Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 25284 del 11/11/2020

Cassazione civile sez. III, 11/11/2020, (ud. 22/07/2020, dep. 11/11/2020), n.25284

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. ARMANO Uliana – Presidente –

Dott. CIRILLO Francesco Maria – rel. Consigliere –

Dott. POSITANO Gabriele – Consigliere –

Dott. PORRECA Paolo – Consigliere –

Dott. GUIZZI Stefano Giaime – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 3260/2019 proposto da:

DIFESA AMBIENTE S.R.L., elettivamente domiciliata in ROMA, VIA DEI

GALLA E SIDAMA 25, presso lo studio dell’avvocato VIVIANA FELLAH,

che la rappresenta e difende unitamente all’avvocato NICOLETTA

MERCATI;

– ricorrente –

contro

UNIPOLSAI ASSICURAZIONI S.P.A., elettivamente domiciliata in ROMA,

PIAZZA ADRIANA 8, presso lo studio dell’avvocato FRANCESCO GIOVANNI

BIASIOTTI MOGLIAZZA, che la rappresenta e difende;

– controricorrente –

e contro

B.A., e L.M.;

– intimati –

avverso la sentenza n. 1586/2018 della CORTE D’APPELLO di BOLOGNA,

depositata il 12/06/2018;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del

22/07/2020 dal Consigliere Dott. FRANCESCO MARIA CIRILLO.

 

Fatto

FATTI DI CAUSA

1. Con decreto provvisoriamente esecutivo il Tribunale di Bologna ingiunse ad B.A., L.M. e Difesa Ambiente s.r.l. il pagamento di Euro 432.744,44 in favore della s.p.a. Unipol Assicurazioni.

A sostegno della domanda la Unipol Assicurazioni dedusse di aver emesso in data (OMISSIS), su richiesta della B. s.n.c., una polizza fideiussoria in base alla quale essa garantiva, nei confronti della Provincia di Torino, l’adempimento delle obbligazioni assunte verso di questa dalla società B., la quale era stata autorizzata dalla Provincia allo svolgimento di attività di trattamento di rifiuti speciali e tossici. Le obbligazioni assunte dalla società B. con la Unipol Assicurazioni erano state solidalmente assunte, con un successivo atto di coobbligazione del (OMISSIS), da B.A. e L.M.; in seguito, la B. s.n.c. aveva mutato la propria ragione sociale in (OMISSIS) s.r.l., il cui pacchetto azionario era stato poi acquisito, in misura del 75 per cento, dalla s.r.l. Difesa Ambiente. Dichiarato il fallimento della (OMISSIS) s.r.l., la Provincia di Torino, constatato l’inadempimento della ex società B. rispetto alle obbligazioni di smaltimento rifiuti assunte, aveva escusso la polizza fideiussoria della Unipol Assicurazioni. Quest’ultima, quindi, autorizzata ad adempiere in forma specifica alle operazioni di smaltimento e bonifica non compiute dalla (OMISSIS) s.r.l., aveva affidato i lavori ad una società terza, per un esborso complessivo di Lire 790.272.007. A seguito di ciò, la Provincia aveva svincolato le polizze fideiussorie, surrogando la Unipol Assicurazioni nei diritti verso la società fallita e gli altri obbligati; di qui la richiesta di decreto ingiuntivo.

Si opposero al decreto ingiuntivo B.A., L.M. e la s.r.l. Difesa Ambiente, contestando una serie di condizioni della polizza fideiussoria e lamentando la violazione dei principi di correttezza e buona fede, anche in relazione all’affidamento dei lavori di bonifica e smaltimento rifiuti ad una società terza.

Nel giudizio si costituì la s.p.a. Unipol Assicurazioni, chiedendo il rigetto dell’opposizione.

Il Tribunale, riunite le due cause, rigettò entrambe le opposizioni al decreto ingiuntivo e condannò gli opponenti al pagamento delle spese di lite.

2. La sentenza è stata impugnata con un primo appello da B.A. e L.M. e con un successivo appello dalla Difesa Ambiente s.r.l. e in entrambi i giudizi si è costituita la s.p.a. Unipol Assicurazioni, chiedendo il rigetto delle impugnazioni e la conferma della decisione del Tribunale.

La Corte d’appello di Bologna, con sentenza del 12 giugno 2018, ha rigettato entrambi gli appelli ed ha condannato gli appellanti alla rifusione delle ulteriori spese del grado.

Ha premesso la Corte territoriale che la sentenza del Tribunale, contrariamente a quanto sostenuto dagli appellanti, non aveva affermato che la fideiussione prestata dalla s.p.a. Unipol Assicurazioni in favore della Provincia di Torino fosse un contratto autonomo di garanzia; questione che, comunque, è stata ritenuta dalla Corte irrilevante.

Ripercorrendo le principali tappe della complessa vicenda, la Corte di merito ha ricordato che la Unipol Assicurazioni aveva rilasciato in data 1 settembre 1992 una polizza fideiussoria in favore della Provincia di Torino per l’importo di Lire 1.156.415.600, e che analoga polizza era stata rilasciata il 4 giugno 1997, dietro richiesta della (OMISSIS) s.r.l. poi fallita, a seguito del rinnovo dell’autorizzazione da parte della Provincia stessa, con un massimale di Lire 260.000.000. Svincolate le polizze da parte della Provincia a seguito dello svolgimento dei lavori di smaltimento e bonifica a spese della Unipol Assicurazioni, quest’ultima aveva agito in rivalsa-surrogazione nei confronti dei soggetti coobbligati, cioè i coniugi B. e la Difesa Ambiente s.r.l., quest’ultima socia al 75 per cento della società (OMISSIS) dichiarata fallita.

Dalla lettura delle condizioni generali della polizza di rivalsa-surrogazione la Corte d’appello ha tratto la conclusione che i contratti stipulati tra la Unipol Assicurazioni ed i coobbligati in solido della società poi fallita – cioè gli appellanti – erano da ritenere contratti autonomi di garanzia. Deponevano in tal senso l’indicazione della clausola “a semplice richiesta e senza eccezioni contenute sia nell’art. 5 delle c.g.a. che negli atti di coobbligazione”, dai quali emergeva la volontà di “svincolare il diritto di rivalsa e regresso di Unipol nei confronti del debitore principale B. s.n.c. e dei suoi coobbligati coniugi B. e Difesa Ambiente s.r.l. dal rapporto principale, con conseguente rinuncia dei predetti a far valere le eccezioni che avrebbe potuto opporre il debitore principale nei confronti della Compagnia, in deroga al principio dell’accessorietà della fideiussione (art. 1945 c.c.)”.

Il contenuto degli atti di coobbligazione era tale da escludere, poi, anche la censura di nullità conseguente alla loro assunta indeterminatezza; poichè essi facevano riferimento alla polizza rilasciata dalla Unipol Assicurazioni nei confronti della Provincia di Torino, che i coobbligati avevano dichiarato di conoscere, l’importo massimo garantito era da ritenere noto; e l’obbligo era determinato anche da un punto di vista temporale, posto che i coobbligati avevano accettato “che la loro garanzia avrebbe continuato a operare anche in caso di rinnovo o proroga della polizza fideiussoria rilasciata da Unipol in favore della Provincia di Torino”.

Quanto alla durata, la sentenza ha rilevato che la garanzia prestata dalla Unipol era destinata a coprire le obbligazioni assunte dalla s.n.c. B. a decorrere dalla data della Delib. Autorizzazione emessa dalla Giunta provinciale di Torino (24 marzo 1992) per i successivi cinque anni, cioè fino al 24 marzo 1997; ma era pacifico, alla luce dei documenti prodotti, che la scadenza era stata poi spostata al 24 marzo 1998. Poichè per espressa previsione contrattuale, inoltre, decorso quel periodo di durata la polizza sarebbe rimasta valida per ulteriori dodici mesi, la Corte d’appello ha confermato la decisione del Tribunale che aveva ritenuto esistente la possibilità di escussione della polizza fino al 24 marzo 1999; e poichè la Provincia l’aveva escussa con lettera raccomandata del 29 maggio 1998, era da ritenere che tutto fosse avvenuto nel rispetto dei termini e che la Unipol avesse onorato l’obbligo stabilito dalla fideiussione in conformità alle previsioni del contratto. Nè poteva affermarsi, come sostenuto dalle parti appellanti, che l’autorizzazione del 24 marzo 1992 avesse cessato i propri effetti a seguito dell’adozione della successiva autorizzazione in data 4 giugno 1997; tanto più che la società (OMISSIS), poi dichiarata fallita, aveva cessato ogni attività al più tardi il 14 marzo 1997 (come da prova testimoniale), per cui il suo inadempimento si era perfezionato ancora nella vigenza dell’autorizzazione del 24 marzo 1992.

La Corte d’appello, infine, ha respinto anche altre due argomentazioni delle parti appellanti. La prima, secondo cui la Unipol non si sarebbe avvalsa, colpevolmente, della previsione dell’art. 1953 c.c. (c.d. rilievo del fideiussore), è stata ritenuta non fondata osservando che la Unipol non aveva alcun obbligo contrattuale, ma solo una facoltà a protezione dei suoi interessi, di chiedere al contraente di provvedere alla sostituzione della garanzia. La seconda – per cui le parti appellanti avevano contestato che la Unipol avesse speso più del dovuto nel commissionare ad una società terza i lavori di smaltimento e trattamento dei rifiuti, agendo in mala fede o con colpa grave – è stata rigettata osservando che la spesa sostenuta dalla Unipol (cioè Euro 432.744,44, somma portata dal decreto ingiuntivo) “era ampiamente inferiore non solo al massimale di polizza (Euro 597.238,81, pari a Lire 1.156.415.600) ma anche ai costi esposti dalla Provincia di Torino per provvedere direttamente alle opere di smaltimento dei rifiuti e di bonifica dell’area rimasti inadempiuti (Lire 1.268.000.000, pari ad Euro 654.867,34)”. Mancando, quindi, ogni prova liquida del comportamento abusivo o fraudolento della Unipol, le parti appellanti non potevano invocare l’exceptio doli generalis per sottrarsi al pagamento, nè aveva senso disporre una c.t.u. su questo punto (sollecitata dagli appellanti).

3. Contro la sentenza della Corte d’appello di Bologna propone ricorso la Difesa Ambiente s.r.l. con atto affidato a quattro motivi.

Resiste la s.p.a. Unipolsai Assicurazioni con controricorso affiancato da memoria.

B.A. e L.M. non hanno svolto attività difensiva in questa sede.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. Con il primo motivo di ricorso si lamenta, in riferimento all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4), violazione e falsa applicazione dell’art. 112 c.p.c., per omessa pronuncia sulla domanda subordinata.

La censura lamenta che fin dal primo grado era stata posta una domanda subordinata, reiterata in sede di appello, finalizzata ad accertare “l’effettivo valore delle prestazioni di smaltimento dei rifiuti e bonifica dei suoli e determinare l’effettivo dovuto ad Unipol Assicurazioni”. Secondo la società ricorrente, la Corte d’appello avrebbe omesso di pronunciarsi su tale domanda, senza neppure esaminarla nella motivazione; il rigetto della domanda principale, del resto, faceva insorgere la necessità di pronunciarsi su quella subordinata.

1.1. Il motivo non è fondato.

La sentenza impugnata, pur non avendo espressamente dichiarato di esaminare la domanda proposta in via subordinata e sopra trascritta, ha tuttavia risposto ugualmente al problema ivi posto. La Corte d’appello, infatti, ha spiegato nella parte finale della motivazione (pp. 11-12) che nessun comportamento in mala fede o in colpa grave poteva essere individuato a carico della Unipol in relazione alle spese sostenute per l’affidamento a terzi dei lavori di smaltimento e trattamento rifiuti che la società fallita avrebbe dovuto svolgere (e non aveva svolto). La sentenza ha osservato che le spese sostenute erano inferiori al massimale di polizza ed anche ai costi esposti dalla Provincia di Torino per provvedere direttamente alle opere di smaltimento dei rifiuti e di bonifica dell’area; ed ha aggiunto che i preventivi di altre imprese prodotti dalle parti appellanti non costituivano prova di un artificioso innalzamento delle spese. Tale motivazione, da un lato, esclude la lamentata omissione di pronuncia; e, dall’altro, dimostra che l’insistenza dell’odierna ricorrente sul mancato espletamento di una c.t.u. in appello svela quale sia l’effettivo scopo della censura in esame, cioè l’inammissibile sollecitazione ad ottenere in questa sede un riesame di merito. D’altra parte, leggendo le conclusioni della parte nel giudizio di appello, così come trascritte nel ricorso (v. p. 7), risulta che la domanda era finalizzata all’individuazione dei costi effettivi sostenuti dalla Unipol, e la C.A. ha risposto sul punto, indicando, come si è detto, la sicura convenienza della spesa sostenuta.

Non può essere taciuto, poi, che è corretta l’affermazione della Corte di merito nella parte in cui ha sostenuto che, essendo il contratto in questione un contratto autonomo di garanzia e non una fideiussione come si vedrà esaminando il successivo secondo motivo – la parte oggi ricorrente avrebbe dovuto fornire prova liquida dell’esistenza di un comportamento fraudolento o abusivo da parte della Unipol, unico elemento che le avrebbe consentito di far valere l’exceptio doli.

2. Con il secondo motivo di ricorso si lamenta, in riferimento all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3), violazione e falsa applicazione dei criteri legali di ermeneutica di cui agli artt. 1362 c.c. e segg., nonchè degli artt. 1939,1945 e 1952 c.c., in materia di fideiussione.

La società ricorrente osserva che la sentenza impugnata avrebbe errato nell’affermare che i patti di coobbligazione intercorsi tra le parti fossero contratti autonomi di garanzia anzichè fideiussioni. Richiamati i punti salienti della distinzione tra i due tipi di contratti e la sentenza delle Sezioni Unite di questa Corte 18 febbraio. 2010, n. 3947, la parte ricorrente lamenta che la sola previsione della clausola “a prima richiesta” non sarebbe sufficiente per affermare l’esistenza di un contratto autonomo di garanzia. Al fine di superare la presunzione di non accessorietà delle pattuizioni rispetto alla fideiussione, perciò, la Corte di merito avrebbe dovuto “ricercare la comune volontà dei contraenti, individuare il modello della fattispecie legale ed arrivare al giudizio di rilevanza giuridica qualificante gli elementi di fatto concretamente accertati”. Tali attività non paiono alla ricorrente effettivamente compiute dalla sentenza in esame.

2.1. Il motivo non è fondato.

Osserva il Collegio che la censura presenta, innanzitutto, evidenti profili di inammissibilità, anche sotto il profilo dell’autosufficienza nel riportare le clausole del contratto in questione. Va infatti rilevato che la censura di violazione delle norme in tema di interpretazione dei contratti è formulata in modo del tutto generico, posto che la ricorrente lamenta violazione degli artt. 1362 c.c. e segg., senza indicare con un minimo di precisione quale criterio interpretativo sarebbe stato violato. A ciò si deve aggiungere che nel ricorso per cassazione l’invocazione delle norme in tema di interpretazione dei contratti deve tradursi nell’indicazione di una precisa violazione di legge, non potendo semplicemente contestarsi il fatto che il giudice di merito abbia recepito una certa interpretazione piuttosto che un’altra, preferita dal ricorrente (v. da ultimo l’ordinanza 10 maggio 2018, n. 11254).

Ciò premesso, la censura è comunque infondata perchè la Corte d’appello – rifacendosi all’insegnamento delle Sezioni Unite di questa Corte nella sentenza n. 3947 del 2010 (confermato da successivi provvedimenti, fra i quali v. le sentenze 17 giugno 2013, n. 15108, e 22 novembre 2019, n. 30509, nonchè l’ordinanza 5 marzo 2020, n. 6177, in un caso simile a quello odierno) – ha illustrato con una pluralità di argomenti, tutti giuridicamente corretti, le ragioni per le quali ha ritenuto che, nella specie, si trattasse non di una fideiussione ma di un contratto autonomo di garanzia. Ha richiamato, in proposito, la presenza della clausola a semplice richiesta e l’esclusione della facoltà di opporre eccezioni, in deroga all’accessorietà di cui all’art. 1945 c.c.; aggiungendo che rimaneva, come solo limite all’astrattezza di tale garanzia, la possibilità di opporre l’exceptio doli generalis. E’ escluso, d’altra parte, che vi possa essere un errore di sussunzione, dal momento che la sentenza impugnata ha ampiamente illustrato il contenuto contrattuale e la diversità esistente tra la fideiussione prestata dalla Unipol in favore della Provincia di Torino e il contratto autonomo di garanzia stipulato dall’odierna ricorrente in favore della Unipol.

Per cui la valutazione di merito sulla natura giuridica del contratto, che la parte ricorrente afferma essere assente, non manca per nulla (la censura è anche generica, al punto che osserva che l’accertamento sembra essere assente, v. p. 13).

3. Con il terzo motivo di ricorso si lamenta, in riferimento all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3), violazione e falsa applicazione dell’art. 1342 c.c..

La parte ricorrente rileva che la sentenza in esame ha fissato la data di scadenza della polizza fideiussoria al 24 marzo 1998 e quella per la escussione al 24 marzo 1999; sulla base di tale ricostruzione la Corte di merito ha ritenuto tempestiva l’escussione con lettera raccomandata del 29 maggio 1998. In realtà, osserva la società ricorrente, l’escussione avvenne solo il 1 dicembre 1998, quando la Provincia di Torino, dando atto del fallimento della società (OMISSIS) s.r.l., comunicò alla Unipol la sua volontà di escutere la fideiussione. L’escussione, quindi, sarebbe avvenuta tardivamente; anzi, a seguito della successiva autorizzazione della Provincia in data 4 giugno 1997, la prima polizza avrebbe cessato i propri effetti prima della scadenza naturale (che la ricorrente colloca al 1 aprile 1998). Evidente sarebbe, perciò, la violazione dell’art. 1342 c.c., secondo cui le clausole aggiunte al modulo o formulario prevalgono su quelle del modulo o formulario qualora siano con queste incompatibili.

3.1. Il motivo, formulato in modo alquanto confuso, è inammissibile per una serie di concorrenti ragioni.

Innanzitutto, la censura contiene con ogni probabilità un elemento di novità, perchè non risulta dal ricorso che in sede di appello l’odierna ricorrente abbia lamentato la lesione dell’art. 1342 c.c. e del principio della prevalenza delle clausole aggiunte rispetto a quelle esistenti nel modulo o formulario.

La censura è poi inammissibile perchè tende in modo evidente al riesame del merito, posto che ricostruisce una serie di profili di fatto e pretende di affermare che la fideiussione sarebbe stata escussa tardivamente, mentre la sentenza ha sostenuto il contrario sulla base della lettura motivata della polizza in questione. Oltre tutto, non è contestata in modo chiaro l’affermazione della sentenza secondo cui l’escussione era possibile fino al 24 marzo 1999, per cui anche se la lettera fosse del dicembre 1998 l’escussione sarebbe tempestiva; ciò in quanto una cosa è il periodo di copertura della polizza, un’altra è la escutibilità della medesima.

Il richiamo al rinnovo dell’autorizzazione in data 4 giugno 1997 pone una questione che è pure di merito, dal momento che la Corte d’appello ha definito irrilevante stabilire la natura novativa o meno di tale rinnovo. Va ricordato, poi, come la sentenza (p. 10) abbia spiegato le ragioni per le quali i coobbligati avevano accettato che la loro garanzia continuasse ad operare anche in caso di rinnovo o proroga della polizza fideiussoria rilasciata da Unipol a favore della Provincia di Torino ed abbia chiarito (p. 11) che la Delib. di rinnovazione dell’autorizzazione in data 4 giugno 1997 era stata determinata solo da motivi formali, conseguenti alla scelta della società (OMISSIS), poi fallita, di “rilocalizzare l’attività di trattamento rifiuti in altra zona”.

4. Con il quarto motivo di ricorso si lamenta, in riferimento all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3), violazione e falsa applicazione dell’art. 1375 c.c. e dell’art. 1953 c.c., unitamente all’art. 7 delle condizioni generali di contratto, per avere la società Unipol tenuto un comportamento contrario alla buona fede.

Osserva la società ricorrente che la Corte d’appello non avrebbe considerato come il comportamento della Unipol sia stato caratterizzato da mancanza di buona fede, obbligo che sussiste anche in caso di pagamento della garanzia a prima richiesta. Sussisterebbe poi anche la violazione dell’art. 1953 c.c. e dell’art. 7 delle condizioni generali di contratto, perchè la Unipol non aveva provveduto alla sostituzione della garanzia, come da preciso obbligo di legge (si trascrive l’art. 7 citato).

4.1. Il motivo, inammissibile sotto alcuni profili, è comunque privo di fondamento.

Rileva la Corte che esso è inammissibile perchè dimostra di non cogliere l’effettiva ratio decidendi della sentenza impugnata, la quale sul punto ha espressamente affermato, richiamando sia l’art. 1953 cit. che l’art. 7 delle c.g.a., che la Unipol era venuta a conoscenza dei provvedimenti di sospensione e delle penali subite dalla società poi fallita solo successivamente all’escussione della garanzia e che il rilievo del fideiussore era una mera facoltà per la Unipol, e non un suo obbligo, a protezione esclusiva dei suoi interessi. Per cui il motivo in esame si risolve nella sollecitazione ad un riesame del merito e nella ripetizione di argomenti già vagliati e respinti dalla Corte d’appello.

Occorre poi aggiungere che l’art. 1953 cit., è una norma strutturata a tutela del fideiussore e non del debitore. Come la giurisprudenza di questa Corte ha già rilevato, l’azione c.d. di rilievo può essere esercitata esclusivamente dal fideiussore nei confronti del debitore e può essere per liberazione o per cauzione: quella per liberazione è finalizzata ad ottenere o che il debitore paghi direttamente al creditore o che il debitore procuri al fideiussore la rinuncia da parte del creditore alla garanzia; mentre quella per cauzione tende ad assicurare al fideiussore una garanzia per il regresso (così la sentenza 13 maggio 2002, n. 6808, in linea con la risalente sentenza 21 aprile 1965, n. 699).

In entrambi i casi, però, tale azione è a tutela del fideiussore; ne consegue che, come correttamente ha evidenziato la Unipolsai nella memoria di cui all’art. 380-bis.1 c.p.c., il motivo è inammissibile anche perchè l’odierna parte ricorrente manca di interesse a farlo valere, posto che il rilievo del fideiussore sarebbe stato esercitato, semmai, proprio nei suoi confronti e non le avrebbe apportato alcun beneficio.

Il che esclude in radice ogni possibile violazione del principio di buona fede.

5. Il ricorso, in conclusione, è rigettato.

A tale esito segue la condanna della società ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di cassazione, liquidate ai sensi del D.M. 10 marzo 2014, n. 55.

Sussistono inoltre le condizioni di cui del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1-quater, per il versamento, da parte della società ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso.

PQM

La Corte rigetta il ricorso e condanna la società ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di cassazione, liquidate in complessivi Euro 10.200, di cui Euro 200 per spese, oltre spese generali ed accessori di legge.

Ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1-quater, dà atto della sussistenza delle condizioni per il versamento, da parte della società ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Terza Civile, il 22 luglio 2020.

Depositato in Cancelleria il 11 novembre 2020

 

 

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