Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 18950 del 31/08/2010
Cassazione civile sez. trib., 31/08/2010, (ud. 10/06/2010, dep. 31/08/2010), n.18950
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE TRIBUTARIA
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. LUPI Fernando – Presidente –
Dott. CAPPABIANCA Aurelio – Consigliere –
Dott. DI IASI Camilla – Consigliere –
Dott. DI BLASI Antonino – Consigliere –
Dott. SCARANO Luigi Alessandro – rel. Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ordinanza
sul ricorso 30391/2008 proposto da:
V.G., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA
ALESSANDRO FARNESE 7, presso lo studio dell’avvocato BERLIRI Claudio,
che lo rappresenta e difende unitamente all’avvocato BUSSANI MAURO,
giusta delega a margine del ricorso;
– ricorrente –
contro
AGENZIA DELLE ENTRATE, in persona del legale rappresentante pro
tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12,
presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che la rappresenta e
difende, ope legis;
– controricorrente –
avverso la sentenza n. 84/2007 della COMMISSIONE TRIBUTARIA REGIONALE
di MILANO del 17/09/07, depositata il 06/11/2007;
udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del
10/06/2010 dal Consigliere Relatore Dott. LUIGI ALESSANDRO SCARANO;
è presente il P.G., in persona del Dott. PIERFELICE PRATIS.
Fatto
RITENUTO IN FATTO E CONSIDERATO IN DIRITTO
Considerato che è stata depositata in cancelleria relazione del seguente tenore:
“Con sentenza n. 84/17/07 del 6/11/2007 la Commissione Tributaria Regionale della Lombardia, in accoglimento del gravame interposto dall’AGENZIA DELLE ENTRATE di Lecco, riformava la pronunzia della Commissione Tributaria Provinciale di Lecco di accoglimento dell’opposizione proposta in relazione ad avviso di accertamento emesso a titolo di I.R.P.E.F. e S.S.N. per l’anno d’imposta 1996.
Avverso la suindicata sentenza del giudice dell’appello il V. propone ora ricorso per cassazione, affidato a 3 motivi, con i quali denunzia omessa motivazione su fatti decisivi della controversia, in riferimento all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5.
Resiste con controricorso l’Agenzia delle entrate.
Il ricorso dovrà essere ritenuto in parte inammissibile in applicazione dell’art. 366 c.p.c., comma 1, n. 4, art. 366 bis c.p.c. e art. 375 c.p.c., comma 1, n. 5, e in parte infondato, per violazione del principio autosufficienza.
L’art. 366 bis c.p.c., dispone infatti che, in caso di denunzia di vizio di motivazione, a completamento della relativa esposizione il motivo deve indefettibilmente contenere la sintetica e riassuntiva indicazione: a) del fatto controverso; b) degli elementi di prova la cui valutazione avrebbe dovuto condurre a diversa decisione; c) degli argomenti logici per i quali tale diversa valutazione sarebbe stata necessaria (art. 366 bis c.p.c.).
Al riguardo, si è precisato che l’art. 366 bis c.p.c., rispetto alla mera illustrazione del motivo impone un contenuto specifico autonomamente ed immediatamente individuabile, ai fini dell’assolvimento del relativo onere essendo pertanto necessario che una parte del medesimo venga a tale indicazione specificamente destinata (v. Cass., 18/7/2007, n. 16002).
Orbene, nel caso il ricorso non reca invero la chiara indicazione – nei termini più sopra indicati – delle ragioni del denunziato vizio di motivazione, inammissibilmente rimettendosene l’individuazione all’attività esegetica di questa Corte, a fortiori non consentita in presenza di formulazione come nella specie altresì carente di autosufficienza, atteso che la ricorrente fa richiamo ad atti e documenti del giudizio di merito (es., all’avviso di accertamento, alla memoria aggiuntiva, alla domanda di condono, alle controdeduzioni dell’Agenzia, alla sentenza del giudice di prime cure, all’atto di appello, alla quota di partecipazione del maggior reddito accertato in capo alla società VBR di cui lo stesso era socio, agli avvisi di accertamento elevati nei confronti della società VBR, ad altra sentenza della stessa commissione, alla sentenza pronunciata nei confronti della società), limitandosi a meramente richiamarli, senza invero debitamente riprodurli nel ricorso.
I motivi si palesano pertanto privi dei requisiti a pena di inammissibilità richiesti dai sopra richiamati articoli, nella specie applicantisi nel testo modificato dal D.Lgs. 2 febbraio 2006, n. 40, essendo stata l’impugnata sentenza pubblicata successivamente alla data ( 2 marzo 2 006 ) di entrata in vigore del medesimo”;
atteso che la relazione è stata comunicata al P.G. e notificata ai difensori delle parti costituite;
rilevato che il ricorrente ha presentato memoria;
considerato che il P.G. ha condiviso la relazione;
rilevato che a seguito della discussione sul ricorso tenuta nella Camera di consiglio il collegio ha condiviso le osservazioni esposte nella relazione, non infirmate dalle osservazioni dal ricorrente esposte nella memoria, ove si sostiene l’idoneità del formulato motivo di ricorso, atteso che non è dato rinvenire nel ricorso alcun “momento di sintesi” attraverso il quale poter cogliere la fondatezza della censura (v. Cass., Sez. Un., 18/6/2008, n. 16528);
ritenuto che il ricorso deve essere pertanto dichiarato inammissibile;
considerato che le spese, liquidate come in dispositivo, seguono la soccombenza.
P.Q.M.
La Corte dichiara inammissibile il ricorso. Condanna il ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di cassazione, che liquida in complessivi Euro 3.100,00, di cui Euro 3.000,00 per onorari, oltre a contributo unificato, spese generali ed accessori come per legge.
Così deciso in Roma, il 10 giugno 2010.
Depositato in Cancelleria il 31 agosto 2010