Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 22375 del 15/10/2020

Cassazione civile sez. un., 15/10/2020, (ud. 13/10/2020, dep. 15/10/2020), n.22375

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONI UNITE CIVILI

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. TIRELLI Francesco – Primo Presidente f.f. –

Dott. MANNA Antonio – Presidente di Sez. –

Dott. TORRICE Amelia – Consigliere –

Dott. VALITUTTI Antonio – Consigliere –

Dott. ORECCHIO Antonio – Consigliere –

Dott. STALLA Giacomo Maria – Consigliere –

Dott. GIUSTI Alberto – Consigliere –

Dott. MERCOLINO Guido – Consigliere –

Dott. SCARPA Antonio – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 19910/2019 proposto da:

F.A., F.G., elettivamente domiciliati in ROMA,

P.ZA COLA DI RIENZO 92, presso lo studio dell’avvocato ELISABETTA

NARDONE, rappresentati e difesi dall’avvocato GIUSEPPE LA SPINA;

– ricorrenti –

contro

M.A., COMUNE DI SPOLETO;

– intimati –

avverso il decreto del CONSIGLIO DI STATO, depositato il 28/05/2019;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del

13/10/2020 dal Consigliere Dott. ANTONIO SCARPA.

 

Fatto

FATTI DI CAUSA

F.G. e F.A. propongono ricorso per la cassazione del decreto n. 3523/2019 del Consiglio di Stato, Sezione Quarta, depositato il 28 maggio 2019.

Gli intimati M.A. e Comune di Spoleto non hanno svolto attività difensive.

Con l’impugnato decreto il Consiglio di Stato ha condannato F.G. e F.A. al pagamento del compenso liquidato in Euro 6.000,00 in favore dell’ingegnere M.A., nominato verificatore con sentenza non definitiva n. 946/2018 nel giudizio di appello avverso la sentenza TAR Umbria n. 536/2012, poi definito con sentenza n. 6108 del 26 ottobre 2018. La verificazione era stata depositata il 28 maggio 2018, mentre la domanda di liquidazione del compenso era poi stata avanzata dal verificatore ingegnere M. soltanto con nota del 10 dicembre 2018, e dunque oltre il termine stabilito a pena di decadenza dal D.P.R. n. 115 del 2002, art. 71, comma 2. Il Decreto n. 3523 del 2019 del Consiglio di Stato ha ritenuto che la tardiva presentazione della domanda di liquidazione del compenso del verificatore potesse trovare giustificazione nella circostanza che la sentenza che aveva disposto la verificazione non aveva richiamato all’attenzione del verificatore la vigenza di tale termine di decadenza, così provocandone l’errore scusabile.

La trattazione del ricorso è stata fissata in Camera di consiglio, a norma dell’art. 380 bis.1 c.p.c..

Il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. Lucio Capasso, ha depositato le sue conclusioni scritte, ai sensi dell’art. 380-bis 1 c.p.c., chiedendo l’accoglimento del ricorso.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

I. L’unico motivo del ricorso di F.G. e F.A. denuncia l’abnormità e quindi la nullità del decreto 3523/2019 del Consiglio di Stato, nonchè per violazione dell’art. 66 c.p.a., T.U. n. 115 del 2002, art. 71, art. 2966 c.c., oltre che del D.M. n. 140 del 2012 e del T.U. n. 115 del 2002, quanto all’entità del compenso. Le ricorrenti censurano la ritenuta scusabilità dell’errore inerente alla decadenza del D.P.R. n. 115 del 2002, ex art. 71, comma 2, ed anche la difformità dell’importo liquidato al verificatore rispetto ai criteri indicati nelle norme richiamate.

II. Il ricorso è inammissibile.

La regolamentazione normativa dei profili processuali della liquidazione dei compensi agli ausiliari del giudice amministrativo si rinviene nel Testo unico in materia di spese di giustizia (D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115), applicabile al processo amministrativo (art. 2 T.U. Spese) e nel codice del processo amministrativo (in particolare, artt. 66 e 67). La liquidazione del compenso avviene, perciò, con decreto del presidente dell’ufficio giudiziario o della sezione di appartenenza, e avverso tale decreto presidenziale si può proporre opposizione che si svolge davanti al medesimo ufficio. Sul decreto di liquidazione del compenso del verificatore reso dal Consiglio di Stato non è comunque certamente ammissibile la proposizione di ricorso per cassazione per violazione di legge, nemmeno al fine di denunciare che il giudice non avesse il potere di procedere alla liquidazione in favore dell’ausiliare per essere maturato il termine di decadenza previsto dal D.P.R. n. 115 del 2002, art. 71 e che, pertanto, il provvedimento risulta abnorme. Nè in tal caso è configurabile l’eccesso di potere giurisdizionale da parte del giudice speciale censurabile in cassazione, non potendosi estendere il controllo di giurisdizione su provvedimenti pur prospettati come abnormi o anomali, ove si tratti di denunciare non una ipotesi di difetto assoluto o di difetto relativo di giurisdizione, come definiti dalla Corte costituzionale con sentenza n. 6 del 2018, quanto errores in procedendo o in iudicando, il cui accertamento rientra nell’ambito del sindacato afferente i limiti interni della giurisdizione.

III. Il ricorso va perciò dichiarato inammissibile. Non occorre provvedere sulle spese del giudizio di cassazione, in quanto gli intimati non hanno svolto attività difensive.

Sussistono i presupposti processuali per il versamento – ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1-quater – da parte delle ricorrenti, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per l’impugnazione, se dovuto.

P.Q.M.

La Corte dichiara inammissibile il ricorso.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte delle ricorrenti, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso principale, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis, se dovuto.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio delle Sezioni Unite Civili della Corte Suprema di Cassazione, il 13 ottobre 2020.

Depositato in Cancelleria il 15 ottobre 2020

 

 

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