Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 16594 del 15/07/2010
Cassazione civile sez. lav., 15/07/2010, (ud. 09/06/2010, dep. 15/07/2010), n.16594
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE LAVORO
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. VIDIRI Guido – Presidente –
Dott. PICONE Pasquale – Consigliere –
Dott. STILE Paolo – Consigliere –
Dott. BANDINI Gianfranco – rel. Consigliere –
Dott. CURZIO Pietro – Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
sentenza
sul ricorso 1460/2007 proposto da:
D.G.A., elettivamente domiciliato in ROMA, VIALE DI
VILLA PAMPHILI 59, presso lo studio dell’avvocato CLAUDIO SACERDOTI,
rappresentato e difeso dall’avvocato CIMINO Giuseppe, giusta mandato
in calce al ricorso;
– ricorrente –
contro
I.N.P.S. – ISTITUTO NAZIONALE DELLA PREVIDENZA SOCIALE, in persona
del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliato in
ROMA, VIA DELLA FREZZA 17, presso l’Avvocatura Centrale
dell’Istituto, rappresentato e difeso dagli avvocati RICCIO
Alessandro, VALENTE NICOLA, PATTERI ANTONELLA, giusta mandato in
calce al controricorso;
– controricorrente –
avverso la sentenza n. 1175/2006 della CORTE D’APPELLO di TORINO,
depositata il 26/10/2006 r.g.n. 164/06;
udita la relazione della causa svolta nella Pubblica udienza del
09/06/2010 dal Consigliere Dott. GIANFRANCO BANDINI;
udito l’Avvocato SACERDOTI CLAUDIO per delega CIMINO GIUSEPPE;
udito l’Avvocato CLEMENTINA PULLI per delega RICCIO ALESSANDRO;
udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.
SEPE Ennio Attilio, che ha concluso per l’accoglimento del ricorso.
Fatto
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
Con sentenza del 20.6 – 31.7.2006 la Corte d’Appello di Torino, accogliendo l’impugnazione proposta dall’Inps, ha respinto le domande svolte da D.G.A., già iscritto al Fondo di previdenza per il personale di volo, di rideterminazione in capitale di una quota di pensione ai sensi della L. n. 859 del 1965, art. 34, ritenendo l’intervenuta decadenza sostanziale ai sensi del D.P.R. n. 639 del 1970, art. 47, come interpretato, integrato e modificato dal D.L. n. 103 del 1991, art. 6, convertito in L. n. 166 del 1991, e dal D.L. n. 248 del 1992, art. 4, convertito in L. n. 438 del 1992.
Avverso tale sentenza della Corte territoriale, D.G.A. ha proposto ricorso per cassazione fondato su due motivi.
L’Inps ha resistito con controricorso.
Diritto
MOTIVI DELLA DECISIONE
1. Con il primo motivo il ricorrente denuncia violazione del D.P.R. n. 639 del 1970, art. 47 e successive modificazioni e integrazioni, rilevando che, come del resto rilevato dalla Corte territoriale, egli si era lamentato del fatto che il provvedimento dell’Inps di liquidazione in capitale di una quota di pensione costituisse un riconoscimento parziale del più ampio trattamento effettivamente dovutogli; conseguentemente avrebbe dovuto trovare applicazione l’orientamento interpretativo, da cui la sentenza impugnata si era consapevolmente discostata, secondo cui, una volta inoltrata tempestivamente la domanda ed avvenuta la parziale liquidazione da parte dell’Istituto previdenziale, subentrava la facoltà da parte del creditore di accettazione, ex art. 1181 c.c., del pagamento parziale, senza che da ciò potesse desumersi rinuncia o transazione, con conseguente possibilità per il creditore medesimo di chiedere il pagamento residuo senza essere assoggettato ad alcuna decadenza.
Con il secondo motivo il ricorrente denuncia vizio di motivazione, dolendosi che la Corte territoriale abbia ritenuto il decorso del termine decadenziale pur in difetto della rituale e tempestiva allegazione dei fatti determinativi dell’improponibilità della domanda.
2. In ordine al primo motivo deve rilevarsi che le Sezioni Unite di questa Corte, componendo il contrasto verificatosi al riguardo, hanno affermato il principio secondo cui la decadenza di cui al D.P.R. n. 639 del 1970, art. 47 – come interpretato dal D.L. n. 103 del 1991, art. 6, convenuto, con modificazioni, nella L. n. 166 del 1991 – non può trovare applicazione in tutti quei casi in cui la domanda giudiziale sia rivolta ad ottenere non già il riconoscimento del diritto alla prestazione previdenziale in sè considerata, ma solo l’adeguamento di detta prestazione, già riconosciuta in un importo inferiore a quello dovuto, come avviene nei casi in cui l’Istituto previdenziale sia incorso in errori di calcolo o in errate interpretazioni della normativa legale o ne abbia disconosciuto una componente, nei quali casi la pretesa non soggiace ad altro limite che non sia quello della ordinaria prescrizione decennale (cfr, Cass., SU, n. 12720 del 29/05/2009).
3. Non essendosi la Corte territoriale attenuta a tale interpretazione della normativa di riferimento, il ricorso deve essere accolto (restando assorbito il secondo motivo) e la sentenza impugnata cassata, con rinvio al Giudice indicato in dispositivo, che procederà a nuovo esame conformandosi all’anzidetto principio di diritto e provvederà altresì sulle spese del presente giudizio di cassazione.
P.Q.M.
La Corte accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e rinvia, anche per le spese, alla Corte d’Appello di Genova.
Così deciso in Roma, il 9 giugno 2010.
Depositato in Cancelleria il 15 luglio 2010