripetizione di indebito oggettivo (pari ad Euro 2.627,26) e contro tale provvedimento la parte era stata costretta ad agire in giudizio; con separato provvedimento l’Istituto aveva poi disposto la cancellazione della lavoratrice dall’elenco dei braccianti agricoli, costringendo la stessa ad un’altra iniziativa giudiziaria;

9. si ribadisce il contrasto tra la sentenza del Tribunale n. 3044/14, riformata in sede di rinvio, e la sentenza di primo grado n. 2986/13 che aveva accertato l’esistenza del rapporto di lavoro agricolo della predetta nell’anno 2004;

10. si sostiene che l’affermazione contenuta nella sentenza emessa in sede di rinvio, concernente l’avvenuto riaccredito dei contributi previdenziali per l’anno 2004, è sfornita di prova ed anche di un principio di prova;

11. si precisa che la sentenza n. 3044/14 non aveva non respinto la domanda della M. bensì omesso di pronunciarsi sulla stessa, e la parte aveva quindi esigenza di far dichiarare illegittimo il provvedimento di cancellazione dagli elenchi emesso dall’INPS;

12. il primo motivo di ricorso è infondato;

13. è pacifico che il giudizio di rinvio in seguito a cassazione, pur dotato di autonomia, non dà luogo ad un nuovo procedimento, ma rappresenta una fase ulteriore di quello originario da ritenersi unico e unitario (Cass. n. 29125 del 2019; n. 1301 del 2017);

14. in tema di spese processuali, il giudice del rinvio, cui la causa sia stata rimessa anche per provvedere sulle spese del giudizio di legittimità, si deve attenere al principio della soccombenza applicato all’esito globale del processo; deve quindi liquidare le spese in base all’esito finale della lite (Cass. n. 20289 del 2015; n. 4909 del 2004), applicando, se non diversamente stabilito, la legge processuale vigente al momento di introduzione del procedimento in primo grado (Cass. n. 29125 del 2019; n. 1301 del 2017);

15. in quanto fase ulteriore di un procedimento che resta unico, il giudizio di rinvio è soggetto a tutte le disposizioni dettate in tema di regolazione delle spese e la sentenza di cassazione con rinvio non preclude di per sè la compensazione delle spese, totale o parziale, in relazione all’esito complessivo della lite e purchè correttamente motivata in conformità ai criteri dettati dalla disciplina ratione temporis applicabile; fermo il limite per cui, nel giudizio di cassazione, il sindacato della Corte è limitato ad accertare che non risulti violato il principio secondo cui le spese non possono essere poste interamente a carico della parte vittoriosa (cfr. Cass. n. 19613 del 2017; n. 8421 del 2017; Sez. 6 n. 24502 del 2017);

16. è invece fondato il secondo motivo di ricorso;

17. occorre premettere che il giudizio di primo grado risulta introdotto nel 2012 (ricorso depositato il 12.3.2012, come scritto a pag. 2 del ricorso in cassazione), sicchè deve trovare applicazione l’art. 92 c.p.c., comma 2, nel testo modificato dalla L. n. 69 del 2009, secondo cui “Se vi è soccombenza reciproca o concorrono altre gravi ed eccezionali ragioni, esplicitamente indicate nella motivazione, il giudice può compensare, parzialmente o per intero, le spese tra le parti”;

18. la Corte d’appello ha giustificato la decisione di compensazione totale delle spese di tutti i gradi e fasi del giudizio in base ad un duplice assunto: l’avvenuto frazionamento delle domande, strettamente connesse ma proposte in due separati e coevi giudizi; inoltre, il carattere sovrabbondante dell’iter processuale rispetto al risultato che si intendeva ottenere;

19. sul primo profilo, deve rilevarsi che la attuale ricorrente è stata destinataria di un primo provvedimento dell’INPS, di ripetizione di indebito per la somma di Euro 2.627,26, corrispondente all’indennità di disoccupazione erogata e di un successivo provvedimento di disconoscimento del rapporto di lavoro agricolo per l’anno 2004 e cancellazione dall’elenco dei braccianti agricoli; ha quindi instaurato un primo giudizio per contestare la pretesa dell’Istituto di restituzione della citata somma ed un successivo giudizio per far accertare l’illegittimità della cancellazione dagli elenchi citati;

20. è vero che lo svolgimento del rapporto di lavoro agricolo nell’anno 2004 è elemento costitutivo di entrambe le domande azionate, ma queste sono state proposte a fronte di distinte iniziative dell’INPS e non si tratta di “domande aventi ad oggetto diversi e distinti diritti di credito…relativi ad un medesimo rapporto di durata tra le parti”, in relazione alle quali è astrattamente configurabile il frazionamento della tutela processuale (cfr. Cass., S.U. n. 4090 del 2017);

21. la M. non ha frazionato in più azioni giudiziarie diritti di credito relativi ad un unico rapporto ma ha agito per opporsi a due distinti provvedimenti dell’INPS, logicamente concatenati ma autonomi, al fine di far dichiarare l’illegittimità di ciascuno di essi;

22. il secondo profilo posto a base della decisione di compensare integralmente le spese di lite attiene ad un supposto iter processuale sovrabbondante, quindi non necessario, argomentato sul rilievo che la sentenza di primo grado (n. 3044/2014) aveva omesso di pronunciarsi sulla domanda di accertamento del diritto all’iscrizione nel registro dei braccianti agricoli per l’anno 2004, ma non l’aveva respinta, quindi non si poneva in contrasto con la statuizione contenuta nella sentenza n. 2986/2013, all’epoca già pubblicata;

23. in realtà, proprio a causa della omessa pronuncia da parte del Tribunale, la M. era stata indotta a proporre ricorso in appello e, come osservato anche da questa Corte nell’ordinanza di cassazione con rinvio, aveva allegato la sentenza pronunciata (n. 2986/13) nel separato procedimento e passata in giudicato, che aveva accertato il suo diritto alla reiscrizione negli elenchi, ma di tale pronuncia definitiva i giudici di appello non avevano tenuto conto; in ragione di ciò era stato proposto ricorso in cassazione, risoltosi in senso positivo per la M.;

24. invocando un iter processuale sovrabbondante, la Corte d’appello ha addebitato alla attuale ricorrente di non aver rinunciato, dopo il primo grado, a far accertare in giudizio l’illegittimità del provvedimento di cancellazione dagli elenchi agricoli, data l’esistenza del giudicato formatosi nel separato procedimento;

25. ma una simile argomentazione è errata in diritto;

26. come ribadito dalla Corte Cost. nella sentenza n. 77 del 2018, la “regolamentazione delle spese di lite… è funzionalmente servente rispetto alla realizzazione della tutela giurisdizionale come diritto costituzionalmente garantito (art. 24 Cost.). Il “normale complemento” dell’accoglimento della domanda – ha affermato questa Corte (sentenza n. 303 del 1986) – è costituito proprio dalla liquidazione delle spese e delle competenze in favore della parte vittoriosa”;

27. è vero che questa regola non ha carattere assoluto e che difatti il legislatore, intervenendo più volte sull’art. 92 c.p.c., ha previsto alcune deroghe, ricorrendo alle clausole generali, per adeguare le deroghe al contesto storico-sociale o a speciali situazioni, non esattamente ed efficacemente determinabili a priori;

28. come più volte affermato da questa Corte, compete al giudice di merito riempire di contenuto tali clausole, cioè specificare in via interpretativa il parametro normativo con un giudizio che è censurabile in sede di legittimità sotto il profilo della correttezza del metodo seguito nell’applicazione della clausola generale, poichè l’operatività in concreto di norme di tale tipo deve rispettare criteri e principi desumibili dall’ordinamento generale, a cominciare dai principi costituzionali, e dalla disciplina particolare in cui la concreta fattispecie si colloca (cfr. Cass. n. 9266 del 2005; Cass. n. 5299 del 2000);

29. in relazione al caso di specie, la Corte d’appello, definendo sovrabbondante l’iter processuale seguito dalla M. (con la proposizione dell’appello avverso la sentenza di primo grado, viziata da omessa pronuncia, allo scopo di far valere il giudicato esterno che aveva accertato lo svolgimento del rapporto di lavoro agricolo nell’anno 2004) ha considerato elemento giustificativo della deroga al principio di soccombenza (“gravi ed eccezionali ragioni”, secondo la formula dell’art. 92 c.p.c., applicabile ratione temporis) l’esercizio del diritto di agire in giudizio, nel caso concreto praticato in assenza di forme di abuso del processo, quindi in modo legittimo; in tal modo la sentenza impugnata ha interpretato e applicato la clausola di cui al citato art. 92, in maniera contrastante con i principi costituzionali e, in particolare, con quelli enunciati dall’art. 24 Cost.;

30. deve quindi ritenersi integrata la dedotta violazione dell’art. 92 c.p.c., da cui consegue la cassazione della sentenza impugnata in relazione al secondo motivo di ricorso, con rinvio alla medesima Corte d’appello, in diversa composizione, anche per la regolazione delle spese di questo giudizio di legittimità.

P.Q.M.

La Corte accoglie il secondo motivo di ricorso, rigetta il primo motivo, cassa la sentenza impugnata in relazione al motivo accolto e rinvia alla Corte d’appello di Napoli, in diversa composizione, anche per la regolazione delle spese del giudizio di legittimità.

Così deciso in Roma, nell’adunanza, il 20 ottobre 2020.

Depositato in Cancelleria il 16 dicembre 2020

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