Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 24945 del 06/11/2020
Cassazione civile sez. VI, 06/11/2020, (ud. 14/10/2020, dep. 06/11/2020), n.24945
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE SESTA CIVILE
SOTTOSEZIONE 1
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. ACIERNO Maria – Presidente –
Dott. PARISE Clotilde – Consigliere –
Dott. LAMORGESE Antonio Pietro – Consigliere –
Dott. CAIAZZO Rosario – Consigliere –
Dott. FIDANZIA Andrea – rel. Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso 18286-2019 proposto da:
C.S., C.E., C.M., elettivamente
domiciliate in ROMA, VIA FLAMINIA 135, presso lo studio
dell’avvocato VALERIO MORETTI, che le rappresenta e difende
unitamente all’avvocato MARCO MORETTI;
– ricorrente –
contro
MERCATONE UNO SERVICES SPA IN AS.;
– intimata –
avverso il decreto n. 11812/2018 del TRIBUNALE di BOLOGNA, depositata
il 09/05/2019;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non
partecipata del 14/10/2020 dal Consigliere Relatore Dott. FIDANZIA
ANDREA.
Fatto
RILEVATO
– che viene proposto da C.E., C.S. e C.M., affidandolo a due motivi, ricorso avverso il decreto n. 1608 del 9 maggio 2019 con il Tribunale di Bologna ha rigettato l’opposizione allo stato passivo proposta dalle odierne ricorrenti, finalizzata ad ottenere l’accertamento in capo alle medesime del diritti di proprietà sulle opere d’arte della “Collezione Betti”, proprietà che, secondo la prospettazione delle ricorrenti, era loro derivata per successione mortis causa del padre C.R., già Presidente e Amministratore Unico del Gruppo Mercatone Uno, il quale aveva deciso di arredare la sede del Gruppo disponendo nei vari locali delle opere del compianto nipote;
– che l’Amministrazione Straordinaria della Mercatone Uno Services s.p.a. non ha svolto difese;
– che sono stati ritenuti sussistenti i presupposti ex art. 380 bis c.p.c.;
– che le ricorrenti hanno depositato la memoria ex art. 380 bis c.p.c., comma 2.
Diritto
CONSIDERATO
1. che con il primo motivo è stata dedotta la violazione, ex art. art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, della L. fall., art. 103, e dell’art. 621 c.p.c. sul rilievo che il giudice di merito aveva ingiustificatamente ritenuto inammissibili le istanze istruttorie formulate dalle ricorrenti nell’atto di opposizione allo stato passivo, avuto riguardo allo stringente regime probatorio di cui all’art. 621 c.p.c., ma senza soffermarsi sulla professione esercitata dal rivendicante e dal debitore;
2. che con il secondo motivo è stato dedotto l’omesso esame di fatto decisivo per il giudizio oggetto di discussione tra le parti, in relazione al fatto che il giudice di merito aveva omesso di considerare la professione svolta dal rivendicante e dal terzo ai fini della concessione della deroga allo stringente regime probatorio previsto dall’art. 621 c.p.c.;
3. che i due motivi, da esaminarsi unitariamente in relazione alla connessione delle questioni trattate, sono fondati;
che, in particolare, è pur vero che è stato statuito da questa Corte che al terzo è consentito avvalersi della prova per testimoni o di presunzioni semplici per provare il suo diritto di proprietà quanto appaia verosimile in base ad un giudizio di comparazione tra la professione e il commercio rispettivamente esercitati dal terzo opponente e dal debitore che, a cagione della diversa attività svolta, i beni rinvenuti presso l’abitazione del debitore siano di proprietà del terzo (Cass. n. 9627/2003);
che, tuttavia, ad avviso di questo Collegio, l’art. 621 c.p.c. nell’utilizzare l’espressione “..l’esistenza del diritto sia resa verosimile dalla professione o dal commercio esercitati dal terzo o dal debitore” – non necessariamente richieda che terzo e debitore debbano svolgere due diverse attività, essendo sufficiente che intercorra tra gli stessi un rapporto qualificato riconducibile alla professione o il commercio da entrambi esercitato (tale può essere quello lavorativo o di collaborazione professionale) che giustifichi il rinvenimento presso i locali del debitore di beni di proprietà del terzo;
che, pertanto, nel caso di specie, la richiesta prova testimoniale è giustificata dal rapporto lavorativo intercorrente tra il dante causa delle ricorrenti – sig. C.R., padre delle ricorrenti, ora scomparso e già Amministratore Delegato della società in Amministrazione Straordinaria – e il debitore (la Mercatone uno appunto), rapporto che rende verosimile in astratto (salvo verificare in concreto a seguito dello svolgimento dell’istruttoria) che l’amministratore delegato, per suo diletto personale, avesse inteso collocare quadri di sua proprietà all’interno dei locali in cui lavorava tutto il giorno;
che, pertanto, il decreto impugnato deve essere cassato con rinvio al Tribunale di Bologna, in diversa composizione, per nuovo esame e per statuire sulle spese del giudizio di legittimità
P.Q.M.
Accoglie il ricorso, cassa il decreto impugnato e rinvia al Tribunale di Bologna, in diversa composizione, per nuovo esame e per statuire sulle spese del giudizio di legittimità.
Così deciso in Roma, il 14 ottobre 2020.
Depositato in Cancelleria il 6 novembre 2020