Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 21616 del 07/10/2020

Cassazione civile sez. VI, 07/10/2020, (ud. 23/09/2020, dep. 07/10/2020), n.21616

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE T

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. MOCCI Mauro – Presidente –

Dott. CONTI Roberto Giovanni – Consigliere –

Dott. CAPRIOLI Maura – Consigliere –

Dott. LA TORRE Maria Enza – rel. Consigliere –

Dott. DELLI PRISCOLI Lorenzo – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 22257-2018 proposto da:

AGENZIA DELLE ENTRATE, (OMISSIS), in persona del Direttore pro

tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12,

presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che la rappresenta e

difende ope legis;

– ricorrente –

contro

D.E., D.M.A., DEFIMM SRL, in persona del

legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliati in

ROMA, VIALE GIULIO CESARE 95, presso lo studio dell’avvocato ANDREA

CUTELLE’, che li rappresenta e difende;

– controricorrenti e ricorrenti incidentali –

avverso la sentenza n. 307/27/2018 della COMMISSIONE TRIBUTARIA

REGIONALE della PUGLIA SEZIONE DISTACCATA di FOGGIA, depositata il

29/01/2018;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non

partecipata del 23/09/2020 dal Consigliere Relatore Dott. MARIA ENZA

LA TORRE.

 

Fatto

RITENUTO

che:

L’Agenzia delle entrate ricorre per la cassazione della sentenza della CTR della Puglia, che in controversia su impugnazione di avviso di liquidazione per imposta di registro ipotecaria e catastale anno 2012, col quale veniva tassato con aliquota proporzionale l’atto notarile di conferimento di due rami d’azienda da parte di D.M.A. ed D.E. alla società Defimm srl, riqualificato come conferimento di immobili, ha rigettato l’appello dell’Ufficio e quello dei contribuenti, in parziale riforma della sentenza della CTP di Foggia, che aveva parzialmente accolto il ricorso dei contribuenti, escludendo alcuni immobili non qualificabili come beni strumentali.

La CTR ha confermato la sentenza di primo grado, che aveva ritenuto che dovessero essere esclusi dalla tassazione in misura fissa alcuni beni immobili non aventi destinazione strumentale rispetto alla costituenda società agricola (indicati alle lette A ed F della perizia), ferma la non necessità del contraddittorio endoprocedimentale, vertendosi in tema di avviso di liquidazione.

Si costituiscono con controricorso e ricorso incidentale i contribuenti, e depositano successiva memoria.

Diritto

CONSIDERATO

che:

1. Col primo motivo del ricorso principale si deduce nullità della sentenza ex art. 360, n. 4, per mancanza dei requisiti di cui al D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 36, non indicando in base a quali elementi alcuni dei beni immobili trasferiti avessero ad oggetto un ramo d’azienda, risolvendosi in una acritica e immotivata adesione alla sentenza di primo grado.

Il motivo va respinto, contenendo la sentenza impugnata una succinta ma sufficiente motivazione, idonea a far comprendere il percorso logico giuridico seguito dalla CTR, che ha richiamato la sentenza della CTP per condividerne la motivazione nella parte in cui ha distinto, in relazione alla funzione rispetto all’attività della costituenda azienda agricola, i beni immobili strumentali, indicati in relazione alla perizia tecnica, in quanto “per loro natura idonei a soddisfare il requisito della destinazione agricola della società”, da quelli estranei a tale destinazione strumentale.

Tali argomentazioni sono idonee a rivelare la ratio decidendi della sentenza impugnata.

Come questa Corte ha già affermato, deve ritenersi affetta da nullità assoluta la sentenza della commissione tributaria regionale che risulti del tutto priva della esposizione dei motivi sui quali la decisione si fonda, in particolare quando, risulta impossibile apprezzare l’iter logico posto a fondamento della decisione di appello e verificare le ragioni che hanno indotto la CTR a fare propria la tesi di una delle parti (cfr. Cass. n. 20648 del 2015), ovvero mediante mera adesione acritica all’atto d’impugnazione, senza indicazione nè della tesi in esso sostenuta, nè delle ragioni di condivisione (Cass. 18797 del 2018). Nella fattispecie non ricorre alcuna della indicate carenze, contenendo la sentenza impugnata, la descrizione del fatto e le ragioni della decisione, articolate in modo logico e congruo, ancorchè conciso.

2. Col secondo motivo si deduce violazione di legge, D.P.R. n. 131 del 1986, artt. 20, 51 e 52, e artt. 2555 e 2112 c.c., in quanto sia da un punto di vista soggettivo che oggettivo i beni conferiti non erano idonei a configurare una cessione di ramo aziendale e non erano neppure strumentali, difettando la universalità di beni già organizzati e immessi ex ante per il conseguimento di uno scopo commerciale.

Il motivo è inammissibile, proponendosi in realtà, un riesame del fatto, non consentito in questa sede, in quanto la Corte di cassazione non è mai giudice del fatto in senso sostanziale ma esercita un controllo sulla legalità e logicità della decisione, che non consente di riesaminare e di valutare autonomamente il merito della causa (ex multis Cass. n. 6519/2019, n. 19547 del 04/08/2017, n. 29404 del 07/12/2017).

3. Col primo motivo del ricorso incidentale si deduce violazione di legge, D.Lgs. n. 546 del 1992, artt. 20 e 53 bis, e D.P.R. n. 600 del 1973, art. 37 bis, in relazione alla necessità del contraddittorio endoprocedimentale e per violazione del D.P.R. n. 131 del 1986, art. 20, in relazione al quale l’Ufficio sarebbe tenuto ad applicare il D.P.R. n. 600 del 1973, art. 37 bis (oggi sostituito dalla L. n. 212 del 2000, art. 10 bis), trattandosi di contestazioni sulla elusività dell’operazione.

Il motivo è infondato, non sussistendo nella fattispecie l’obbligo di contraddittorio endoprocedimentale. Questa Corte è ferma nel ritenere che l’obbligo generale di contraddittorio preventivo esiste unicamente per i tributi armonizzati, nei limiti individuati dalla giurisprudenza, mentre per i tributi non armonizzati occorre una specifica previsione normativa (Sez. un., 9 dicembre 2015, n. 24823; Cass. 31 maggio 2016, n. 11283, Cass. n. 6758/2017; Cass. n. 313/2018).

In tema di imposta di registro si è chiarito che il D.P.R. n. 131 del 1986, art. 20, concerne l’oggettiva portata effettuale dei negozi e non contiene quindi una disposizione antielusiva stricto sensu, come quella del D.P.R. n. 600 del 1973, art. 37-bis, sicchè l’avviso di liquidazione ex art. 20 non soggiace all’obbligo di contraddittorio preventivo previsto dall’art. 37-bis (Cass. 19 giugno 2013, n. 15319), pure aggiungendosi che il ricordato art. 20 T.U.R. non esprime una regola antielusiva, bensì una regola interpretativa (Cass. 10 febbraio 2017, n. 3562).

4. Col secondo motivo del ricorso incidentale si deduce omesso esame di un fatto decisivo ex art. 360 c.p.c., n. 5, e violazione dell’art. 112 c.p.c., ex art. 360 c.p.c., n. 3, sulla eccepita erroneità del valore dei beni assunto dall’Ufficio al fine della liquidazione delle maggiori imposte.

Il motivo è inammissibile.

La giurisprudenza di questa Corte è ormai consolidata (Cass., Sez. Un., 7 aprile 2014, n. 8053; Cass., Sez. Un., 18 aprile 2018, n. 9558; Cass., Sez. Un., 31 dicembre 2018, n. 33679, Cass. n. 34476/2019) nell’affermare che il novellato testo dell’art. 360 c.p.c., n. 5, ha introdotto nell’ordinamento un vizio specifico che concerne l’omesso esame di un fatto storico, principale o secondario, la cui esistenza risulti dal testo della sentenza o dagli atti processuali, che abbia costituito oggetto di discussione tra le parti, oltre ad avere carattere decisivo. Deve pertanto trattarsi di un fatto controverso e decisivo per il giudizio, da intendersi riferito a un preciso accadimento o una precisa circostanza in senso storico-naturalistico, come tale non ricomprendente questioni o argomentazioni, sicchè sono inammissibili le censure che, irritualmente, estendano il paradigma normativo a quest’ultimo profilo (Cass. n. 22397 del 2019). Ebbene col presente motivo si lamenta l’erroneità del valore dei beni assunto dall’Ufficio al fine della liquidazione delle maggiori imposte, che non costituisce pertanto un fatto storico nel senso indicato dalla norma, come interpretata dalla giurisprudenza di legittimità.

Il motivo è altresì carente di autosufficienza, non riportando la sua proposizione nei gradi di merito, limitandosi ad affermare di avere lamentato “l’erroneità del valore dei beni assunto dall’Ufficio impositore nel liquidare le maggiori imposte di registro, catastale e ipotecaria”.

Il ricorrente per cassazione, ha infatti l’onere di indicare specificamente e singolarmente i fatti, le circostanze e le ragioni che si assumono trascurati, insufficientemente o illogicamente valutati dal giudice di merito, e tale onere non può ritenersi assolto mediante il mero generico richiamo agli atti o risultanze di causa, dovendo il ricorso contenere in sè tutti gli elementi che consentano alla Corte di Cassazione di controllare la decisività dei punti controversi e la correttezza e sufficienza della motivazione e della decisione rispetto ad essi, senza che sia possibile integrare aliunde le censure con esso formulate. Ne consegue che il ricorrente è tenuto, in ossequio al principio di autosufficienza ex art. 366 c.p.c., comma 1, n. 3, all’integrale trascrizione degli atti del giudizio di merito, che si assumono rilevanti ai fini della decisione, con riferimento alle singole censure illustrate in ricorso. d) Con specifico riferimento alle denunce riferite al difetto di motivazione dell’avviso di accertamento, questa Corte, con indirizzo condiviso, ha affermato che nel giudizio tributario, in base al principio di autosufficienza del ricorso per cassazione, sancito dall’art. 366 c.p.c., qualora il ricorrente censuri la sentenza di una commissione tributaria regionale sotto il profilo della congruità del giudizio espresso in ordine alla motivazione di un avviso di accertamento, è necessario, a pena di inammissibilità, che il ricorso ne riporti “testualmente” i passi che si assumono erroneamente interpretati o pretermessi, al fine di consentire la verifica “esclusivamente” in base al ricorso medesimo, essendo il predetto avviso non un atto processuale, bensì amministrativo, la cui legittimità è necessariamente integrata dalla motivazione dei presupposti di fatto e delle ragioni giuridiche poste a suo fondamento (Cass. n. 8312 del 2013; Cass. n. 9536 del 2013; Cass. n. 3289 del 2014; Cass. n. 16147 del 2017).

A tale onere processuale il ricorrente non ha ottemperato, così impedendo al giudice di legittimità ogni valutazione (Cass. n. 2928 del 2015).

In conclusione va respinto il ricorso principale e il ricorso incidentale. Le spese vanno compensate in ragione della reciproca soccombenza.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente incidentale, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso principale, a norma dello stesso art. 13, comma 1- bis, se dovuto.

PQM

Rigetta il ricorso principale e il ricorso incidentale. Compensa le spese. Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente incidentale, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso principale, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis, se dovuto.

Così deciso in Roma, il 23 settembre 2020.

Depositato in Cancelleria il 7 ottobre 2020

 

 

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