Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 15559 del 30/06/2010
Cassazione civile sez. trib., 30/06/2010, (ud. 13/05/2010, dep. 30/06/2010), n.15559
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE TRIBUTARIA
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. ALTIERI Enrico – Presidente –
Dott. MAGNO Giuseppe Vito Antonio – Consigliere –
Dott. PERSICO Mariaida – rel. Consigliere –
Dott. PARMEGGIANI Carlo – Consigliere –
Dott. POLICHETTI Renato – Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
sentenza
sul ricorso proposto da:
LA TORRE DI BASSANO SRL, in persona del legale rappresentante pro
tempore, elettivamente domiciliato in ROMA VIA CARLO MIRABELLO 26,
presso lo studio dell’avvocato IANNUCCILLI PASQUALE, che lo
rappresenta e difende giusta delega a margine;
– ricorrente –
contro
COMUNE DI TORRE DEL GRECO;
– intimato –
avverso la sentenza n. 258/2005 della COMM. TRIB. REG. di NAPOLI,
depositata il 19/07/2005;
udita la relazione della causa svolta nella Pubblica udienza del
13/05/2010 dal Consigliere Dott. MARIAIDA PERSICO;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.
ABBRITTI Pietro, che ha concluso per il rigetto.
Fatto
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
La Torre di Bassano s.r.l. propose ricorso avverso l’avviso di liquidazione e di irrogazione di sanzioni con il quale il Comune di Torre del Greco, relativamente all’anno 1999, richiedeva l’imposta ICI con riferimento ad immobili della società; eccepiva l’illegittimità dell’avviso di liquidazione, dovendo il Comune emettere avviso di accertamento, nonchè l’infondatezza dello stesso.
La Commissione Tributaria Provinciale rigettava il ricorso.
La relativa sentenza veniva impugnata dalla contribuente La Commissione tributaria regionale, con la sentenza indicata in epigrafe, rilevato che agli atti del giudizio non risultava depositata la ricevuta di ritorno relativa alla spedizione a mezzo posta dell’atto di appello, dichiarava l’inammissibilità del gravame.
Contro tale sentenza ricorre la contribuente con motivo unico;
l’intimato non resiste.
Diritto
MOTIVAZIONE
La contribuente ha dedotto la violazione e falsa applicazione del combinato disposto del D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 16, comma 3, art. 20, art. 22 e art. 53, comma 2 (art. 360 c.p.c., n. 3 e 4) per avere l’impugnata sentenza erroneamente dichiarato l’inammissibilità dell’appello che, invece, è comminata solo per il mancato deposito, in sede di costituzione dell’appellante, della ricevuta di spedizione e non anche per quella di ricevimento.
La censura è infondata.
Deve infatti osservarsi che dal combinato disposto dalla L. n. 546 del 1992, art. 53, comma 2, e art. 22, comma 1 e 2 si ricava che l’appellante deve, “a pena d’inammissibilità” depositare nella segreteria della commissione tributaria adita, entro trenta giorni dalla proposizione del ricorso, “copia del ricorso … spedito per posta, con fotocopia della ricevuta della spedizione per raccomandata a mezzo del servizio postale”, e che detta inammissibilità va rilevata “anche se la parte resistente si costituisce …”. Ancora va rilevato che, come si ricava dal combinato disposto del D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 53, commi 1 e 2, art. 20, commi 1 e 2, e art. 22, comma 1, non viene posta invece, quale requisito di ammissibilità del ricorso, l’allegazione – in sede di costituzione in giudizio dell’appellante – dell’avviso di ricevimento della raccomandata di spedizione del ricorso.
Dall’esame di tale normativa discende che il legislatore collega alla mancanza della ricevuta di deposito l’inesistenza stessa della notifica, inesistenza che, in quanto tale, comporta “l’inammissibilità del ricorso (e/o dell’appello)” che “è rilevabile d’ufficio in ogni stato e grado del giudizio, anche se la parte resistente si costituisce”. Tale insanabilità discende dai fatto che la norma in esame ha un contenuto pubblicistico – ed è quindi sottratta alla disponibilità delle parti – in quanto è posta a tutela della funzione di garanzia del processo e, più in particolare, a garanzia del corretto instaurarsi del contraddittorio.
La mancata allegazione della ricevuta di ritorno, invece, da luogo alla mera nullità della notifica; tale nullità, a differenza della inesistenza stessa della notifica, è sanabile: o ai sensi dell’art. 156 c.p.c., cioè in quanto l’atto abbia raggiunto il suo scopo per l’avvenuta costituzione in giudizio dell’appellato, o attraverso il deposito in udienza, seppure tardivo, della ricevuta di ricevimento.
Nel caso di specie è incontrastato che la ricevuta di ritorno non è stata prodotta neppure in sede di udienza e che l’appellato non si è costituito, con conseguente inapplicabilità del disposto dell’art. 156 c.p.c..
Da tanto consegue che si appalesa inconferente il richiamo contenuto nella impugnata sentenza al principio espresso da questa Corte a Sezioni Unite (Ordinanza n. 84 del 01/02/1994) secondo il quale “Al fine di stabilire l’esistenza e la tempestività della notificazione di un atto giudiziario eseguita per mezzo del servizio postale, occorre far riferimento ai dati risultanti dalla ricevuta di ritorno, essendo soltanto tale documento idoneo a fornire la prova dell’eseguita notificazione, della data in cui è avvenuta e della persona cui il plico è stato consegnato, con la conseguenza che ove tale forma di notificazione sia stata adottata per il ricorso per cassazione, la mancata allegazione della predetta ricevuta determina l’inesistenza della notificazione e, quindi, l’inammissibilità dell’impugnazione stessa”.
Ed infatti tale principio, oramai consolidato, è relativo al ricorso per cassazione il quale è disciplinato, per il richiamo contenuto nel D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 62, dagli artt. 360 e segg. c.p.c., ed in particolare, per quanto qui interessa, dall’art. 369 c.p.c. e non dal D.Lgs. n. 546 del 1992, artt. 22 e 53.
Da tanto, unitamente ai rilievi che precedono, consegue la correttezza della decisione del giudice del gravame di dichiarare l’inammissibilità dell’appello promosso nei confronti del Comune di Torre del Greco, anche se in virtù di una diversa motivazione, ovvero per non essere stata sanato il vizio di nullità della notifica del ricorso in appello.
Nessun provvedimento deve essere adottato in ordine alle spese del giudizio di legittimità atteso che l’intimato non ha svolto attività difensiva.
PQM
La Corte rigetta il ricorso.
Così deciso in Roma, il 13 maggio 2010.
Depositato in Cancelleria il 30 giugno 2010