Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 21577 del 07/10/2020

Cassazione civile sez. II, 07/10/2020, (ud. 07/07/2020, dep. 07/10/2020), n.21577

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. GORJAN Sergio – Presidente –

Dott. BELLINI Ubaldo – Consigliere –

Dott. CARRATO Aldo – Consigliere –

Dott. PICARONI Elisa – Consigliere –

Dott. CASADONTE Annamaria – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 9181-2016 proposto da:

A.A., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA dei Tre

Orologi 14/A, presso lo studio dell’avvocato AGOSTINO GAMBINO, che

lo rappresenta e difende unitamente all’avvocato Massimo Ranieri, e

Alessandra Monzini;

– ricorrente –

contro

S.S., elettivamente domiciliata in ROMA, via F.

Crispi, 36, presso lo studio dell’avvocato Angela Malacarne, che la

rappresenta e difende unitamente all’avvocato Gianluca Grifi;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 6471/2015 della Corte d’appello di Roma,

pubblicata il 23/11/2015;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

07/07/2020 dal Consigliere Dott. Annamaria Casadonte.

 

Fatto

RILEVATO

che:

– il presente giudizio trae origine dalla domanda di pagamento di compensi professionali proposta da A.A. nei confronti di S.S.;

– l’adito Tribunale di Roma respingeva la domanda dell’ A. con condanna dell’attore al pagamento delle spese di lite;

– l’attore soccombente proponeva appello che veniva parzialmente accolto limitatamente alla liquidazione delle spese di lite, rideterminate in misura inferiore in favore della convenuta S.;

– la sentenza d’appello veniva impugnata da entrambe le parti con ricorso per cassazione e controricorso e, all’esito del giudizio di legittimità, con la sentenza n. 16.285 del 2012 questa Corte accoglieva il primo motivo del ricorso principale dell’ A. rigettando il secondo e dichiarando assorbito il ricorso incidentale della S. sulla regolamentazione delle spese, con cassazione, quindi, della sentenza impugnata e rinvio, anche per le spese, ad altra sezione della Corte d’appello di Roma;

– riassunto il processo davanti al giudice del rinvio, la causa è stata definita con la sentenza oggetto del presente ricorso per cassazione che, in parziale riforma della sentenza del Tribunale di Roma e in parziale accoglimento della domanda dell’ A. ha condannato la S. al pagamento della somma di Euro 3047,07 con dichiarazione di compensazione delle spese di lite per 2/3 e condanna della S. al pagamento del residuo terzo in relazione a tutti i gradi di giudizio compreso quello di legittimità;

– la cassazione della sentenza conclusiva del giudizio di rinvio è chiesta dall’ A. con ricorso articolato su due motivi, illustrati da memoria ex art. 380 bis c.p.c. cui resiste con controricorso S.S. che ha pure depositato memoria ai sensi dell’art. 380 bis c.p.c..

Diritto

CONSIDERATO

che:

– con il primo motivo il ricorrente denuncia, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, nn. 3 e 5, la violazione e falsa applicazione degli artt. 384 e 394 c.p.c. relativamente al procedimento e ai poteri del giudice di rinvio ed alle norme in tema di ammissione dei mezzi di prova (art. 183 c.p.c. e ss.), di onere della prova (art. 2697 c.c.) e di non contestazione dei fatti (art. 115 c.p.c.);

– in particolare, il ricorrente contesta la sentenza emessa nel giudizio di rinvio laddove ha ritenuto non provate circostanze rilevanti ai fini dell’accoglimento della domanda di pagamento che, invece, egli aveva chiesto di provare;

– inoltre, si censura la sentenza impugnata per avere ritenuto che il riferimento alle prestazioni rese, contenuto nella parcella del 1 ottobre 1998 comprendesse tutte quelle effettuate fino a quella data, mentre secondo l’ A. si riferiva solo a quelle prestate fino a giugno 1998 ed oggetto dell’accordo raggiunto in proposito dalle parti e che l’ A. aveva chiesto al giudice del rinvio di poter provare;

-inoltre, parte ricorrente lamenta che il giudice del rinvio non avrebbe adeguatamente valorizzato ai fini della prova dell’accordo, secondo il principio di non contestazione, la circostanza che la S. nella comparsa di costituzione e risposta depositata nel giudizio di rinvio aveva affermato che i compensi erano stati concordati con il Dott. A.;

– la censura appare infondata;

– il giudice del rinvio ha proceduto nel solco di quanto statuito dalla pronuncia rescindente di questa Corte;

– la sentenza n. 16.285 del 2012 ha, infatti, accolto l’ultimo profilo della doglianza sollevata dall’ A. nei confronti della sentenza d’appello ritenendo la natura apodittica dell’affermazione in essa contenuta secondo la quale con la corresponsione dell’importo di cui alla particella le parti avevano inteso compensare anche le prestazioni future e non ancora determinate dell’ A.; tale statuizione era cioè contrastante con la nozione di comune esperienza secondo la quale normalmente il compenso viene corrisposto all’esito della prestazione professionale, e non prima della sua esecuzione come implicitamente sostenuto dalla corte territoriale nella sentenza impugnata;

– il giudice del rinvio ha dato corretta applicazione al principio affermato da questa Corte rilevando, in particolare, che occorreva esaminare le pretese dell’ A. riferite alle prestazioni rese nel periodo successivo al 1 ottobre 1998, essendo quelle precedenti, diversamente da quanto apoditticamente sostenuto dall’ A., già comprese nella parcella del 1 ottobre 1998;

– rispetto alle prestazione successive al 1 ottobre 1998 – ed indicate ai punti D-E-F-G-H – la corte territoriale ha escluso l’ammissibilità della richiesta di prova formulata dall’ A. perchè su di essa si era già espressa sfavorevolmente questa Corte con la sentenza 16285/2012, sicchè su di esse si era formato il giudicato e, pertanto, la censura relativa alla mancata istruttoria è destituita di fondamento;

– quanto all’altro profilo di doglianza, si tratta di vizio che, sebbene prospetti un’errata applicazione del principio di non contestazione, in realtà, attiene al merito della decisione e dunque è inammissibile nei termini formulati;

– con il secondo motivo si denuncia, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, nn. 3 e 5, la violazione del D.P.R. n. 645 del 1994, artt. 54 e 55 dell’art. 324 c.p.c., dell’art. 1362 c.c. e dell’art. 115 c.p.c.;

– il ricorrente contesta la sentenza impugnata laddove, ai fini della determinazione del compenso dovuto, ha fatto applicazione della voce della tariffa relativa alle singole prestazioni, ai sensi del D.P.R. n. 645 del 1994, art. 26 sul presupposto che non essendo stati preconconcordati i compensi, gli stessi non potevano essere liquidati secondo il disposto dell’art. 55 della medesima tariffa, nè era consentito il ricorso al criterio residuale dell’equità (cfr. pag. 8 della sentenza);

– la conclusione del giudice del rinvio è contestata dal ricorrente perchè fondata sull’esclusione della circostanza che, invece, egli ritiene provata nei precedenti gradi di giudizio, secondo la quale la consulenza prestata dall’ A. aveva avuto carattere di continuità ed era riconducibile, ai fini della determinazione del compenso dovuto, alle tariffe di cui al D.P.R. n. 645 del 1994, artt. 54 (riferito alle consulenze aziendali particolari) e 55 (riferito alle consulenze aziendali continuative e genriche);

– il motivo appare inammissibile per difetto di specificità;

– la censura si fonda sul richiamo all’accertamento della natura continuativa dell’attività di assistenza prestata dall’ A., senza, tuttavia, individuare ove detto fatto costitutivo della domanda attorea sarebbe stato riconosciuto in forma di giudicato;

– al contrario, il giudice del rinvio, non ritenendo provato l’accordo ha valorizzato la natura della prestazione come dimostrata in giudizio e l’ha liquidata in conformità alla previsione del D.P.R. n. 645 del 1994, art. 26 sugli onorari graduali;

– così statuendo il giudice ha operato un accertamento di fatto, suscettibile di sindacato in sede di legittimità solo per vizio motivazionale nei termini e limiti ora consentiti dall’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5 e non formulati nel caso di specie;

– l’esito sfavorevole di entrambi i motivi comporta il rigetto del ricorso;

– in applicazione del principio di soccombenza parte ricorrente va condannata alla rifusione delle spese di lite a favore di parte controricorrente nella misura liquidata in dispositivo;

-ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, si dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis se dovuto.

PQM

La Corte rigetta il ricorso; condanna il ricorrente alla rifusione delle spese a favore di parte controricorrente e liquidate in Euro 10.000,00 per compensi oltre Euro 200,00 per esborsi, oltre 15% per rimborso spese generali ed oltre accessori di legge.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis se dovuto.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della sezione Seconda civile, il 7 luglio 2020.

Depositato in Cancelleria il 7 ottobre 2020

 

 

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