Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 13918 del 09/06/2010
Cassazione civile sez. trib., 09/06/2010, (ud. 13/04/2010, dep. 09/06/2010), n.13918
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE TRIBUTARIA
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. CAPPABIANCA Aurelio – Presidente –
Dott. DI BLASI Antonino – Consigliere –
Dott. VIRGILIO Biagio – rel. Consigliere –
Dott. GRECO Antonio – Consigliere –
Dott. BERTUZZI Mario – Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ordinanza
sul ricorso proposto da:
F.G., rappresentato e difeso dall’avv. D’APOTE Marco,
giusta delega in atti;
– ricorrente –
contro
AGENZIA DELLE ENTRATE, in persona del Direttore pro tempore,
elettivamente domiciliata in Roma, Via dei Portoghesi n. 12, presso
l’Avvocatura Generale dello Stato, che la rappresenta e difende;
– controricorrente –
avverso la sentenza della Commissione tributaria regionale del Veneto
n. 69/34/06, depositata il 22 dicembre 2006.
Udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del
13 aprile 2010 dal Relatore Cons. Biagio Virgilio.
La Corte:
Fatto
RITENUTO IN FATTO
che, ai sensi dell’art. 380 bis cod. proc. civ., è stata depositata in cancelleria la seguente relazione:
“1. F.G. propone ricorso per cassazione avverso la sentenza della Commissione tributaria regionale del Veneto n. 69/34/06, depositata il 22 dicembre 2006, con la quale, in accoglimento dell’appello dell’Ufficio, è stato negato il diritto del contribuente, medico di base, al rimborso dell’IRAP versata per gli anni 1998/2000: in particolare, il giudice a quo ha ritenuto, per quanto qui interessa, che nella specie non può escludersi la sussistenza di autonoma organizzazione in quanto il F., pur svolgendo la sua attività senza dipendenti o collaboratori, “utilizza un ambulatorio” e, inoltre, “l’importo dei costi sostenuti dichiarati nel quadro RE della dichiarazione dei redditi è piuttosto rilevante, ciò che sta a dimostrare che sono stati utilizzati beni strumentali e costi per la produzione di servizi”.
L’Agenzia delle entrate resiste con controricorso.
2. Con il primo motivo si denuncia la violazione della normativa istitutiva dell’IRAP sotto il profilo del presupposto impositivo e si formula il seguente quesito di diritto: “se, ai fini dell’assoggettabilità ad IRAP del professionista, debba escludersi che l’utilizzo di beni strumentali e di costi per la produzione di servizi sia di per sè sufficiente a fondare il presupposto impositivo della autonoma organizzazione di cui al D.Lgs. n. 446 del 1997, art. 2, dovendosi, al contrario, verificare altresì che i detti beni e costi eccedano quelli indispensabili e normalmente utilizzati per l’esercizio della specifica professione, apparendo, solo in tal caso, gli stessi idonei a fornire un apporto potenziativo della capacità contributiva del professionista e quindi a integrare il presupposto impositivo dell’IRAP”.
Il motivo appare inammissibile, poichè il riportato quesito si rivela generico e privo di qualsiasi riferimento alla fattispecie, tale da non consentire alcuna risposta utile a definire la causa nel senso voluto dal ricorrente, non potendosi desumere il quesito dal contenuto del motivo o integrare il primo con il secondo, pena la sostanziale abrogazione del suddetto articolo (ex plurimis, Cass., Sez. un., n. 6420 del 2008).
3. Anche il secondo motivo, con il quale si denuncia “omessa motivazione” circa la configurabilità nella specie dell’autonoma organizzazione, appare inammissibile per carenza del momento di sintesi prescritto, secondo la costante giurisprudenza di questa Corte, dall’art. 366 bis c.p.c., per tale tipo di censura, e comunque manifestamente infondato, poichè la sentenza contiene, come riportato sopra, una sufficiente indicazione degli elementi che, ad avviso del giudice a quo, configurano la sussistenza del presupposto impositivo (in primis, l’utilizzazione di un ambulatorio, alla quale il giudice d’appello attribuisce decisiva rilevanza, senza che tale affermazione sia stata adeguatamente contestata sotto il profilo della violazione di legge, per quanto detto sub 2).
4. In conclusione, si ritiene che il ricorso possa essere deciso in camera di consiglio per manifesta infondatezza”;
che la relazione è stata comunicata al Pubblico Ministero e notificata agli avvocati delle parti;
che non sono state depositate conclusioni scritte, nè memorie.
Diritto
CONSIDERATO IN DIRITTO
che il Collegio, a seguito della discussione in Camera di consiglio, condivide i motivi in fatto e in diritto esposti nella relazione e, pertanto, il ricorso deve essere rigettato;
che il ricorrente va conseguentemente condannato alle spese del presente giudizio di legittimità, che si liquidano in dispositivo.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso e condanna il ricorrente alle spese, che liquida in Euro 1100,00, di cui 100,00 per spese vive, oltre contributo unificato, spese generali ed accessori di legge.
Così deciso in Roma, il 13 aprile 2010.
Depositato in Cancelleria il 9 giugno 2010