Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 13595 del 04/06/2010
Cassazione civile sez. trib., 04/06/2010, (ud. 22/04/2010, dep. 04/06/2010), n.13595
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE TRIBUTARIA
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. MIANI CANEVARI Fabrizio – Presidente –
Dott. BOGNANNI Salvatore – Consigliere –
Dott. MAGNO Giuseppe Vito Antonio – Consigliere –
Dott. DIDOMENICO Vincenzo – Consigliere –
Dott. BOTTA Raffaele – rel. Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
sentenza
sul ricorso proposto da:
Ministero dell’Economia e delle Finanze, in persona del Ministro pro
tempore, e Agenzia delle Entrate, in persona del Direttore pro
tempore, elettivamente domiciliati in Roma, via dei Portoghesi 12,
presso l’Avvocatura Generale dello Stato, che li rappresenta e
difende per legge;
– ricorrenti –
contro
L. o L.M.;
– intimato –
avverso la sentenza della Commissione Tributaria Regionale della
Basilicata (Potenza), Sez. n. 3, n. 109/3/04, del 9 novembre 2004,
depositata il 14 gennaio 2005, non notificata.
Udita la relazione svolta nella Pubblica Udienza del 22 aprile 2010
dal Cons. Dr. Raffaele Botta;
Preso atto che nessuno è presente per le parti;
Udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. DE
NUNZIO Wladimiro, che ha concluso per l’accoglimento del ricorso per
quanto di ragione.
Fatto
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
La controversia concerne l’impugnazione di un avviso di accertamento ai fini IRPRF e di un avviso di rettifica ai fini IVA, entrambi per l’anno 1996, con i quali, applicando i parametri di cui al D.P.C.M. 29 gennaio 1996, veniva accertato il reddito di impresa del contribuente, esercente una attività di trasporto merci su strada, in luogo della dichiarata perdita. La Commissione adita dichiarava inammissibile il ricorso ritenendolo tardivo. L’appello del contribuente era accolto tanto in punto di ammissibilità, quanto nel merito, con la sentenza in epigrafe, avverso la quale il Ministero dell’Economia e delle Finanze e l’Agenzia delle Entrate propongono ricorso per cassazione con unico motivo. Il contribuente non si è costituito.
Diritto
MOTIVAZIONE
Va rilevata preliminarmente l’inammissibilità de ricorso del Ministero dell’Economia e delle Finanze: nel caso di specie al giudizio di appello ha partecipato l’Ufficio periferico di Lagonegro dell’Agenzia delle Entrate (successore a titolo particolare del Ministero) e il contraddittorio è stato accettato dal contribuente senza sollevare alcuna eccezione sulla mancata partecipazione del dante causa, che così risulta, come costantemente ha rilevato la giurisprudenza di questa Corte (ex plurimis, v. Cass. n. 3557/2005), e-stromesso implicitamente dal giudizio, con la conseguenza che la legittimazione a proporre il controricorso (così come il ricorso per cassazione) spettava alla sola Agenzia.
Con l’unico motivo di ricorso l’Agenzia delle Entrate denuncia la violazione della L. n. 549 del 1995, art. 3, comma 181, in combinato disposto con il D.P.R. n. 633 de 1972, art. 54, e D.P.R. n. 600 del 1973, art. 39, affermando che il valore presuntivo dei parametri, la cui applicazione prescinde dalla regolarità delle scritture contabili, determini un inversione dell’onere della prova a carico del contribuente, il quale dovrà provare le ragione del suo mancato adeguamento ai limiti previsti dallo strumento accertativo.
Il ricorso non è fondato alla luce del principio affermato dalle Sezioni Unite di questa Corte secondo cui: “La procedura di accertamento tributario standardizzato mediante l’applicazione dei parametri o degli studi di settore costituisce un sistema di presunzioni semplici, la cui gravità, precisione e concordanza non è ex lege determinata dallo scostamento del reddito dichiarato rispetto agli standards in sè considerati – meri strumenti di ricostruzione per elaborazione statistica della normale redditività – ma nasce solo in esito al contraddittorio da attivare obbligatoriamente, pena la nullità dell’accertamento, con il contribuente. In tale sede, quest’ultimo ha l’onere di provare, senza limitazione alcuna di mezzi e di contenuto, la sussistenza di condizioni che giustificano l’esclusione dell’impresa dall’area dei soggetti cui possono essere applicati gli standards o la specifica realtà dell’attività economica nel periodo di tempo in esame, mentre la motivazione dell’atto di accertamento non può esaurirsi nel rilievo dello scostamento, ma deve essere integrata con la dimostrazione dell’applicabilità in concreto dello standard prescelto e con le ragioni per le quali sono state disattese le contestazioni sollevate dal contribuente. L’esito del contraddittorio, tuttavia, non condiziona l’impugnabilità dell’accertamento, potendo il giudice tributario liberamente valutare tanto l’applicabilità degli standards al caso concreto, da dimostrarsi dall’ente impositore, quanto la controprova offerta dal contribuente che, al riguardo, non è vincolato alle eccezioni sollevate nella fase del procedimento amministrativo e dispone della più ampia facoltà, incluso il ricorso a presunzioni semplici, anche se non abbia risposto all’invito al contraddittorio in sede amministrativa, restando inerte. In tal caso, però, egli assume le conseguenze di questo suo comportamento, in quanto l’Ufficio può motivare l’accertamento sulla sola base dell’applicazione degli standards, dando conto dell’impossibilità di costituire il contraddittorio con il contribuente, nonostante il rituale invito, ed il giudice può valutare, nel quadro probatorio, la mancata risposta all’invito¯ (Cass. S.U. n. 26635 del 2009). Nel caso di specie la procedura di accertamento standardizzato non ha rispettato le regole enunciate nel surriportato principio e l’amministrazione non ha dato alcuna dimostrazione della legittima utilizzazione dei parametri nemmeno, come rileva il giudice di merito, indicando nei contestati avvisi “quale metodo e applicando quali indicatori l’ufficio sia pervenuto alla determinazione dei maggiori ricavi”. Sul punto nessuna adeguata censura è sollevata nel ricorso, che sotto il profilo del contenuto dell’accertamento si palese anche non autosufficiente.
Pertanto il ricorso deve essere rigettato. Non occorre provvedere sulle spese, stante la mancata costituzione della parte intimata.
P.Q.M.
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE Rigetta il ricorso.
Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 22 aprile 2010.
Depositato in Cancelleria il 4 giugno 2010