Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 13314 del 31/05/2010
Cassazione civile sez. I, 31/05/2010, (ud. 20/01/2010, dep. 31/05/2010), n.13314
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE PRIMA CIVILE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. ADAMO Mario – Presidente –
Dott. SALME’ Giuseppe – Consigliere –
Dott. ZANICHELLI Vittorio – Consigliere –
Dott. SCHIRO’ Stefano – Consigliere –
Dott. DIDONE Antonio – rel. Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ordinanza
sul ricorso 22879/2007 proposto da:
MINISTERO DELLA GIUSTIZIA in persona del Ministro pro tempore,
elettivamente domiciliato in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12, presso
l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che lo rappresenta e difende, ope
legis;
– ricorrente incidentale –
contro
D.N.S., U.G., P.P., R.
A., M.A., elettivamente domiciliati in ROMA, VIA
ALESSANDRI ROBERTO 50, presso lo studio dell’avvocato ANZUINI
Giovanna, che li rappresenta e difende, giusta procura speciale a
margine del ricorso in cassazione;
– controricorrenti –
avverso il decreto E.R. 396/06 della CORTE D’APPELLO di PERUGIA del
30.6.06, depositato il 20/07/2006;
udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del
20/01/2010 dal Consigliere Relatore Dott. ANTONIO DIDONE;
udito per i ricorrenti l’Avvocato Giovanna Anzuini che si riporta
agli scritti.
E’ presente il P.G. in persona del Dott. UMBERTO APICE che aderisce
alla relazione scritta.
Fatto
RITENUTO IN FATTO E IN DIRITTO
1.- La relazione depositata ai sensi dell’art. 380 bis c.p.c., è del seguente tenore: ” D.N.S. ed altri hanno proposto ricorso per cassazione il 4 settembre 2007 sulla base di quattro motivi avverso il provvedimento emesso dalla Corte d’appello di Perugia in data 20 luglio 2006 con cui il Ministero della giustizia veniva condannato ex L. n. 89 del 2001 al pagamento di un indennizzo di Euro 2.800,00 in favore di ciascuno dei ricorrenti – oltre Euro 1.626,70 complessivi per le spese – per l’eccessivo protrarsi di un processo penale per truffa svoltosi dinanzi al Tribunale e alla Corte d’appello di Roma in cui essi istanti rivestivano la qualità di parte civile.
Il Ministero della giustizia ha resistito con controricorso, proponendo a sua volta ricorso incidentale, affidato ad un motivo.
Osserva:
Il decreto impugnato – esclusa la dimostrazione di qualsiasi danno patrimoniale – ha accolto la domanda di equo indennizzo per danno non patrimoniale nella misura dianzi specificata avendo accertato una durata irragionevole del processo di due anni e mesi dieci circa, sulla base di una ritenuta durata ragionevole di anni quattro in primo grado e due in appello. A tal fine, la Corte d’appello ha ritenuto che il processo presupposto debba qualificarsi di complessità superiore alla media, sia per il profilo qualitativo (stanti la vicenda di riferimento ed il titolo dei reati), sia per il profilo quantitativo (in ragione dell’assai elevato numero delle persone offese e delle attività da compiere ed effettivamente compiute: perizia e supplemento; esame del perito e di numerosi testi). La Corte d’appello ha altresì dedotto il periodo di un anno e sei mesi, corrispondente ai rinvii richiesti dalle parti o alla astensione degli avvocati dalle udienze.
I motivi del ricorso principale appaiono inammissibili per inidoneità rispetto al modello di cui all’art. 366 bis cod. proc. civ.. I quesiti corrispondono infatti a domande e a conclusioni di merito, ma nessuno di essi indica in che cosa consista la regula iuris applicata erroneamente dal giudice a quo e quale sarebbe il diverso principio di diritto che si vorrebbe vedere enunciato dalla Corte di cassazione in relazione alla fattispecie.
Per la stessa ragione è inammissibile l’unico motivo del ricorso incidentale, perchè esso non reca la sintesi conclusiva.
In conclusione, ove si condividano i testè formulati rilievi, il ricorso può essere trattato in Camera di consiglio ricorrendo i requisiti di cui all’art. 375 c.p.c..
2.- I ricorsi, proposti contro il medesimo provvedimento, vanno riuniti.
Il Collegio condivide il contenuto della relazione e gli argomenti che la sorreggono – non scalfiti dal contenuto della memoria difensiva – e che conducono alla declaratoria di inammissibilità del ricorso principale e del ricorso incidentale.
La reciproca soccombenza giustifica l’integrale compensazione delle spese del giudizio di legittimità.
P.Q.M.
La Corte riunisce i ricorsi e li dichiara inammissibili. Compensa integralmente tra le parti le spese processuali del giudizio di legittimità.
Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 20 gennaio 2010.
Depositato in Cancelleria il 31 maggio 2010