Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 13250 del 31/05/2010

Cassazione civile sez. III, 31/05/2010, (ud. 29/04/2010, dep. 31/05/2010), n.13250

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. DI NANNI Luigi Francesco – Presidente –

Dott. PETTI Giovanni Battista – Consigliere – –

Dott. URBAN Giancarlo – Consigliere –

Dott. AMENDOLA Adelaide – rel. Consigliere –

Dott. TRAVAGLINO Giacomo – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso proposto da:

C.L. (OMISSIS), elettivamente domiciliato

in ROMA, VIA AURELIA 424, presso lo studio dell’avvocato CIAFFI

CESARE, che lo rappresenta e difende giusta delega a margine del

ricorso;

– ricorrente –

contro

UNIPOL ASSICURAZIONI S.P.A. (OMISSIS) in persona del suo

procuratore ad negotia Dott. S.S., elettivamente

domiciliata in ROMA, VIA CRATILO DI ATENE 31, presso lo studio

dell’avvocato VIZZONE DOMENICO, rappresentata e difesa dall’avvocato

TROPIANO FABRIZIO MARIA giusta delega a margine del controricorso;

– controricorrente –

e contro

C.M. (OMISSIS);

– intimato –

avverso la sentenza n. 8077/2005 del TRIBUNALE di ROMA, SEZIONE 13^

CIVILE, emessa il 26/3/2005, depositata il 11/04/2005, R.G.N.

25172/2003;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

29/04/2010 dal Consigliere Dott. AMENDOLA Adelaide;

udito l’Avvocato CESARE CIAFFI;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

MARINELLI Vincenzo che ha concluso per il rigetto del ricorso.

 

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

C.L. conveniva in giudizio innanzi al Giudice di Pace di Roma C.M. e UNIPOL s.p.a. chiedendone la condanna in solido al risarcimento dei danni subiti per effetto di un incidente stradale ascrivibile, a suo dire, a responsabilita’ esclusiva del C.M..

Resisteva la societa’ assicuratrice, che contestava l’avversa pretesa.

Con sentenza del 23 settembre 2002 il giudice adito rigettava la domanda.

Proposto gravame dal soccombente, il Tribunale di Roma, con sentenza depositata l’11 aprile 2005, lo respingeva.

Avverso detta pronuncia propone ricorso per Cassazione C. L. formulando quattro motivi e notificando l’atto a C. M. e a UNIPOL s.p.a..

Solo quest’ultima ha resistito con controricorso.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

1.1 Col primo motivo l’impugnante lamenta, ex art. 360 c.p.c., n. 5, mancanza, insufficienza e contraddittorieta’ della motivazione su un punto decisivo della controversia per avere il giudice di merito negato che potesse essere disposta una consulenza tecnica d’ufficio al fine di accertare i danni subiti dal veicolo, senza considerare che in casi siffatti, per consolidata giurisprudenza di legittimita’, il decidente e’ tenuto a motivare adeguatamente in ordine alla possibilita’ di risolvere, senza l’ausilio di un esperto, tutti i problemi tecnici connessi alla valutazione degli elementi rilevanti ai fini della decisione. Aggiunge che la condizione della impossibilita’ o estrema difficolta’ per la parte di provare i propri assunti ricorreva nella fattispecie, perche’, non essendo stata l’autovettura ancora riparata, l’attore non aveva potuto produrre alcuna fattura.

1.2 La censura non ha pregio.

Il giudice di merito, rilevato, quanto ai danni rappresentati dai costi necessari alla riparazione del mezzo, che nessuna efficacia probatoria poteva riconoscersi al prodotto preventivo di spesa, in quanto documento a carattere meramente valutativo, non ha dato accesso alla consulenza tecnica d’ufficio richiesta dalla parte, segnatamente evidenziando che questa non puo’ mai surrogare l’onere probatorio sulla stessa gravante.

Ritiene il collegio che la scelta del decidente sia coerente con i criteri che presidiano la distribuzione degli oneri di allegazione e di prova dei soggetti del processo e che essa, in quanto frutto di un potere discrezionale correttamente esercitato, sia incensurabile in sede di legittimita’ (confr. Cass. civ. 16 aprile 2008, n. 10007;

Cass. civ. 5 luglio 2007, n. 15219).

2.1 Considerazioni di ordine logico impongono di esaminare, a questo punto della esposizione, con precedenza rispetto agli altri, il terzo motivo di ricorso.

Con esso l’impugnante deduce violazione degli artt. 115, 244 c.p.c., art. 184 c.p.c., comma 2, e art. 320 c.p.c., comma 4, omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione su un punto decisivo della controversia, ex art. 360 c.p.c., nn. 3 e 5, per non avere il giudice di merito ammesso, sia in primo grado che in appello, i mezzi di prova proposti dall’attore, cosi’ compromettendo l’attuazione del suo diritto di difesa. Non aveva il decidente considerato che, articolate le istanze istruttorie gia’ nell’atto introduttivo del giudizio, la difesa attrice, all’esito dell’udienza di prima comparizione, in cui si era costituita la controparte, aveva coerentemente chiesto rinvio per la loro definitiva formulazione, ex art. 320 c.p.c., comma 4.

2.2 Il motivo e’ inammissibile per le ragioni che seguono.

Il Tribunale ha ritenuto che correttamente il primo decidente avesse rigettato le richieste istruttorie formulate dal C. L., in quanto tardive. Ricordato che il regime di concentrazione dell’attivita’ processuale al quale e’ ispirato il processo civile comporta che, nel procedimento davanti al giudice di pace le prove vanno proposte nell’udienza di trattazione di cui all’art. 320 c.p.c., ha rilevato che l’attore, pur avendo articolato la prova orale in citazione, aveva indicato il nominativo del testimone solo alla quarta udienza, ben oltre, dunque, il predetto limite.

Trattasi di argomentazioni coerenti con la ricostruzione del procedimento dinanzi al giudice di pace come procedimento che, ancorche’ disciplinato da un ius singulare – talche’ in esso non e’ configurabile una reale distinzione tra udienza di prima comparizione e prima udienza di trattazione – e’ comunque caratterizzato dallo stesso regime di preclusioni che governa il processo dinanzi al tribunale, le cui disposizioni sono pur sempre applicabili in mancanza di diversa disciplina (confr. Cass. civ. 27 maggio 2009, n. 12272; Cass. civ. 16 maggio 2008, n. 12454).

Ne consegue che il ricorrente, contestando l’affermazione del giudice di merito secondo cui la completa articolazione della prova orale era avvenuta, con l’indicazione della persona da assumere come teste, quando erano gia’ maturate le preclusioni istruttorie, doveva, per il principio di autosufficienza del ricorso per Cassazione, esattamente ricostruire tale parte dell’iter processuale, indicando le richieste formulate a verbale, i provvedimenti assunti dal decidente nonche’ i capitoli di prova non ammessi e asseritamente concludenti e decisivi al fine di pervenire a soluzioni diverse da quelle raggiunte nell’impugnata sentenza (Cass. civ. 19 marzo 2007 n. 6440).

3.1 Si prestano a essere esaminati congiuntamente, per la loro evidente connessione, gli altri due motivi di ricorso.

Col secondo mezzo il ricorrente denuncia violazione della L. n. 39 del 1977, art. 5, comma 2, ex art. 360 c.p.c., n. 3, per avere il giudice di merito attribuito valore di prova legale al modulo di constatazione amichevole del sinistro, senza considerare che il CID redatto dagli automobilisti, peraltro prodotto in giudizio sole in fotocopia, non aveva, in punto di completezza delle indicazioni, i requisiti richiesti dalla legge per determinare tali effetti, in quanto privo di data e neppure trasmesso alla societa’ assicuratrice.

3.2 Col quarto mezzo deduce omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione su un profilo decisivo della controversia, ex art. 360 c.p.c., n. 5, per avere il giudice di merito fatto malgoverno della presunzione di pari responsabilita’ nella causazione del sinistro sancita dall’art. 2054 c.c., comma 2, e per non avere inoltre considerato che nella fattispecie, trattandosi di tamponamento, era la controparte, in quanto conducente del veicolo tamponante, che avrebbe dovuto fornire la prova della inimputabilita’, in tutto o in parte, dell’evento dannoso, alla sua condotta. Ne’ il giudice a quo aveva adeguatamente motivato le ragioni del proprio dissenso dalle conclusioni del consulente medico – legale, che aveva riconosciuto e quantificato sia un’invalidita’ temporanea totale, sia un’invalidita’ temporanea parziale, sia l’esistenza di postumi permanenti invalidanti.

3.3 Le doglianze sono destituite di ogni fondamento.

Il giudice di merito ha motivato il suo convincimento rilevando, in ordine alla dedotta sussistenza delle condizioni per l’operativita’ della presunzione di cui all’art. 2054 c.c., comma 2 che, anche a voler ritenere presunta la colpa del convenuto C.M. nella misura del 50%, la domanda attrice andava nondimeno rigettata essendo rimaste totalmente indimostrate l’esistenza e l’entita’ dei danni lamentati dall’attore. E invero la dichiarazione secondo cui l’incidente non aveva provocato feriti, contenuta nel modulo di constatazione amichevole del sinistro e integrante una vera e propria confessione, smentiva l’assunto che il C.L. avesse riportato nell’incidente lesioni mentre, in ordine al danno rappresentato dai costi necessari alla riparazione del mezzo, nessuna efficacia probatoria poteva riconoscersi al prodotto preventivo di spesa, in quanto mera valutazione.

2.4 Queste essendo le argomentazioni con cui il giudice di merito ha motivato la scelta decisoria adottata, le critiche svolte dal ricorrente, laddove tornano a evocare la presunzione di pari responsabilita’ nella causazione del sinistro nonche’ la mancata considerazione degli esiti della consulenza medica, sono eccentriche rispetto alla ratio decidendi del provvedimento impugnato che ha ritenuto inutile indagare sulla dinamica dell’incidente, in un contesto probatorio che avrebbe visto l’appellante comunque soccombente, per assoluta mancanza di prova dell’esistenza e dell’entita’ dei lamentati danni, mentre, quanto ai danni alle persone, li ha tout court esclusi in base alle risultanze del CID. 2.5 Infine le deduzioni relative alla pretesa incompletezza del modulo di constatazione amichevole del sinistro e alla conseguente impossibilita’ di attribuire alle dichiarazioni in esso contenute il valore di prova legale introducono questioni non trattate nella sentenza impugnata, e quindi nuove. Conseguentemente il ricorrente, al fine di evitare una statuizione di inammissibilita’ per novita’ delle censure, aveva l’onere non solo di allegarne l’avvenuta deduzione dinanzi al giudice di merito, ma anche, per il principio di autosufficienza del ricorso per Cassazione, di indicare in quale atto del giudizio precedente lo aveva fatto, onde dar modo alla Corte di controllare de visu la veridicita’ di tale asserzione (confr. Cass. civ. sez. lav. 28 luglio 2008, n. 20518; Cass. civ. 1^, 31 agosto 2007, n. 18440). E invero i motivi del ricorso per Cassazione devono investire a pena di inammissibilita’ questioni gia’ comprese nel “thema decidendum” del giudizio di appello, di modo che, salvo che si prospettino profili rilevabili d’ufficio, e’ preclusa la proposizione di doglianze che, modificando la precedente impostazione, pongano a fondamento delle domande e delle eccezioni titoli diversi o introducano, comunque, piste ricostruttive fondate su elementi di fatto nuovi e difformi da quelli allegati nelle precedenti fasi processuali.

In definitiva il ricorso deve essere rigettato.

Il ricorrente rifondera’ alla controparte le spese del giudizio.

P.Q.M.

LA CORTE rigetta il ricorso. Condanna il ricorrente al pagamento delle spese di giudizio, liquidate in complessivi Euro 1.300,00 (di cui Euro 200,00 per spese), oltre IVA e CPA, come per legge.

Così deciso in Roma, il 29 aprile 2010.

Depositato in Cancelleria il 31 maggio 2010

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