Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 18323 del 05/08/2010
Cassazione civile sez. II, 05/08/2010, (ud. 27/04/2010, dep. 05/08/2010), n.18323
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE SECONDA CIVILE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. SETTIMJ Giovanni – Presidente –
Dott. PETITTI Stefano – Consigliere –
Dott. PARZIALE Ippolisto – Consigliere –
Dott. D’ASCOLA Pasquale – rel. Consigliere –
Dott. DE CHIARA Carlo – Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ordinanza
sul ricorso proposto da:
B.M., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA CAIO
MARIO 13, presso lo studio dell’avvocato LONGO MAURO, che lo
rappresenta e difende, giusta procura a margine del ricorso;
– ricorrente –
contro
COMUNE DI ROMA, in persona del Sindaco in carica pro tempore,
elettivamente domiciliato in ROMA, VIA DEL TEMPIO DI GIOVE 8, presso
l’Avvocatura del Comune di Roma, rappresentato e difeso dagli
avvocati FRIGENTI GUGLIELMO, DOMENICO ROSSI, giusta procura speciale
a margine del controricorso;
– controricorrente –
e contro
EQUITALIA GERIT SPA;
– intimata –
avverso la sentenza n. 31182/2008 del GIUDICE DI PACE di ROMA del
26/01/08, depositata il 08/07/2008;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del
27/04/2010 dal Consigliere Dott PASQUALE D’ASCOLA;
e’ presente l’Avvocato Generale in persona del Dott. DOMENICO
IANNELLI.
Fatto
FATTO E DIRITTO
Il giudice di pace di Roma con sentenza depositata l’8 luglio 2008 accoglieva l’opposizione proposta da B.M. avverso il Comune di Roma ed Equitalia Gerit spa, per l’annullamento di tre cartelle esattoriali relative a sanzioni amministrative per violazione del codice della strada. Disponeva la compensazione integrale delle spese di causa.
Per impugnare quest’ultima statuizione, B. ha proposto ricorso per cassazione, notificato il 9 settembre 2008. Il Comune di Roma ha resistito con controricorso. Il giudice relatore ha avviato la causa a decisione con il rito previsto per il procedimento in camera di consiglio. Osserva il Collegio che il ricorso presenta profili di inammissibilita’ e comunque e’ manifestamente infondato.
Come e’ stato rilevato nella relazione depositata e comunicata ex art 380 bis c.p.c. la novella di cui al D.Lgs. n. 40 del 2006 ha disposto che le sentenze emesse dal giudice di pace, tanto se pronunciate nell’ambito del limite della sua giurisdizione equitativa necessaria, quanto in cause di opposizione a sanzione amministrativa o assimilate, non sono piu’ direttamente ricorribili in cassazione, ma sono soggette ad appello (SU 27339/08; 28147/08). L’opposizione de qua. e’ pertanto da considerare inammissibile ove sia qualificata quale opposizione recuperatoria a sanzione amministrativa (Cass. 17312/07). A favore di tale qualificazione milita la circostanza, riferita nella sentenza impugnata, che le cartelle esattoriali non erano state precedute dalla notifica dei verbali di contestazione delle relative sanzioni e che sulla scorta di tale presupposto il giudicante aveva riconosciuto la facolta’ per l’opponente di “recuperare la possibilita’ di esercitare il suo diritto di difesa” mediante “impugnazione dei ruoli esattoriali”.
Il Collegio rileva peraltro che nell’indicare l’oggetto della controversia, l’epigrafe della sentenza contiene l’indicazione “opposizione all’esecuzione”. Qualora tale sia stata la qualificazione che il giudice ha inteso dare alla lite, il ricorso immediato per cassazione sarebbe sotto tale profilo ammissibile.
Infatti l’atto in relazione al quale e’ stata proposta l’opposizione venne notificato all’opponente il 1 agosto 2007; in tale periodo, successivo alla entrata in vigore della L. n. 52 del 2006, art. 14 l’opposizione all’esecuzione veniva decisa con sentenza non impugnabile (e dunque direttamente ricorribile in sede di legittimita’), come disponeva l’ultimo periodo dell’art. 616 c.p.c. Detta disposizione e’ stata soppressa con decorrenza 4 luglio 2009 dalla L. n. 69 del 2009.
Ove sussista tale ipotesi, il ricorso risulta pero’ manifestamente infondato. Esso infatti denuncia, con unico motivo, violazione degli artt. 91 e 92 c.p.c. e vizio di motivazione; si conclude con un solo quesito di diritto che chiede alla Corte di stabilire se sia legittima la compensazione delle spese legali in assenza di soccombenza reciproca e di motivazione sulla sussistenza di giusti motivi. La premessa di fatto del quesito e dello svolgimento del motivo, quest’ultimo riassunto nei punti (i) ed (ii) , erra tuttavia nel dedurre che la sentenza non contenesse il “pur minimo riferimento ai giusti motivi richiesti dalla legge per la compensazione delle spese di lite”. La lettura della sentenza consente infatti di verificare che, nell’ultimo passaggio della motivazione, il giudicante ritenne di disporre la compensazione facendo riferimento alla natura della causa, “al suo valore, all’attivita’ svolta”, reputando “equo” il provvedimento anzidetto.
La denuncia del vizio di motivazione doveva quindi essere rivolta avverso le ragioni della compensazione espressamente contenute nella decisione, le quali dovevano essere specificamente confutate, previa sintesi delle stesse con l’indicazione specifica del fatto controverso ex art. 366 bis c.p.c. (Cass. 16002/07; SU 20603/07).
Tale censura (nonche’ la corretta sua formulazione) e’ mancata, con la conseguenza che il gravame va rigettato.
Parte ricorrente va condannata alla refusione delle spese di lite, liquidate in dispositivo.
P.Q.M.
LA CORTE rigetta il ricorso.
Condanna parte ricorrente alla refusione delle spese di lite liquidate in Euro 400 per onorari, 200,00 per esborsi, oltre accessori di legge.
Cosi’ deciso in Roma, nella Camera di consiglio della sezione seconda civile, il 27 aprile 2010.
Depositato in Cancelleria il 5 agosto 2010