Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 13691 del 07/06/2010
Cassazione civile sez. lav., 07/06/2010, (ud. 22/03/2010, dep. 07/06/2010), n.13691
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE LAVORO
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. BATTIMIELLO Bruno – Presidente –
Dott. LAMORGESE Antonio – Consigliere –
Dott. LA TERZA Maura – Consigliere –
Dott. TOFFOLI Saverio – rel. Consigliere –
Dott. MAMMONE Giovanni – Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ordinanza
sul ricorso proposto da:
S.E., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA GERMANICO 96,
presso lo studio dell’avvocato TAVERNITI BRUNO, rappresentato e
difeso dall’avvocato VALLETTINI ROBERTO, giusta procura a margine del
ricorso;
– ricorrente –
contro
INAIL – ISTITUTO NAZIONALE PER L’ASSICURAZIONE CONTRO GLI INFORTUNI
SUL LAVORO, in persona del Dirigente con incarico di livello
generale, Direttore della Direzione Centrale Prestazioni,
elettivamente domiciliato in ROMA, VIA IV NOVEMBRE 144, presso lo
studio dell’avvocato LA PECCERELLA LUIGI, che lo rappresenta e
difende unitamente all’avvocato RASPANTI RITA, giusta procura in
calce al controricorso;
– controricorrente –
e contro
INPS – ISTITUTO NAZIONALE DELLA PREVIDENZA SOCIALE, in persona del
Presidente e legale rappresentante pro tempore, elettivamente
domiciliato in ROMA, VIA DELLA FREZZA 17, presso l’AVVOCATURA
CENTRALE DELL’ISTITUTO, rappresentato e difeso dagli Avvocati RICCIO
ALESSANDRO, VALENTE NICOLA, PATTERI ANTONELLA, giusta procura in
calce al controricorso;
– controricorrente –
avverso la sentenza n. 377/2008 della CORTE D’APPELLO di GENOVA del
4/04/08, depositata il 06/06/2008;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del
22/03/2010 dal Consigliere Relatore Dott. SAVERIO TOFFOLI;
è presente il P.G. in persona del Dott. CARLO DESTRO.
Fatto
MOTIVI
La Corte pronuncia in camera di consiglio ex art. 375 c.p.c., a seguito di relazione ex art. 380 bis c.p.c..
La Corte d’appello di Genova, confermando la sentenza di primo grado, rigettava la domanda proposta da S.E. contro l’Inps, di applicazione del beneficio di rivalutazione della contribuzione per esposizione all’amianto, a norma della L. n. 271 del 1993, art. 13, comma 8.
Preliminarmente rilevava che l’Inail doveva ritenersi non parte del processo di appello, in quanto non era stato proposto gravame contro la dichiarazione in primo grado del suo difetto di legittimazione passiva.
Quanto al merito, il giudice di primo grado aveva ritenuto il beneficio preteso incompatibile con l’accesso da parte dell’attore al prepensionamento dei lavoratori del gruppo Efim D.L. n. 516 del 1994, ex art. 5, secondo quanto successivamente espressamente disposto dal del D.L. n. 269 del 2003, art. 47, comma 6 ter. Il lavoratore appellante, osservava la Corte d’appello, aveva criticato tale decisione sostenendo che doveva essere accertata l’esistenza del suo diritto alla maggiorazione contributiva, poichè in caso positivo egli doveva essere ammesso all’opzione per il trattamento più favorevole, con eventuale revoca da parte dell’Inps del beneficio del prepensionamento.
La Corte di merito rilevava che non era stata contestata la tesi della non cumulabilità del prepensionamento e della rivalutazione contributiva per esposizione all’amianto. Nè era ipotizzabile allo stato attuale l’opzione tra i due benefici dato che la normativa in materia (D.L. n. 516 del 1994, art. 5, comma 3) prevedeva espressamente l’irrevocabilità delle domande di prepensionamento.
Il lavoratore propone ricorso per cassazione. L’Inps resiste con controricorso. L’Inail con controricorso chiede che sia dichiarato inammissibile il ricorso nei suoi confronti. Il ricorrente ha depositato memoria.
Il ricorso deve essere dichiarato inammissibile nei confronti dell’Inail, già ritenuto dal giudice di appello non più parte del processo.
Il ricorso è qualificabile come inammissibile anche nei confronti dell’Inps in quanto il quesito di diritto formulato a conclusione del relativo motivo di censura (con cui si denuncia violazione e falsa applicazione della L. n. 257 del 1992, art. 13, comma 8, in relazione al D.L. n. 516 del 1994, artt. 4 e 5, convertito dalla L. n. 598 del 1994) è tutto incentrato su una questione concretamente estranea alla fattispecie, e cioè sulla possibilità del computo anche dell’anzianità contributiva derivante dalla maggiorazione contributiva per esposizione ultradecennale all’amianto ai fini dell’accesso al prepensionamento. Infatti nella specie evidentemente il lavoratore ha potuto accedere al prepensionamento a prescindere dalla maggiorazione contributiva per esposizione all’amianto.
Invece in sede di quesito non risultano prese in considerazione le complesse questioni effettivamente rilevanti e decisive ai fini di identificare errori della sentenza impugnata decisivi ai fini del potenziale accoglimento della domanda, tra cui, per esempio, la questione circa l’ipotesi, formulata nell’ambito della esposizione del motivo, che l’accoglimento del beneficio relativo all’amianto comporterebbe l’eventuale revoca dell’accoglimento della domanda di prepensionamento per difetto dei relativi presupposti.
In conclusione, il ricorso deve essere dichiarato inammissibile. Le spese del giudizio sono regolate in base al criterio legale della soccombenza.
P.Q.M.
La Corte dichiara il ricorso inammissibile; condanna il ricorrente a rimborsare ai controricorrenti le spese del giudizio, liquidate per ciascuno di essi in Euro 30,00 oltre Euro mille per onorari, oltre accessori di legge.
Così deciso in Roma, il 22 marzo 2010.
Depositato in Cancelleria il 7 giugno 2010