Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 19666 del 16/09/2010

Cassazione civile sez. lav., 16/09/2010, (ud. 15/07/2010, dep. 16/09/2010), n.19666

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. BATTIMIELLO Bruno – Presidente –

Dott. LAMORGESE Antonio – Consigliere –

Dott. LA TERZA Maura – rel. Consigliere –

Dott. CURCURUTO Filippo – Consigliere –

Dott. MAMMONE Giovanni – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ordinanza

sul ricorso 25551-2009 proposto da:

G.P., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA INNOCENZO XI

n. 8, presso lo studio dell’avvocato GALATI ALBERTO, rappresentato e

difeso dall’avvocato VAITI VINCENZO, giusta procura speciale a

margine del ricorso;

– ricorrente –

contro

MINISTERO DELL’INTERNO;

– intimato –

avverso la sentenza n. 1091/2008 della CORTE D’APPELLO di REGGIO

CALABRIA del 4.11.08, depositata il 21/11/2008;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

15/07/2010 dal Consigliere Relatore Dott. MAURA LA TERZA.

E’ presente il Procuratore Generale in persona del Dott. MASSIMO

FEDELI.

 

Fatto

FATTO E DIRITTO

Letta la sentenza impugnata del 21 novembre 2008, con cui la Corte d’appello di Reggio Calabria, in sede di rinvio, dichiarava la improcedibilità dell’appello proposto da G.P. nei confronti del Ministero dell’Interno in quanto il G. medesimo non aveva provveduto alla notificazione del ricorso in riassunzione e del decreto di fissazione d’udienza nel termine fissato nel medesimo provvedimento; il Giudice del rinvio si atteneva alla pronunzia emessa dalle Sezioni unite di questa Corte n. 20604 del 2008 secondo cui ” Nel rito del lavoro l’appello, pur tempestivamente proposto nel termine previsto dalla legge, è improcedibile ove la notificazione del ricorso depositato e del decreto di fissazione dell’udienza non sia avvenuta, non essendo consentito – alla stregua di un’interpretazione costituzionalmente orientata imposta dal principio della cosiddetta ragionevole durata del processo “ex” art. 111 Cost., comma 2, – al giudice di assegnare, “ex” art. 421 cod. proc. civ., all’appellante un termine perentorio per provvedere ad una nuova notifica a norma dell’art. 291 cod. proc. civ.”;

Letto il ricorso del G. mentre il Ministero è rimasto intimato;

Rilevato che con l’unico motivo si denunzia violazione degli artt. 291 e 421 cod. proc. civ. e difetto di motivazione per non avere considerato, nel fare applicazione del principio di diritto applicato, che esso appellante aveva notificato il ricorso in riassunzione, sia pure oltre il termine fissato nel decreto; inoltre la prima notificazione era avvenuta fuori termine perchè il biglietto di cancelleria, con cui era stato comunicato il decreto di fissazione dell’udienza, era stato comunicato in ritardo, ossia appena tre giorni dalla scadenza del termine di cui all’art. 435 cod. proc. civ.;

Letta la relazione resa ex art. 380 bis cod. proc. civ. di inammissibilità del ricorso;

Ritenuto che i rilievi di cui alla relazione non sono condivisibili, perchè, nonostante la censura riguardi la violazione di legge, non è stato formulato il quesito di diritto; l’art. 366 bis c.p.c., introdotto dal D.Lgs. 2 febbraio 2006, n. 40, (applicabile, ai sensi dell’art. 27, comma 2, di detto Decreto, ai ricorsi per cassazione proposti avverso sentenze rese pubbliche in data successiva all’entrata in vigore del decreto stesso, come nella specie) stabilisce che l’illustrazione di ciascun motivo di ricorso proposto ai sensi del precedente art. 360 c.p.c., nn. 1, 2, 3, e 4, debba concludersi, a pena d’inammissibilità del motivo, con la formulazione di un quesito di diritto. Attraverso questa specifica norma, in particolare, il legislatore si propone l’obiettivo di garantire meglio l’aderenza dei motivi di ricorso (per violazione di legge o per vizi del procedimento) allo schema legale cui essi debbono corrispondere. La formulazione del quesito funge da prova necessaria della corrispondenza delle ragioni del ricorso ai canoni indefettibili del giudizio di legittimità, inteso come giudizio d’impugnazione a motivi limitati. Ne consegue non solo che la formulazione del quesito di diritto previsto da detta norma deve necessariamente essere esplicita, in riferimento a ciascun motivo di ricorso (cfr., in tal senso, Sez. un, n. 7258 del 2007, e Cass. n. 27130 del 2006), ma anche che essa non deve essere generica ed avulsa dalla fattispecie di cui si discute (cfr. Sez. un. n. 36 del 2007), risolvendosi altrimenti in un’astratta petizione di principio, perciò inidonea tanto ad evidenziare il nesso occorrente tra la singola fattispecie ed il principio di diritto che il ricorrente auspica sia enunciato, quanto ad agevolare la successiva enunciazione di tale principio, ad opera della Corte, in funzione nomofilattica.

Inoltre la Corte, con la sentenza 26 marzo 2007 n. 7258 delle sezioni unite, ha inoltre affermato che la disposizione non può essere interpretata nel senso che il quesito di diritto si possa desumere implicitamente dalla formulazione del motivi di ricorso, perchè una tale interpretazione si risolverebbe nell’abrogazione tacita della norma;

Ritenuto che non rileva che sia stato eccepito anche il difetto di motivazione, trattandosi di questione di puro diritto e attenendo il difetto di motivazione solo sull’interpretazione dei fatti;

Ritenuto che, in ogni caso, manca il momento di sintesi prescritto dall’art. 366 bis cod. proc. civ. per il caso di censura riguardante il difetto di motivazione;

Ritenuto che quindi il ricorso va dichiarato inammissibile e non si deve provvedere sulle spese non avendo il Ministero svolto attività difensiva.

P.Q.M.

La Corte dichiara inammissibile il ricorso, nulla per le spese.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 15 luglio 2010.

Depositato in Cancelleria il 16 settembre 2010

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