Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 21680 del 08/10/2020

Cassazione civile sez. trib., 08/10/2020, (ud. 26/11/2019, dep. 08/10/2020), n.21680

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. BRUSCHETTA Ernestino Luigi – Presidente –

Dott. FUOCHI TINARELLI Giuseppe – Consigliere –

Dott. SUCCIO Roberto – rel. Consigliere –

Dott. GRASSO Gianluca – Consigliere –

Dott. D’AURIA Giuseppe – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso iscritto al n. 986/2013 R.G. proposto da:

FRULLA s.r.l. in persona dal suo legale rappresentante pro tempore

rappresentata e difesa giusta delega in atti dall’avv. Montanari

Paolo (PEC avv.paolomontanari.sicurezzapostale.it) e dall’avv.

Macioci Claudio (PEC claudiomacioci.ordineavvocatiroma.orq) con

domicilio eletto presso quest’ultimo in Roma, via Tacito n. 23;

– ricorrente –

contro

AGENZIA DELLE ENTRATE in persona del Direttore pro tempore,

rappresentata e difesa dall’Avvocatura Generale dello Stato, con

domicilio eletto in Roma, via Dei Portoghesi, n. 12, presso

l’Avvocatura Generale dello Stato;

– controricorrente –

Avverso la sentenza della Commissione Tributaria Regionale delle

Marche n. 98/7/12 depositata il 22/08/2012, non notificata;

Udita la rela4zione della causa svolta nell’adunanza camerale del

26/11/2019 dal consigliere Succio Roberto.

 

Fatto

RILEVATO

Che:

– con la sentenza gravata la Commissione Tributaria Regionale ha respinto l’appello del contribuente e quindi confermato la pronuncia del primo giudice, dichiarando in parte legittimo l’atto impugnato, avviso di accertamento per Iva, Irpeg ed Irap 2003;

– avverso la sentenza di cui sopra propone ricorso per cassazione la società contribuente; l’Amministrazione Finanziaria resiste con controricorso.

Diritto

CONSIDERATO

Che:

– osserva preliminarmente la Corte che il ricorso non risulta articolato in separati motivi; le censure, in ogni caso, si incentrano sotto tre profili su vizi motivazionali della pronuncia gravata;

– quanto al primo profilo, relativo alla illegittimità del metodo analitico-induttivo, lo stesso costituisce motivo di ricorso inammissibile, in quanto privo di censure in diritto e volto a colpire, più che la sentenza della CTR, direttamente l’avviso di accertamento impugnati;

– in ogni caso, esso è comunque inammissibile in quanto non risulta che la sentenza impugnata abbia ritenuto legittimo l’accertamento in quanto fondato sulla inattendibilità delle scritture; anzi, in sentenza l’accertamento risulta fondato su rilievi analitici, ai quali hanno fatto seguito eccezioni puntuali sui singoli rilievi da parte del contribuente sia in primo grado sia in appello;

– pertanto, il motivo risulta privo di collegamento con la ratio decidendi e conseguentemente va dichiarato inammissibile; il suo contenuto, inoltre, è evidentemente diretto a sollecitare questa Corte a un riesame del merito, il che non è consentito;

– il secondo profilo, relativo all’avere la Corte trascurato di esaminare le ragioni addotte dal contribuente per contestare la ritenuta antieconomicità della gestione del reparto officina, è analogamente inammissibile e in ogni caso privo di fondamento;

– l’inammissibilità discende dal contenuto del mezzo, che ripropone alla Corte censure di merito, il che non è consentito nella presente sede di Legittimità; l’infondatezza trova ragione nella sentenza impugnata che al quarto capoverso di pag. 2, diversamente da quanto ritenuto da parte ricorrente, dà adeguatamente conto delle ragioni poste a base del decisum;

– il terzo profilo di gravame si incentra sulla economicità della vendita di veicoli usati;

– anch’esso risulta infondato per le ragioni che impongono il rigetto del precedente profilo, con la precisazione che sul punto la CTR, al sesto capoverso di pag. 2, dà in questo caso adeguata contezza delle ragioni del decidere;

– conseguentemente, il ricorso è integralmente rigettato;

– la soccombenza regola le spese.

P.Q.M.

rigetta il ricorso; liquida le spese in Euro 3.500,00 oltre a spese

prenotate a debito che pone a carico di parte soccombente.

Così deciso in Roma, il 26 novembre 2019.

Depositato in Cancelleria il 8 ottobre 2020

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