Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 13415 del 01/06/2010

Cassazione civile sez. I, 01/06/2010, (ud. 21/04/2010, dep. 01/06/2010), n.13415

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. LUCCIOLI Maria Gabriella – Presidente –

Dott. FELICETTI Francesco – rel. Consigliere –

Dott. PICCININNI Carlo – Consigliere –

Dott. CULTRERA Maria Rosaria – Consigliere –

Dott. GIANCOLA Maria Cristina – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso 10108/2008 proposto da:

B.A. (c.f. (OMISSIS)), anche quale procuratore

di se stesso, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA LUDOVISI 35,

presso l’avvocato LAURO MASSIMO, rappresentato e difeso dagli

avvocati PICCOLO Paolo, NEGRI MARIO, giusta procura a margine del

ricorso;

– ricorrente –

contro

R.S. (c.f. (OMISSIS)), elettivamente domiciliata

in ROMA, VIA CICERONE 28, presso l’avvocato RAMPELLI ELISABETTA,

rappresentata e difesa dall’avvocato RUSSO Teodoro, giusta procura in

calce al controricorso;

– controricorrente –

contro

PROCURATORE GENERALE PRESSO LA CORTE DI CASSAZIONE;

– intimato –

avverso il decreto della CORTE D’APPELLO di NAPOLI, depositato il

31/01/2008; n. 2646/07 V.G.;

udita la relazione della causa svolta nella Pubblica udienza del

21/04/2010 dal Consigliere Dott. FRANCESCO FELICETTI;

udito, per il ricorrente, l’Avvocato ARIELLA COZZI, con delega, che

ha chiesto l’accoglimento del ricorso;

udito, per la controricorrente, l’Avvocato TEODORO RUSSO che ha

chiesto il rigetto del ricorso;

udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

CARESTIA Antonietta, che ha concluso per l’inammissibilità del

ricorso.

 

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

1. La sig.ra R.S., con ricorso al tribunale di Napoli depositato nel dicembre 2006 chiedeva la modifica delle condizioni della separazione consensuale intervenuta nel gennaio 2003 fra di essa ed il marito avv. B.A., aumentando ad Euro 1.500,00 mensili l’assegno convenuto per ciascuno dei due figli minori. Nel contraddittorio con il convenuto, che aveva chiesto la riduzione dell’assegno, il tribunale, con provvedimento del giugno 2007, recepiva l’accordo intervenuto in corso di causa fra le parti circa l’affido condiviso dei figli e rideterminava l’assegno complessivo per i due figli in Euro 1.200,00 mensili. L’avv. B. proponeva reclamo, sia in relazione all’aumento dell’assegno, sia chiedendo di tenere i figli con sè per trenta giorni in agosto, anzichè venti come previsto, e la Corte d’appello di Napoli, con decreto depositato il 31 gennaio 2008, accogliendolo solo parzialmente, dichiarava assorbito nell’assegno determinato dal tribunale il contributo “una tantum” di Euro 260,00 previsto dai patti di separazione, rigettando ogni altra istanza di riforma e disponendo unicamente, quanto al regime d’incontri del padre con i figli, l’eliminazione del soggiorno dei minori in (OMISSIS) dal (OMISSIS) di ogni anno con la madre ed attribuendo al padre il diritto di tenere con sè i figli in (OMISSIS), ogni anno, dal (OMISSIS). Avverso tale decreto l’avv. B. ha proposto ricorso a questa Corte con atto notificato alla sig.ra R. in data 4 aprile 2008, formulando quattro motivi. La sig.ra R. resiste con controricorso notificato il 13 maggio 2008. Il ricorrente ha anche depositato memoria.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

1. Va pregiudizialmente rigettata l’eccezione della resistente d’inammissibilità del ricorso perchè il provvedimento impugnato atterrebbe alla volontaria giurisdizione, trattandosi invece di provvedimento avente natura contenziosa, suscettibile di acquistare efficacia di giudicato “rebus sic stantibus” e, come tale, impugnabile con ricorso per cassazione ai sensi dell’art. 111 Cost..

2. Con il primo motivo si denunciano la violazione o falsa applicazione degli artt. 155, 155 ter e 155 sexies cod. civ., artt. 710 e 737 c.p.c., della L. n. 898 del 1970, artt. 6 e 9, della L. n. 54 del 2006, artt. 1 e 4, nonchè vizi motivazionali. Si deduce al riguardo che la Corte d’appello ha riquantificato l’assegno per i figli minori senza prendere in considerazione tutti gli elementi probatori prodotti in giudizio riguardanti la situazione patrimoniale delle parti, con motivazione meramente apparente e contraddittoria, riconoscendo che le condizioni economiche di esso ricorrente, dal momento della separazione consensuale, non erano migliorate, ma anzi peggiorate e le condizioni dei coniugi sostanzialmente si equivalevano.

Con il secondo motivo si denunciano ancora la violazione o falsa applicazione degli artt. 155, 155 ter e 155 sexies cod. civ., artt. 710 e 737 c.p.c., della L. n. 898 del 1970, artt. 6 e 9, della L. n. 54 del 2006, artt. 1 e 4, nonchè vizi motivazionali, in relazione alla decisione della Corte d’appello di affidare ai figli al padre per dieci giorni in più in luglio invece che per dieci giorni in più in agosto come richiesto.

Con il terzo motivo si denunciano ancora la violazione o falsa applicazione degli artt. 155, 155 ter e 155 sexies cod. civ., artt. 710 e 737 c.p.c, della L. n. 898 del 1970, artt. 6 e 9, della L. n. 54 del 2006, artt. 1 e 4, nonchè vizi motivazionali, in relazione alla modifica delle modalità di pagamento dell’assegno, da pagarsi, secondo il decreto della Corte d’appello, “entro il giorno 10 di ogni mese esclusivamente a mezzo bonifico bancario”, non essendovi alcuna ragione sopravvenuta per modificare nei sensi anzi detti la modalità di pagamento dell’assegno.

Con il quarto motivo si denuncia la violazione o falsa applicazione degli artt. 710 e 737 c.p.c., della L. n. 898 del 1970, art. 9, artt. 91 e 92 c.p.c., nonchè vizi motivazionali in relazione alla parziale condanna alle spese di primo grado del ricorrente, nonostante la parziale soccombenza della controparte e la disponibilità dimostrata da esso ricorrente a transigere la causa con l’offerta di un assegno mensile di Euro mille.

In relazione a tutti tali motivi va accolta l’eccezione d’inammissibilità prospettata sotto vari profili dalla resistente.

A norma dell’art. 366 bis c.p.c., il quesito di diritto deve compendiare: a) la riassuntiva esposizione degli elementi di fatto sottoposti al giudice di merito; b) la sintetica indicazione della regola di diritto applicata da quel giudice; c) la diversa regola di diritto che, ad avviso del ricorrente, si sarebbe dovuta applicare al caso di specie. E’, pertanto, inammissibile il ricorso contenente un quesito di diritto che si risolva in un’enunciazione di carattere generale ed astratto con la quale ci si limiti a chiedere semplicemente di accertare se vi sia stata o meno la violazione di una determinata disposizione di legge (Cass. sez. u. 11 marzo 2008, n. 6420; Cass. 17 luglio 2008, n. 19769). Inoltre, allorchè con il motivo si lamenti un vizio di motivazione della sentenza impugnata in merito ad un fatto controverso, l’onere di indicare chiaramente tale fatto ovvero le ragioni per le quali la motivazione è insufficiente, imposto dall’art. 366 bis cod. proc. civ., deve essere adempiuto non già e non solo illustrando il relativo motivo di ricorso, ma anche formulando, al termine di esso, una indicazione riassuntiva e sintetica, che costituisca un “quid pluris” rispetto all’illustrazione del motivo, e che consenta al giudice di valutare immediatamente l’ammissibilità del ricorso (Cass. 7 aprile 2008, n. 8897; Cass. sez. un. 1 ottobre 2007, n. 20603). Inoltre ove con un unico motivo si deducano vizi di violazione di legge e vizi motivazionali, debbono essere formulati a sua conclusione, a pena d’inammissibilità, quesiti e sintesi distinte, fra loro integrantisi (Cass. sez. un. 31 marzo 2009, n. 7770).

Nel caso di specie con i su detti motivi si deducono cumulativamente vizi di motivazione di violazione di legge, senza che essi si concludano nè con un autonomo quesito di diritto relativo ai dedotti vizi di violazione di legge nè con una sintesi relativa ai vizi motivazionali che rispondano ai requisiti sopra indicati, concludendosi viceversa con un quesito unitario, per i primi tre motivi anche del tutto astratto e generico.

Ne deriva che tutti i motivi debbono essere dichiarati inammissibili e conseguentemente deve essere dichiarato inammissibile il ricorso, con la condanna del ricorrente alle spese del giudizio di cassazione che si liquidano come in dispositivo, mentre non si ravvisano le condizioni per l’accoglimento della domanda ex art. 385 c.p.c., formulata nel controricorso.

PQM

LA CORTE DI CASSAZIONE Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente alle spese del giudizio di cassazione, che liquida nella misura di euro duemilatrecento, di cui Euro duecento per spese vive, oltre spese generali e accessori come per legge.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Prima Civile, il 21 aprile 2010.

Depositato in Cancelleria il 1 giugno 2010

 

 

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