Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 19209 del 08/09/2010

Cassazione civile sez. trib., 08/09/2010, (ud. 22/06/2010, dep. 08/09/2010), n.19209

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. MERONE Antonio – Presidente –

Dott. CARLEO Giovanni – Consigliere –

Dott. GIACALONE Giovanni – rel. Consigliere –

Dott. IACOBELLIS MARCELLO – Consigliere –

Dott. VIRGILIO Biagio – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ordinanza

sul ricorso 1860/2009 proposto da:

AGENZIA DELLE ENTRATE, in persona del Direttore pro tempore,

elettivamente domiciliata in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12, presso

l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che la rappresenta e difende, ope

legis;

– ricorrente –

contro

F.C.D., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA

LUCREZIO CARO 38, presso lo studio dell’avvocato SGROI LUCIO,

rappresentato e difeso dall’avvocato DITARANTO Pietro, giusta mandato

in calce al controricorso;

– controricorrenti –

avverso la sentenza n. 147/2007 della COMMISSIONE TRIBUTARIA

REGIONALE di POTENZA del 26/11/07, depositata l’08/01/2008;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del

22/06/2010 dal Consigliere Relatore Dott. GIOVANNI GIACALONE;

è presente il P.G. in persona del Dott. CARLO DESTRO.

 

Fatto

RITENUTO IN FATTO

Nella causa indicata in premessa, in cui il contribuente ha resistito con controricorso, è stata depositata in cancelleria la seguente relazione ai sensi dell’art. 380 bis c.p.c. “La decisione impugnata ha respinto l’appello dell’Ufficio considerando l’avviso di irrogazione sanzioni assolutamente privo di motivazione, non integrato dall’atto di riferimento e non preceduto da verbale di constatazione dell’illecito, con lesione del diritto di difesa dell’incolpato; nel merito, riteneva il p.v. degli ispettori previdenziali privo di certezza e definitività, in quanto non sostenuto da prove inconfutabili di un presunto rapporto di lavoro irregolare. Ha proposto ricorso per cassazione affidato a tre motivi l’Agenzia delle Entrate, l’intimato si è costituito con controricorso.

Nel caso in esame, non assume rilievo la sentenza della Corte costituzionale n. 130 del 2008, che ha dichiarato l’illegittimità costituzionale del D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 2, comma 1, nella parte in cui attribuiva alla giurisdizione tributaria le controversie relative alle sanzioni comunque irrogate da uffici finanziari, anche ove esse conseguano alla violazione di norme non aventi natura tributaria. Invero, premesso che l’efficacia retroattiva delle pronunce di illegittimità costituzionale si arresta di fronte al giudicato, anche implicito, sulla giurisdizione, sicchè, nel caso in cui la sentenza della Corte costituzionale sia intervenuta quando il giudicato in merito alla giurisdizione si sia – come nella specie – già formato, non essendo stata impugnata sul punto (eventualmente anche sollevando questione di legittimità costituzionale) la pronunzia (anche implicita), è inammissibile l’eccezione di giurisdizione sollevata per la prima volta in sede di legittimità (SS.UU. 24883/08; 28545/08; 8998/09; 23205/09; 24182/09).

Il primo ed il terzo motivo – con cui la p.a. rispettivamente sotto il profilo della violazione di legge e del vizio motivazionale, lamenta che, diversamente da quanto ritenuto in sentenza, l’atto irrogativo di sanzioni era legittimamente motivato con riferimento al verbale di contestazione portato precedentemente a conoscenza del trasgressore – sono manifestamente fondati, dovendosi confermare il consolidato orientamento di questa S.C., secondo cui il contenuto dell’obbligo di motivare l’atto applicativo della sanzione amministrativa va individuato in funzione dello scopo della motivazione stessa, che è quello di consentire all’ingiunto la tutela dei suoi diritti mediante l’opposizione; pertanto, detto obbligo deve considerarsi soddisfatto quando dall’ingiunzione risulti la violazione addebitata, in modo che l’ingiunto possa far valere le sue ragioni e il giudice esercitare il controllo giurisdizionale, con la conseguenza che è ammissibile la motivazione per relationem mediante il richiamo di altri atti del procedimento amministrativo e, in particolare, del verbale di accertamento, già noto – come nella specie – al trasgressore in virtù della obbligatoria preventiva contestazione (Cass. n. 20189/08; 10757/08; 871/07; 8649/06). E’ manifestamente fondato anche il secondo motivo – con cui, formulando idoneo quesito, l’Agenzia delle Entrate contesta, sotto il profilo di violazione di diverse norme di legge, che la C.T.R. abbia, illegittimamente escluso ogni valore probatorio ai verbali ispettivi e che, di conseguenza, abbia ritenuto indebitamente non provati i fatti attestati dai funzionar di vigilanza dell’INPS – in quanto con la sentenza n. 144 del 2005, la Corte costituzionale ha dichiarato l’illegittimità costituzionale del D.L. n. 12 del 2002, art. 3, comma 3, convertito nella L. n. 73 del 2002, nella parte in cui non prevede la possibilità, per il datore di lavoro, di fornire la prova che il rapporto di lavoro irregolare ha avuto inizio successivamente al 1^A gennaio dell’anno nel quale è stata elevata contestazione della violazione. Ne discende che l’onere di provare la decorrenza del rapporto (successiva al 1^ gennaio) grava sul datore di lavoro, presumendosi in difetto di prova che il rapporto decorra nel 1^ gennaio (e non dal giorno stesso dell’accertamento), sicchè incorre nel lamentato vizio la sentenza che (come nella specie) nonostante la mancanza di prova da parte dell’incolpato annulli l’atto di irrogazione delle sanzioni, ritenendo impropriamente non provata la contestazione in questione (Cass. S.U. n. 23206/09, in motivazione).

Si propone la trattazione in Camera di consiglio”.

La relazione è stata comunicata al Pubblico Ministero e notificata agli avvocati delle parti costituite.

Non sono state depositate conclusioni scritte nè memorie.

Diritto

CONSIDERATO IN DIRITTO

che il Collegio, a seguito della discussione in Camera di consiglio, condivide i motivi in fatto e in diritto esposti nella relazione e pertanto, ribaditi i principi di diritto sopra enunciati, il ricorso deve essere accolto, la sentenza deve essere cassata e la causa decisa nel merito, con il rigetto del ricorso introduttivo del contribuente;

che le spese del presente giudizio di legittimità seguono la soccombenza e si liquidano in dispositivo; mentre vanno compensate quelle delle fasi di merito, ricorrendo giusti motivi, tra cui l’epoca di consolidamento dell’orientamento giurisprudenziale in ordine alla ripartizione dell’onere probatorio nella materia.

P.Q.M.

accoglie il ricorso; cassa la sentenza impugnata e, decidendo nel merito, rigetta il ricorso introduttivo del contribuente. Condanna il contro ricorrente alle spese del presente giudizio di cassazione, che liquida in Euro 1.600,00 di cui Euro 200,00 per spese vive, oltre spese generali ed accessori di legge; compensa le spese delle fasi di merito.

Così deciso in Roma, il 22 giugno 2010.

Depositato in Cancelleria il 8 settembre 2010

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