Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 25070 del 09/11/2020

Cassazione civile sez. trib., 09/11/2020, (ud. 31/01/2020, dep. 09/11/2020), n.25070

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. VIRGILIO Biagio – Presidente –

Dott. CATALLOZZI Paolo – Consigliere –

Dott. TRISCARI Giancarlo – Consigliere –

Dott. SUCCIO Roberto – Consigliere –

Dott. CHIESI Gian Andrea – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 5182-2012 proposto da:

AGENZIA DELLE DOGANE E DEI MONOPOLI (C.F. (OMISSIS) in persona del

Direttore p.t., legale rappresentante, dom.to in ROMA, alla VIA DEI

PORTOGHESI, n. 12, presso l’Avvocatura Generale dello Stato, che lo

rapp. e dif.;

– ricorrente –

contro

P.A. (C.F. (OMISSIS)), rapp. e dif., in virtù di procura

speciale a margine del controricorso, dall’Avv. D’UONNOLO GIOVANNI,

unitamente al quale è elett.te dom.ta in Roma, alla Via del

Babuino, n. 107, presso lo studio dell’Avv. IANNOTTA ASSUNTA;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 51 della COMMISSIONE TRIBUTARIA REGIONALE

della CAMPANIA, depositata l’11/01/2011;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

31/1/2020 dal Consigliere Dott. CHIESI GIAN ANDREA.

 

Fatto

RILEVATO

Che l’AGENZIA DELLE DOGANE notificò alla sig.ra P.A. un avviso di pagamento relativo a riprese per accise su G.P.L., indennità di mora, interessi e spese; che la P. impugnò detto provvedimento innanzi alla C.T.P. di Napoli la quale, con sentenza 405/29/2008, accolse il ricorso, compensando tra le parti le spese di lite; che avverso tale decisione l’AGENZIA propose appello innanzi alla C.T.R. della Campania la quale, con sentenza n. 51, depositata l’11.1.2011, rigettò il gravame, rilevando – per quanto in questa sede ancora interessa – (a) l’esistenza di precedenti giudicati – in sede civile e penale – relativamente alla insussistenza dei fatti ascritti alla P. e sottesi all’avviso di pagamento impugnato nonchè, mediante relatio alla pronunzia di primo grado, (b) l’avvenuta maturazione del termine di prescrizione;

che avverso tale decisione l’AGENZIA ha proposto ricorso per cassazione, affidato a quattro motivi; si è costituita con controricorso P.A., la quale ha depositato, altresì, memoria ex art. 380-bis.1 c.p.c.

Diritto

CONSIDERATO

che con il primo, il terzo ed il quarto motivo – da trattare congiuntamente in considerazione dell’identità delle questioni agli stessi sottese – parte ricorrente lamenta (in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3) la violazione e falsa applicazione degli artt. 2700 e 2909 c.c., nonchè dell’art. 347 c.p.p. per avere la C.T.R. ritenuto che la formazione di precedenti giudicati, in sede penale (primo motivo) e civile (terzo e quarto) – in questo caso, peraltro, nei confronti di una diversa Amministrazione sia preclusiva rispetto all’emissione dell’avviso di pagamento impugnato dalla P.;

che i motivi sono, nel loro complesso, fondati;

che rappresentano principi consolidati quelli per cui: a) “in materia di contenzioso tributario, nessuna automatica autorità di cosa giudicata può attribuirsi alla sentenza penale irrevocabile, di condanna o di assoluzione, emessa in materia di reati fiscali, ancorchè i fatti esaminati in sede penale siano gli stessi che fondano l’accertamento degli Uffici finanziari, dal momento che nel processo tributario vigono i limiti in tema di prova posti dal D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 7, comma 4, e trovano ingresso, invece, anche presunzioni semplici, di per sè inidonee a supportare una pronuncia penale di condanna; ne consegue che il giudice tributario non può limitarsi a rilevare l’esistenza di una sentenza penale definitiva in materia di reati fiscali, recependone acriticamente le conclusioni assolutorie, ma, nell’esercizio dei propri poteri di valutazione della condotta delle parti e del materiale probatorio acquisito agli atti (art. 116 c.p.c.), deve procedere ad un suo apprezzamento del contenuto della decisione, ponendolo a confronto con gli elementi di prova acquisiti al giudizio” (Cass., Sez. 6-5, 24.11.2017, n. 28174, Rv. 646971-01. Più recentemente cfr. Cass., Sez. 5, 27.6.2019, n. 17258, Rv. 654693-01); b) “l’annullamento dell’avviso di accertamento per un vizio di motivazione è una decisione che, pur se passata in giudicato, non estende i suoi effetti ad altre controversie, anche se tra le stesse parti, che riguardino il medesimo rapporto tributario, non involgendo il merito della pretesa tributaria (…)” (Cass., Sez. 5, 30.12.2019, n. 34656, Rv. 656423-01);

che, pertanto, contrariamente a quanto sostenuto dalla C.T.R., la mera esistenza di un giudicato penale di assoluzione “per non doversi procedere per intervenuta prescrizione dei reati ascritti” alla P., così come di un giudicato civile – peraltro tra parti diverse – di annullamento, per carenza di motivazione, dell’originaria ingiunzione di pagamento notificata alla contribuente l’8.2.1996 non rappresentano, da soli, elementi idonei a concludere nel senso dell’illegittimità dell’avviso di pagamento impugnato (fondato, in ogni caso, non già sull’ingiunzione di pagamento annullata, quanto sugli esiti del procedimento penale conclusosi con sentenza 13.12.2001, n. 1067 del Tribunale di Nola – cfr. ricorso. p. 3);

che con il secondo motivo parte ricorrente si duole (in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3) della violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 504 del 1995, art. 15, per avere la C.T.R. (in pieno recepimento della motivazione resa in prime cure dalla C.T.P.) ritenuto prescritta la pretesa tributaria;

che il motivo è fondato;

che in tema di recupero delle accise sugli olii minerali, la riduzione a cinque anni, operata dal D.Lgs. n. 504 del 1995, art. 15, comma 1, dell’originario termine prescrizionale di durata trentennale sancito dal R.D.L. n. 334 del 1939, art. 19, comma 3, (abrogato dal suddetto D.Lgs., art. 68, comma 1, lett. g)), si applica, in conformità ai principi di affidamento, ragionevolezza ed effettività della tutela riconosciuti dalla Costituzione, dal diritto comunitario e da quello internazionale, soltanto ai diritti sorti successivamente al 15 dicembre 1995, data di entrata in vigore della menzionata disposizione (Cass., Sez. 5, 30.9.2019, n. 24251, Rv. 65514601),

che, nella specie, i fatti sottesi all’avviso di pagamento impugnato risalgono al periodo 1990-1993 e, dunque, ad un momento antecedente alla entrata in vigore della nuova disposizione la quale, per l’effetto, non trova applicazione: ne consegue, dunque, la tempestività della ripresa operata nei confronti della P.;

Ritenuto, in conclusione, che il ricorso debba essere accolto e la gravata decisione cassata. Peraltro, non essendo necessari ulteriori accertamenti in fatto, la causa ben può essere decisa nel merito, con il rigetto dell’originario ricorso proposto dalla contribuente;

che le spese del giudizio di legittimità seguono la soccombenza e vengono liquidate come da dispositivo.

PQM

La Corte accoglie il ricorso. Per l’effetto, cassa la gravata decisione e, decidendo nel merito, rigetta il ricorso originariamente proposto da P.A.. Condanna P.A. al pagamento, in favore dell’AGENZIA DELLE DOGANE, in persona del Direttore p.t., delle spese del giudizio di legittimità che si liquidano in Euro 5.600,00 (cinquemilaseicento/00) per compenso professionale, oltre spese prenotate a debito.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Sezione Civile Tributaria, il 31 gennaio 2020.

Depositato in Cancelleria il 9 novembre 2020

 

 

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