Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 24492 del 04/11/2020

Cassazione civile sez. VI, 04/11/2020, (ud. 24/09/2020, dep. 04/11/2020), n.24492

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE T

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. MOCCI Mauro – Presidente –

Dott. CONTI Roberto Giovanni – Consigliere –

Dott. CAPRIOLI Maura – Consigliere –

Dott. LA TORRE Maria Enza – Consigliere –

Dott. CAPOZZI Raffaele – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 9587-2019 proposto da:

AGENZIA DELLE ENTRATE, (C.F. (OMISSIS)), in persona del Direttore pro

tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12,

presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che la rappresenta e

difende ope legis;

– ricorrente –

contro

M.S.;

– intimato –

avverso la sentenza n. 3019/23/2018 della COMMISSIONE TRIBUTARIA

REGIONALE della PUGLIA SEZIONE DISTACCATA di LECCE, depositata il

05/10/2018;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non

partecipata del 24/09/2020 dal Consigliere Relatore Dott. RAFFAELE

CAPOZZI.

 

Fatto

RILEVATO

che l’Agenzia delle entrate propone ricorso per cassazione nei confronti di una sentenza della CTR della Puglia, sezione staccata di Lecce, di rigetto dell’appello da essa proposto avverso una sentenza della CTP di Lecce, che aveva accolto il ricorso del contribuente M.S. avverso un avviso di accertamento IRPEF, IVA ed IRAP 2011; la CTR aveva confermato la sentenza di primo grado, con la quale l’avviso di accertamento impugnato era stato annullato, salvo che per la parte relativa alla ripresa a tassazione di costi per Euro 4.602,00.

Diritto

CONSIDERATO

che il ricorso è affidato ad un unico motivo, con il quale l’Agenzia delle entrate lamenta violazione e falsa applicazione D.P.R. n. 633 del 1972, artt. 19 e 54 nonchè D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 7, comma 4 in combinato disposto con l’art. 2697 c.c., in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, in quanto, secondo la normativa vigente, era onere del contribuente, che intendeva avvalersi della detrazione d’imposta sulle spese sopportate per l’esercizio dell’attività imprenditoriale, dimostrare l’effettiva esecuzione delle prestazioni ovvero di acquisto di beni, inerenti l’attività stessa; e detta prova non poteva ritenersi assolta mediante le sole dichiarazioni dei fornitori, costituendo esse elementi indiziari che potevano assurgere al rango di prova solo se riscontrate da ulteriori elementi probatori; al contrario, nella specie, mancava la prova degli accordi negoziali sottostanti, nonchè la prova del pagamento integrale delle somme riportate nella fatture esaminate in sede di verifica fiscale; il contribuente avrebbe infatti dovuto fornire ulteriori e più congrui elementi, tali da dimostrare la veridicità della documentazione contabile e dei dati in essa esposti e la rispondenza dei beni ceduti con quelli riportati nelle fatture esibite;

che il contribuente non si è costituito;

che l’unico motivo di ricorso proposto dall’Agenzia delle entrate è fondato;

che, invero, la giurisprudenza di legittimità (Cass. n. 11873 del 2018; Cass. n. 26453 del 2018; Cass. n. 33915 del 2019) è concorde nel ritenere che la fattura costituisce normalmente titolo in forza del quale il contribuente ha diritto alla detrazione dell’IVA ed alla deducibilità dei costi; e spetta all’ufficio dimostrare il difetto delle condizioni per il sorgere di tale diritto; il che l’ufficio può fare anche tramite presunzioni semplici, essendo la prova presuntiva una prova a tutti gli effetti, alla quale il giudice di merito può attribuire rilevanza anche in via esclusiva ai fini della formazione del proprio convincimento; occorre quindi che l’ufficio fornisca qualche elemento, anche indiziario, tale da inficiare l’attendibilità della contabilità tenuta dal contribuente; ed a questo punto si trasferisce sul contribuente l’onere di dimostrare l’effettiva esistenza delle operazioni contestate; il che tuttavia il contribuente non può provare con la mera esibizione della fattura o con la sola dimostrazione della regolarità formale delle scritture contabili, trattandosi di strumenti normalmente utilizzati proprio allo scopo di fare apparire reale un’operazione fittizia;

che, nella specie, la CTR non ha applicato i principi giurisprudenziali sopra esaminati, avendo ritenuto detraibili costi per servizi d’importo complessivo di Euro 36.750,00 sulla sola base di fatture prodotte dal ricorrente e di dichiarazioni sottoscritte dai fornitori, che hanno confermato l’effettivo svolgimento dei trasporti fatturati; ma trattasi di elementi inidonei allo scopo, in quanto il contribuente non ha provato l’effettivo compimento delle operazioni eseguite;

che, invero, se può ritenersi adeguato quanto dedotto dalla CTR per giustificare la mancanza di previ accordi negoziali fra il contribuente ed i trasportatori, essersi cioè trattato di trasporti eseguiti dai fornitori di volta in volta, senza la previa sottoscrizione di un accordo quadro, non può al contrario ritenersi esaustivo quanto ritenuto dalla CTR in materia di tracciabilità dei pagamenti; invero il contribuente era tenuto a provare la corrispondenza fra gli importi indicati nelle fatture ed i mezzi di pagamento usati allo scopo; e, sul punto, la CTR erroneamente ha ritenuto che il pagamento delle fatture in questione avrebbe potuto essere completato in un non precisato periodo successivo; è pertanto da ritenere fondato il rilievo dell’Agenzia delle entrate, avere cioè il contribuente omesso di allegare le concrete modalità di esecuzione delle prestazioni fatturate ed indebitamente detratte;

che, pertanto, il motivo di ricorso proposto dall’Agenzia delle entrate va accolto; la sentenza impugnata va cassata e gli atti rimessi alla CTR della Puglia, sezione staccata di Lecce, in diversa composizione, anche per la determinazione delle spese del presente giudizio di legittimità.

P.Q.M.

la Corte accoglie il ricorso; cassa la sentenza impugnata e rinvia alla CTR della Puglia, sezione staccata di Lecce in diversa composizione, anche per le spese del presente giudizio di legittimità.

Così deciso in Roma, il 24 settembre 2020.

Depositato in Cancelleria il 4 novembre 2020

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