Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 15511 del 30/06/2010
Cassazione civile sez. trib., 30/06/2010, (ud. 21/04/2010, dep. 30/06/2010), n.15511
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE TRIBUTARIA
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. PLENTEDA Donato – Presidente –
Dott. D’ALONZO Michele – Consigliere –
Dott. BOGNANNI Salvatore – rel. Consigliere –
Dott. DIDOMENICO Vincenzo – Consigliere –
Dott. CAMPANILE Pietro – Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
sentenza
sul ricorso 19168/2007 proposto da:
G.A., in qualità di titolare della ditta omonima,
elettivamente domiciliato in ROMA PIAZZA CAVOUR presso la
CANCELLERIA DELLA CORTE DI CASSAZIONE, rappresentato e difeso
dall’avvocato GIACOBINA Roberto con studio in TORINO VIA G. CASALIS
56 (avviso postale), giusta delega a margine;
– ricorrente –
contro
COMUNE DI SETTIMO TORINESE UFFICIO TRIBUTI;
– intimato –
avverso la sentenza n. 21/2006 della COMM. TRIB. REG. di TORINO,
depositata il 15/05/2006;
udita la relazione della causa svolta nella Pubblica udienza del
21/04/2010 dal Consigliere Dott. SALVATORE BOGNANNI;
udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.
GAMBARDELLA Vincenzo, che ha concluso per l’accoglimento per quanto
di ragione.
Fatto
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
Con ricorso alla commissione tributaria provinciale di Torino G.A. proponeva opposizione avverso l’avviso di accertamento fattogli notificare dal Comune di Settimo Torinese per la tassa, concernente lo smaltimento di rifiuti solidi urbani, relativi ad attività di commercio su area pubblica per mercato settimanale per l’anno 1999. Egli esponeva che l’atto impositivo non era motivato adeguatamente, atteso che non era dato stabilire il criterio seguito per la determinazione della tassa giornaliera. Inoltre la relativa delibera comunale non seguiva i criteri previsti legislativamente, e comunque non sempre l’area pubblica era stata occupata; perciò chiedeva l’annullamento di quell’atto impositivo.
Instauratosi il contraddittorio, l’ente accertatore eccepiva che l’impugnativa si appalesava infondata, atteso che gli atti amministrativi erano efficaci, e comunque il servizio di smaltimento dei rifiuti era stato prestato per l’attività commerciale svolta dal contribuente, in relazione alla producibilità di essi.
Quella commissione annullava l’atto impositivo in accoglimento del ricorso introduttivo.
Avverso la relativa decisione l’ente accertatore proponeva appello, cui l’appellato resisteva, dinanzi alla commissione tributaria regionale del Piemonte, la quale, in riforma di quella impugnata, lo accoglieva con sentenza n. 21 del 9.3.2006, osservando che gli atti amministrativi dell’ente non potevano essere disapplicati dal giudice tributario; la tariffa stabilita dal Comune era parametrata nei limiti legislativi.
Contro questa pronuncia G. ha proposto ricorso per cassazione, affidandolo ad un unico motivo.
Il Comune di Settimo Torinese non ha svolto alcuna difesa.
Diritto
MOTIVI DELLA DECISIONE
Col motivo addotto a sostegno del ricorso il ricorrente deduce violazione del D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 7, comma 5, in quanto la commissione tributaria regionale non poteva ritenere che il giudice tributario non possa vagliare la legittimità degli atti amministrativi, e all’occorrenza disapplicarli. Inoltre essa ometteva di delibare la questione concernente la carenza di motivazione dell’avviso di accertamento circa il procedimento seguito per la determinazione della tariffa, e quindi della misura della tassa.
Il motivo è alquanto generico, atteso che il ricorrente non indicala specificamente in ricorso la doglianza precisa che avrebbe dedotto circa la carenza di motivazione dell’avviso; nè enunciava la norma di cui all’art. 112 c.p.c. e art. 360 c.p.c., n. 4, in ordine alla dedotta omessa pronuncia; pertanto la censura è inammissibile.
Inoltre il Collegio osserva che – a prescindere dal fatto che la CTR ha rilevato esattamente che la tariffa, e quindi la tassa, erano state stabilite in base alla natura e alla prestazione del servizio fornito al contribuente – il ricorrente lamenta che il giudice di secondo grado non avrebbe esaminato e deciso un motivo di censura della sentenza del primo, attinente alla motivazione dell’avviso di accertamento. Orbene, allora la decisione era impugnabile per cassazione non già per omessa o insufficiente motivazione su di un punto decisivo della controversia; e neppure per motivazione “per relationem” resa in modo difforme da quello consentito – peraltro nemmeno indicato in concreto da G. – bensì per omessa pronuncia su un motivo di gravame. Pertanto il vizio stesso andava denunciato, non ai sensi dell’art. 360 cod. proc. civ., n. 3 ovvero n. 5, ma a mente dell’art. 112 del codice di rito, in relazione all’art. 360 n. 4 del medesimo. Ne consegue che il ricorso si rivela inammissibile anche sotto quest’altro profilo (Cfr. anche Cass. Sentenze n. 12952 del 04/06/2007, n. 1701 del 2006).
Tale questione preliminare, peraltro rilevabile d’ufficio, assorbe la censura addotta dal ricorrente.
Quanto alle spese di questo giudizio, non si fa luogo ad alcuna statuizione, stante la mancata attività difensiva dell’intimato.
PQM
LA CORTE Dichiara inammissibile il ricorso il ricorso.
Così deciso in Roma, il 21 aprile 2010.
Depositato in Cancelleria il 30 giugno 2010