Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 12559 del 21/05/2010
Cassazione civile sez. trib., 21/05/2010, (ud. 03/02/2010, dep. 21/05/2010), n.12559
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE TRIBUTARIA
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. MIANI CANEVARI Fabrizio – Presidente –
Dott. CARLEO Giovanni – Consigliere –
Dott. MARIGLIANO Eugenia – Consigliere –
Dott. CAMPANILE Pietro – rel. Consigliere –
Dott. GRECO Antonio – Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
sentenza
sul ricorso proposto da:
COMUNE DI BUSNAGO, elettivamente domiciliato in Roma, Via G. G.
Belli, n. 27, nello studio dell’Avv. MEREU Paolo, che lo rappresenta
e difende, unitamente all’Avv. Massimiliano Battagliola, giusta
procura speciale in atti;
– ricorrente –
contro
DA.BO S.N.C. di Bolognesi Bruna & C, in persona del
legale
rappresentante rappresentata e difesa, giusta procura speciale in
atti, dagli Avv. MASSARANI Adriana e Paolo Segalina;
– controricorrente –
avverse la sentenza della Commissione tributaria regionale della
Lombardia n. 86/22/06, depositata in data 24 novembre 2006;
Udita la relazione della causa svolta nella Pubblica udienze del dal
consigliere Dott. Pietro Campanile;
Udite le richieste del Procuratore Generale, in persona del Sostituto
Dott. CICCOLO Pasquale Paolo Maria, il quale ha concluso per
l’inammissibilità del ricorso.
Fatto
1.1 La S.n.c. DA.Go di Bolognesi Bruna & C. proponeva ricorso avverso atto di liquidazione con cui il Comune di Busnago intimava il pagamento della tassa per lo smaltimento dei rifiuti solidi urbani, relativamente all’anno 2003, prendendo in considerazione l’intera superficie dello stabilimento industriale appartenente alla società, la quale aveva versato la tassa stessa, quantificata utilizzando come base per il calcolo la soia superficie delle zone destinate ad uffici.
Veniva eccepito che nell’area destinata alla produzione si realizzavano esclusivamente rifiuti speciali, al cui smaltimento la DA.BO provvedeva direttamente.
1.2 – La Commissione tributaria provinciale di Milano, con sentenza n. 134/26/2004, accoglieva il ricorso, compensando le spese processuali.
1.3 – La Commissione tributaria regionale della Lombardia, con la sentenza indicata in epigrafe, rigettava l’appello proposto dall’ente impositore.
1.4 Avverso tale decisione il Comune di Busnago proponeva ricorso per cassazione, affidato a due motivi.
Si costituiva con controricorso la DA.BO, chiedendo il rigetto dell’impugnazione ex adverso proposta ed eccependo, fra l’altro, che, non essendo stato impugnato il capo della sentenza di primo grado con cui era stata accolta la doglianza inerente all’insussistenza del presupposto della pretesa, derivante dalla natura speciale dei rifiuti, sul punto si sarebbe formato il giudicato interno.
Diritto
2.1 – Con il primo motivo di ricorso si deduce violazione dell’art. 112 c.p.c., per aver la Commissione tributaria regionale omesso di esaminare due specifiche censure dedotte con l’atto d’appello, e riguardanti il rilievo ufficioso della mancata dimostrazione del provvedimento di assimilazione dei rifiuti speciali a quelli urbani, nonchè l’inesistenza dell’obbligo di fornire una motivazione dettagliata dell’atto impositivo.
Viene quindi formulato, ai sensi dell’art. 366 bis c.p.c., il seguente quesito di diritto: “Dica la Corte di cassazione se l’omessa pronuncia su ben due motivi dell’appello determini la nullità della sentenza per la violazione dell’art. 112 c.p.c.”.
Va rilevata l’inammissibilità del motivo in esame.
La formulazione del quesito di diritto (necessaria anche quando, come nella specie, si denunci violazione dell’art. 112 c.p.c.: Cass., 23 febbraio 2009, n. 4329) non soddisfa i requisiti prescritti dall’art. 366 bis c.p.c., come precisati dalla costante giurisprudenza di questa Corte.
Infatti non vengono indicate, neppure in maniera sintetica, le questioni oggetto dei motivi di appello di cui si sarebbe omesso l’esame, risolvendosi il quesito in una mera, richiesta a questa Corte, priva di qualsiasi riferimento al caso concreto, di verificare se vi sia stata violazione della norma indicata (cfr., in termini, Cass., Sez. Un., 24 marzo 2009, n. 7032; Cass., 17 luglio 2008, n. 19769).
Giova ribadire, per altro, come non possa tenersi conto di quanto enunciato nel motivo di ricorso, avendo questa Corte (Cass., Sez. Un., 26 marzo 2007, n. 7258) precisato che un’ interpretazione in tal senso della norma si risolverebbe nella sua abrogazione tacita.
2.2 – Del pari inammissibile è il secondo motivo, con il quale si sostiene che avrebbe dovuto la ricorrente fornire la prova del non assoggettamento dei propri locali alla tassa, deducendosi “illegittima inversione dell’onere della prova ed omessa motivazione”.
Viene in proposito formulato il seguente quesito: “Dica la Corte se la motivazione della Commissione regionale è del tutto insufficiente, non avendo essa in alcun modo dato conto dell’eccezione formulata dalla ricorrente in ordine all’onere della prova”.
Deve in proposito rilevarsi come, a prescindere dall’inammissibile commistione, nel medesimo quesito, di due profili ontologicamente diversi (Cass., 28 febbraio 2008, n. 5471), manca, quanto alla dedotta violazione dell’art. 2697 c.c., qualsiasi esposizione riassuntiva degli elementi di fatto, così come un riferimento alla regola di diritto applicata dal giudice di secondo grado ed a quella diversa regola iuris che, a giudizio della ricorrente, avrebbe dovuto essere applicata (Cass., Sez. Un, 14 febbraio 2008, n. 3519; Cass., 25 luglio 2008, n. 20454).
Quanto al profilo riguardante la dedotta insufficienza della motivazione, a prescindere dal rilievo che dal quesito, così come formulato, sembra emergere piuttosto la denuncia di un’ipotesi di omessa pronuncia (per cui valgono le superiori considerazioni), l’inammissibilità deriva dalla mancanza nella dedotta censura, ai sensi dell’art. 360 n. 5 c.p.c, di quel momento di sintesi (omologo al quesito di diritto) che ne circoscriva puntualmente i limiti in maniera da non generare incertezze in sede di formulazione del ricorso e di valutazione della sua ammissibilità (Cass., Sez. Un., 1 ottobre 2007, n. 20603).
Alla declaratoria di inammissibilità del ricorso consegue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali relative al presente giudizio di legittimità, liquidate come in dispositivo.
PQM
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali relative al presente giudizio, liquidate in Euro 1.000,00, di cui Euro 200,00 per esborsi.
Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Quinta Civile – Tributaria, il 3 febbraio 2010.
Depositato in Cancelleria il 21 maggio 2010