Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 18976 del 31/08/2010
Cassazione civile sez. lav., 31/08/2010, (ud. 30/06/2010, dep. 31/08/2010), n.18976
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE LAVORO
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. BATTIMIELLO Bruno – Presidente –
Dott. LA TERZA Maura – Consigliere –
Dott. CURCURUTO Filippo – Consigliere –
Dott. TOFFOLI Saverio – Consigliere –
Dott. MAMMONE Giovanni – rel. Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ordinanza
sul ricorso proposto da:
ISTITUTO NAZIONALE DELLA PREVIDENZA SOCIALE – INPS, elettivamente
domiciliato in Roma, via della Frezza n. 17, presso l’Avvocatura
centrale dell’Istituto, rappresentato e difeso dagli avvocati RICCIO
Alessandro, Sergio Prcden e Nicola Valente per procura rilasciata in
calce al ricorso per cassazione;
– ricorrente –
contro
C.F.;
– intimato –
avverso la sentenza n. 352/2009 della Corte d’appello di Perugia,
depositata il 6/05/2009;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del
30.06.2010 dal Consigliere dott. Giovanni Mammone;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale dott.
PATRONE Ignazio.
Fatto
RITENUTO IN FATTO E DIRITTO
C.F. chiamo’ in giudizio l’INPS e l’INAIL dinanzi al Giudice del lavoro di Temi per ottenere la rivalutazione dell’anzianita’ contributiva prevista dalla L. 28 aprile 1992, n. 257, art. 13, comma 8 in ragione dell’esposizione decennale al rischio amianto per il periodo 2.7.73 – 11.2.03.
Dichiarata la carenza di legittimazione passiva dell’INAIL ed accolta la domanda nei propri confronti, l’INPS proponeva appello ribadendo preliminarmente la prescrizione del diritto e, in subordine, l’inammissibilita’ del ricorso per mancato previo esperimento del procedimento amministrativo, nonche’ l’infondatezza del ricorso nel merito; lamentava, inoltre, l’Istituto la condanna al pagamento delle spese di consulenza di parte emanata nei suoi confronti.
Costituitosi l’assicurato, la Corte di appello di Perugia con sentenza 22.4 – 6.5.09 rigettava l’impugnazione. In motivazione la Corte di merito esaminava partitamene tutti i motivi di gravame e li rigettava, pronunziandosi a favore dell’Istituto solo a proposito della condanna alle spese della consulenza di parte, che riteneva non dovute dal soccombente Istituto.
Proponeva ricorso l’INPS, deducendo la nullita’ della sentenza per violazione dell’art. 156 c.p.c. per contrasto tra motivazione e dispositivo, atteso che mentre in motivazione e’ accolta la censura a proposito della condanna al pagamento delle spese di consulenza tecnica di parte, nel dispositivo la Corte di merito rigetta l’appello nella sua interezza.
Non svolgeva attivita’ difensiva l’assicurato.
Il consigliere relatore ha depositato relazione ai sensi dell’art. 380 bis c.p.c., che e’ stata comunicata al Procuratore generale e notificata ai difensori costituiti.
Il ricorso e’ fondato in ragione della consolidata giurisprudenza di questa Corte.
Nel rito del lavoro, infatti, il dispositivo della sentenza non e’ – come nel rito ordinario – un atto puramente interno modificabile dallo stesso giudice fino a quando la sentenza non venga pubblicata, ma e’ atto di rilevanza esterna, poiche’ la sua lettura in udienza fissa in maniera immodificabile portandolo ad immediata conoscenza delle parti che di esso possono avvalersi come titolo esecutivo autonomo.
Ne consegue che l’errore contenuto nella decisione espressa nel dispositivo non puo’ essere corretto dallo stesso giudice in sede di motivazione e che ove cio’ avvenga la difformita’ fra motivazione e dispositivo costituisce causa di nullita’ della sentenza non potendo in tale ipotesi trovare applicazione il principio della possibilita’ di integrazione del dispositivo con la motivazione della sentenza, ne’ il procedimento di correzione ex art. 287 c.p.c. (Cass. 18.2.98 n. 1733 ed altre conformi).
Nel caso di specie esiste una palese difformita’ tra la motivazione della sentenza impugnata, ove si dichiara fondato uno dei motivi di censura proposti dall’INPS, e il dispositivo, ove l’appello e’ rigettato nella sua interezza, con evidente alterazione del nesso logico che deve legare queste due parti della sentenza. In altre parole, una volta accolto quel motivo, il giudice avrebbe dovuto dichiarare in dispositivo che era accolta parzialmente (e non rigettata) l’impugnazione e che l’Istituto non era tenuto al pagamento delle spese di consulenza di parte.
Esiste, dunque, la denunziata nullita’ ed il ricorso deve essere accolto.
Conseguentemente deve essere cassata l’impugnata sentenza e la causa deve essere rinviata al giudice indicato in dispositivo per un nuovo esame.
Lo stesso giudice provvedera’ sulle spese del presente giudizio di legittimita’.
P.Q.M.
LA CORTE accoglie il ricorso, cassa l’impugnata sentenza e rinvia alla Corte d’appello di Perugia in diversa composizione, anche per le spese.
Cosi’ deciso in Roma, il 30 giugno 2010.
Depositato in Cancelleria il 31 agosto 2010